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Friday, February 17, 2012

Riforma Di Paola un modello per la PA

Le polemiche su Sanremo e Celentano scaldano di più, ma in questi giorni è stata annunciata una seria riforma dello strumento militare, forse la prima riforma strutturale della spesa di questo governo. Un intervento di razionalizzazione come non se ne vedevano da anni e i cui principi guida - incredibile! - per una volta sono quelli giusti e, anzi, andrebbero estesi a tutto il resto della pubblica amministrazione: meno personale, più operatività e investimenti (quindi tecnologia). E' noto infatti come le nostre amministrazioni pubbliche a tutti i livelli assorbano troppe risorse per il personale - che spesso eccede le reali esigenze dell'ufficio, è pressoché inamovibile e sottoutilizzato - rimanendo invece carenti nelle loro funzionalità e negli investimenti.

Non fa eccezione la Difesa, che anzi ha un'aggravante: troppi generali e ufficiali, poca truppa. Intervenendo dinanzi alle Commissioni Difesa di Camera e Senato il ministro Giampaolo Di Paola ha innanzitutto riportato le reali grandezze del bilancio della difesa. La sua «incidenza» sul bilancio dello Stato è calata del 30% in dieci anni. La media europea di spesa per la «funzione difesa» rispetto al Pil è stata nel 2010 dell'1,61%, mentre in Italia dello 0,9%. E' prevista nei prossimi anni un'ulteriore contrazione del bilancio, ma a far soffrire il nostro strumento militare è soprattutto il suo strutturale sbilanciamento. Il ministro ha parlato di «ipertrofia dimensionale e ipotrofia funzionale». Se la spesa per il personale assorbe in media nei Paesi europei il 51% del bilancio della difesa, in Italia se ne porta via il 70%. Se in media si spendono 26 mila euro per militare, in Italia solo 16 mila. Qualsiasi struttura organizzativa che distribuisce in questo modo la propria spesa è «destinata a sprecare risorse senza produrre output», avverte il ministro e ammiraglio Di Paola. L'obiettivo quindi è arrivare gradualmente, in una decina d'anni, ad una distribuzione ritenuta ottimale del bilancio della difesa: il 50% destinato al personale, il 25% all'operatività e un altro 25% agli investimenti.

Ecco che il ministro Di Paola promette quindi di intervenire con il bisturi. Sia pure spalmate in dieci anni, le riduzioni di personale previste sono considerevoli: meno 33mila militari (da 183mila a 150mila) e meno 10mila impiegati civili (da 30mila a 20mila). Una riduzione pari a circa il 20% del personale totale, cui si arriva tagliando gli ingressi del 30%, ma anche attraverso le uscite. E i tagli riguarderanno in misura maggiore generali e ammiragli (-30%). Previsto anche il taglio del 20-30% delle strutture in 5-6 anni: dismissioni di caserme e basi militari e riduzione delle unità, seguendo la logica meno mezzi ma più tecnologici e rapidamente impiegabili.

Ciò che sembra contraddire le linee guida illustrate dal ministro (più investimenti e tecnologia) è il ridimensionamento di 1/3 del programma dei caccia multiruolo F-35. Qualcuno l'avrebbe voluto cancellare del tutto, senza considerare non solo che l'Italia è in prima fila nel progetto a livello industriale e quindi occupazionale, ma anche che questi aerei non andrebbero ad aggiungersi a quelli esistenti nella stessa classe, quella cioè dei cacciabombardieri, bensì a sostituirli perché obsoleti. Nell'arco dei prossimi anni infatti Tornado e Amx andranno in pensione e cancellare il programma degli F-35 avrebbe significato non sostituirli affatto, quindi rinuciare completamente alla componente aero-tattica, essenziale per qualsiasi struttura di difesa. Qui il ministro però ha concesso qualcosa alla demagogia e tagliato di circa il 30% il programma: verranno acquistati 90 caccia F-35 invece di 131 come previsto inizialmente. La spesa complessiva di 15 miliardi fino al 2026 si ridurrà così di 5 miliardi.

Gli altri settori e livelli della pubblica amministrazione non sono dotati degli stessi strumenti normativi per intervenire così incisivamente sul personale, ma ciò non toglie che lo schema 50-25-25 per distribuire la spesa tra personale, funzionalità e investimenti possa rappresentare anche per essi un modello ottimale verso cui tendere.

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