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Tuesday, April 17, 2012

Missione: salvare la spesa pubblica

Se nel decreto "Salva-Italia" si è fatto ricorso quasi esclusivo all'aumento della tassazione non è stato per la necessità, invocata espressamente dal governo Monti, di agire in tempi ristrettissimi nell'emergenza dello scorso novembre. Se il risanamento è «un po' sbilanciato sul lato delle entrate», come osserva eufemisticamente Christine Lagarde nell'intervista di oggi al Sole24Ore, è per una consapevole scelta politica. E' quanto fa intendere lo stesso direttore del Fondo monetario internazionale: evidentemente al Fondo devono aver chiesto spiegazioni di un tale sbilanciamento sul lato tasse piuttosto che sui tagli alla spesa. «E' una scelta politica, ci ha detto Monti, e noi la rispettiamo».

Un particolare dell'intervista passato quasi inosservato ma che a mio avviso conferma i nostri sospetti. Non è un caso, né una necessità o un'impossibilità a fare altrimenti, se il governo aumenta le tasse e non ha in programma nemmeno nei prossimi mesi cospicui tagli di spesa per ridurle, bensì una chiara scelta politica: salvaguardare i livelli attuali di spesa pubblica, ritenuti evidentemente compatibili con l'uscita del Paese dalla crisi finanziaria ed economica.

Il rischio però, come avverte Ricolfi oggi su La Stampa, è che in questo modo dall'alternativa tra «salvare il Paese» e fare la fine della Grecia passiamo all'alternativa molto meno allettante tra fare la fine della Grecia subito o farla tra qualche mese/anno, cioè «semplicemente ritardare il momento del disastro». Al governo Monti anche Ricolfi rimprovera di avere «una visione del problema della crescita non molto dissimile da quella dei governi che lo hanno preceduto», laddove «persevera sul sentiero, battuto fin qui da tutti i governi di destra e di sinistra, della prima e della seconda Repubblica, di affrontare i problemi di bilancio con maggiori tasse anziché con minori spese».

Una cultura «vecchia», inadeguata, che si esprime anche nella «mentalità con cui affronta chi osa non allinearsi al clima di venerazione e gratitudine da cui è circondato».E' vero che non ci sono alternative al governo Monti, ma da qui a paragonare il premier o alcuni suoi ministri alla Thatcher, o a scambiare la mancanza di alternative con una pretesa infallibilità ce ne vuole. Davvero insopportabile (e molto berlusconiano) questo additare - attribuito a Monti nei retroscena ma non smentito - un presunto «fuoco amico» come colpevole della risalita dello spread.

Persino la Lagarde - dalle cui labbra pendono i mercati e che quindi non può permettersi di silurare l'unica speranza di salvezza dell'Eurozona incarnata da Monti - un paio di colpetti al governo tecnico li ha assestati: promosso sulle politiche di risanamento, anche se troppo sbilanciate sulle tasse, ma rimandato sulla riforma del lavoro, di cui segnala diplomaticamente l'arretramento sull'articolo 18.

1 comment:

Anonymous said...

Come ha sempre detto Ostellino: tasse alte e spesa pubblica alta non sono la democrazia, ma il terreno ideale per le clientele parassitarie di ogni tipo.