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Tuesday, July 10, 2012

Né con Monti né con Squinzi

La dura polemica dello scorso week end tra Monti e Squinzi è uno specchio della farsa italiana, di cui i due si dimostrano interpreti all'altezza. Da una parte, abbiamo un numero uno di Confindustria che anziché difendere i primi, timidi tagli alla spesa pubblica, parla come il leader della Cgil. Peggio ancora, si contraddice pur di accattivarsi le simpatie di una platea di sindacalisti e della segretaria Camusso.
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Nei "taglietti" della spending review non c'è affatto il rischio di una "macelleria sociale", semmai l'opposto, dello status quo, e nell'atteggiamento di Squinzi nei confronti della Cgil s'intravede la ricerca di un quieto vivere, di un modello consociativo tra Confindustria e sindacati i cui costi sociali e fiscali storicamente sono stati scaricati sulle spalle dei contribuenti.

Dall'altra, abbiamo un presidente del Consiglio insofferente alle critiche, soprattutto a quelle dei suoi colleghi economisti (come Alesina e Giavazzi) e a quelle confindustriali.
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Come brucia a Monti che alla prova dei fatti le sue previsioni si stiano rivelando più da politico (quindi eccessivamente ottimistiche) che da economista! Nel documento governativo di economia e finanza, approvato non un secolo fa ma ad aprile, il Pil veniva stimato in calo dell'1,2%, mentre ormai appare sempre più chiaro che viaggia verso il -3%.

In teoria è un tecnico, ma alle critiche Monti mostra di reagire da puro politico, anzi da politicante. Sostenere che certe dichiarazioni «fanno aumentare lo spread e i tassi d'interesse» non solo è discutibile nel merito, ma significa bollare chiunque osi criticare l'operato del governo come traditore della patria, echeggiando lo storico motto fascista "Tacete! Il nemico vi ascolta". Esattamente lo stesso fallo di reazione che veniva rimproverato all'ex premier Berlusconi, quando puntava l'indice sull'opposizione e la stampa "anti-italiane". Con l'aggravante che Monti non viene provocato tutti i giorni da una campagna mediatico-giudiziaria senza scrupoli volta a demolire l'immagine del capo del governo e delle istituzioni. Al contrario, i grandi giornali fanno a gara per accorrere in suo aiuto. Però dovrebbero mettersi d'accordo con loro stessi: contro Berlusconi un diritto di critica da difendere, anche se dannoso per l'immagine del paese, e contro Monti un "fuoco amico" da condannare?

Qualsiasi alibi è buono per Monti: la scarsa credibilità dei meccanismi anti-crisi messi in campo dall'Eurozona; l'incertezza che avvertono i mercati riguardo gli scenari della politica italiana dopo le elezioni del 2013; le affermazioni «inappropriate» di alcuni paesi del Nord Europa (Finlandia e Olanda) che «hanno avuto l'effetto di ridurre la credibilità delle decisioni prese a Bruxelles»; e, ovviamente, le dichiarazioni come quelle di Squinzi nel dibattito interno. Tutto serve a spiegare il livello ancora troppo elevato, insostenibile, dello spread e dei tassi d'interesse, tranne l'azione di governo, tranne che forse l'Italia non ha ancora fatto i suoi "compiti a casa", nonostante i "tecnici" siano in carica ormai da 9 mesi.
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