Pagine

Tuesday, April 17, 2012

La giornata: su Monti la doccia fredda dei numeri e il pressing del Pdl

Nel giorno della risalita di Piazza affari (+3,68%) e della relativa calma dello spread (stabilizzatosi a 380 punti), sono altri i numeri che non permettono a Monti di dormire sonni tranquilli. Per carità, il giudizio del Fmi sulle sue politiche è incoraggiante, anche se un tantino cauto, e il rialzo delle previsioni della crescita mondiale è un buon segnale, ma le stime sull'Italia non lasciano presagire nulla di buono: il Pil italiano si contrarrà nel 2012 dell'1,9% e nel 2013 dello 0,3%. Primi segnali di ripresa solo nel quarto trimestre del 2013. Previsioni bollate subito come «troppo pessimiste» dal direttore generale di Bankitalia, Fabrizio Saccomanni, che evidentemente con Monti a Palazzo Chigi sente più il gioco di squadra.

Ciò significa, sempre secondo le previsioni del Fondo, che l'Italia non raggiungerà il tanto sospirato pareggio di bilancio almeno fino al 2017, un orizzonte temporale davvero troppo distante. Una doccia fredda che arriva proprio nel giorno dell'approvazione al Senato, a cui il premier ha voluto presenziare, della norma sull'effimero "equilibrio" di bilancio in Costituzione. Il rapporto deficit/Pil - prevede il Fmi - passerà dal 2,4% del 2012 all'1,5% nel 2013, per calare fino all'1,1% nel 2017; e il debito dal 123,4% di quest'anno al 123,8% del prossimo, riuscendo a scendere sotto quota 120 solo nel 2017 (118,9%). Previsioni molto severe, che in realtà sottolineano ancora una volta, se ce ne fosse bisogno, che senza tagli alla spesa, che consentano di ridurre la pressione fiscale su lavoro e impresa, e abbattimento dello stock del debito, la strada verso il risanamento rischia di essere sì virtuosa ma troppo, troppo lunga. I mercati potrebbero non concederci tutto questo tempo.

Va però tenuto conto, come ricorda il responsabile del fiscal monitor Fmi, che l'Ue valuta il raggiungimento degli obiettivi di bilancio «al netto degli effetti del ciclo», cioè della recessione. Insomma, se il Pil fosse zero e non in negativo, saremmo praticamente in pareggio di bilancio. Basterà ai mercati l'artificio contabile di Bruxelles?

Nel frattempo il governo aggiusta al ribasso anche le sue stime, che avrebbe dovuto presentare già lunedì. Nella bozza del Def si prevede un fin troppo ottimistico Pil a -1,2% nel 2012 (+0,5% nel 2013), mentre il rapporto deficit/Pil dovrebbe passare dall'1,7% del 2012 allo 0,5% del 2013. In sostanza, per il governo verrebbe raggiunto il pareggio di bilancio già nel 2013 (deficit zero «reale», cioè non corretto per il ciclo, solo nel 2015), dunque già nel 2014 il debito scenderebbe sotto quota 120 (118,3%). Com'è evidente, tutto dipende dal Pil, sul quale però la previsione più realistica sembra il -2% del Fmi. Senza tacere, poi, l'ennesimo record di pressione fiscale nel 2013, quando toccherà quota 45,4% al lordo dell'evasione.

Sul piano politico la giornata di Monti si conclude con la grana dei partiti. Stasera, infatti, il vertice di Monti con ABC. Il premier in mattinata ha subito messo in chiaro che si aspetta collaborazione, anzi strada spianata: «Le tensioni delle ultime settimane dimostrano che non possiamo e non dobbiamo abbassare la guardia, occorre continuare a lavorare per porre le finanze pubbliche su una base più sana e proseguire nelle riforme». Ma sono ancora aperti i dossier delle modifiche alla riforma del lavoro, sulla flessibilità in entrata, su cui insiste il pressing congiunto delle imprese, e delle tasse, con il Pdl che dopo aver ottenuto la rateizzazione dell'Imu è determinato a renderla "una tantum" e a impedire che l'Iva aumenti a fine settembre, mentre irrompe anche la polemica sulla riapertura dell'asta per le frequenze tv.

2 comments:

Anonymous said...

"Le regole europee impongono deflazione nei paesi squilibrati e i programmi di austerità la realizzano.
L'applicazione di stime Fmi al consolidamento fiscale italiano mostra che l'assenza della svalutabilità al cambio e la simultaneità dell'aggiustamento europeo rendono molto più gravoso l'impatto recessivo rispetto all'esperienza del 1992, quando si adottò una manovra simile.
L’interrogarsi sull’impatto più o meno depressivo della manovra di finanza pubblica ha qualcosa di curioso.
Sembra sfuggire che la manovra deve essere recessiva. Se non lo fosse o se, grazie a una magìa delle aspettative, avesse addirittura effetti espansivi sulla domanda per consumi e investimenti sarebbe un problema. Si dovrebbero mettere in campo nuove misure fiscali di restrizione.
Non è un paradosso. È il meccanismo di riequilibrio vigente nell’euro che comanda recessione.
L’aggiustamento degli squilibri intra-area è esclusivamente a carico dei paesi in deficit di competitività e indebitati. E si deve espletare attraverso la contrazione della loro domanda interna e l’abbassamento delle dinamiche di prezzi e salari sotto quelle dei paesi “virtuosi”.
Null’altro viene prescritto, men che meno per le economie in surplus che sono state concausa degli sbilanci intra-area.
Perché si fatica a prenderne atto? L’applicazione della regola europea, ribadita al vertice del 9 dicembre 2011 col progetto di una Unione fiscale di stabilità (FISCAL COMPACT), si incardina su politiche deflative."
da: Sergio De Nardis, lavoce.info

Anonymous said...

Non nego che l'avvento dell'euro abbia permesso ad alcuni di arricchirsi senza controllo alle spalle di molti altri.
Ce lo ricordiamo tutti cosa avvenne col cambio ingannevole 1000 lire = 1 euro.
Forse è per questo che la manovra richiesta deve essere recessiva per rimodulare le dinamiche dei prezzi.
Avrebbe perciò un effetto riequilibratore su di un mercato distorto dalla furbizia di alcuni attori privati e pubblici che hanno agito senza il timore della punizione legittima.
Ma è anche innegabile che
sacrifici ed austerità sono la via al socialismo reale (the road to serfdom).