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Monday, October 10, 2011

Steve Jobs, genio del capitalismo o criminale?


Tra le molte cose che si sono scritte e dette in questi giorni di Steve Jobs, in particolare mi hanno colpito due riflessioni, non sulla sua morte quanto piuttosto sulle reazioni alla sua morte. Una di Alessandro Campi, «Perché Steve Jobs non mi ha cambiato la vita», su Il Foglio; l'altra di Enzo Reale, «La parabola del buon capitalista», sul suo blog 1972. Pur non avendo posseduto nessuno degli oggetti di culto creati da Jobs, e appartenendo al "partito" del Blackberry, faccio parte dei tanti che riconoscono serenamente la grandezza di Jobs nell'averci «cambiato la vita». Probabilmente il giudizio di Campi è condizionato troppo dalle ultime creazioni del "mago" californiano: l'iPod, l'iPhone, l'iPad. Pur essendo questi ultimi gli oggetti che hanno trasformato Apple da ristretta setta di esperti di grafica a «religione pop o light» di livello mondiale, e il suo fondatore in una sorta di guru, tuttavia a mio modesto avviso il maggior impatto sulle nostre vite quotidiane l'hanno avuto i suoi primi prodotti, i primi personal computer e lo sviluppo dell'interfaccia a icone. L'estrema intuitività con cui oggi comandiamo i nostri pc si deve principalmente a lui e senza questo sviluppo non avrebbero avuto la diffusione che hanno avuto tra le mura domestiche e sui posti di lavoro.

C'è un fondo di verità, dunque, nella riflessione del prof. Campi, quando dice che negli ultimi tre prodotti c'è più estetica, più marketing, che una reale «rivoluzione» nelle nostre vite e quando riconosce in Jobs il «capitano d'industria», geniale anche per aver inventato «un sistema di organizzazione aziendale, una tecnica di vendita e una forma di relazione con i consumatori». Se questo in qualche modo sminuisce la figura di Jobs agli occhi dell'intellettuale conservatore, che con un malcelato pizzico di moralismo denuncia il vuoto e la solitudine del consumismo e sembra liquidarlo come «un inventore con un grande senso per gli affari», è proprio l'aspetto industriale e capitalistico che Enzo Reale ci ammonisce a non nascondere sotto il politically correct. Se, e nella misura in cui Jobs ci ha «cambiato la vita», lo dobbiamo al puro spirito del capitalismo, mentre i giudizi sul guru della Apple sono così favorevoli perché delle sue innovazioni apprezziamo e enfatizziamo il «carattere sociale, ai limiti del filantropismo», quasi vergognandoci del fatto che dovremmo innanzitutto ringraziare il «grande capitalista» Jobs, «il cui obiettivo principale era vendere-guadagnare-investire-guadagnare di più».

La storia di Jobs, ma di tanti altri "geni" ancora in vita, è la dimostrazione più lampante che è la ricerca del profitto, «l'avidità», per dirla alla Milton Friedman, a far progredire il mondo, e quindi a cambiare in meglio non solo le vite di chi si arricchisce, ma anche quelle di milioni di persone, spesso dell'intera umanità. «Quella di migliorare e modernizzare la realtà - conclude Reale - è una virtù insita nell'etica capitalista e nello svolgimento dell'attività economica nei sistemi di libero mercato. Il fatto che per lodare un capitalista ci sentiamo in dovere di glorificarne il ruolo di benefattore della società non è che l'ennesimo esempio di come in fondo continuiamo a vergognarci di quello che siamo e a considerare il denaro, il profitto, la ricchezza come peccati da espiare».

Senza l'etica capitalista, senza la prospettiva di straripanti ricchezze, non avremmo avuto né Steve Jobs né i suoi prodotti. Dovremmo ricordarcene quando ascoltiamo parole come quelle del regista Ermanno Olmi, in questi giorni nelle sale con il suo ultimo film, «Il villaggio di cartone», un sermone pauperista e catto-comunista. Secondo il regista, «essere stra-ricchi, sopra un certo livello, è un crimine, perché si sottrae ricchezza a molti». Dunque, Jobs, o Bill Gates o Mark Zuckerberg, sarebbero dei «criminali»? Chiediamoci: hanno sottratto, o piuttosto creato ricchezza, se non altro per i milioni di posti di lavoro che hanno creato, e non solo nelle loro aziende? La risposta è sotto gli occhi di chiunque non sia accecato dall'invidia sociale o da ideologie oscurantiste e illiberali. Mi ha lasciato francamente l'amaro in bocca che tesi così strampalate dal punto di vista economico - perché i sistemi di libero mercato non sono affatto giochi "a somma zero" - e così "disumane" - sì, disumane per quanto rappresentano la negazione del più genuino spirito dell'uomo - imperversino in questi giorni persino sulla radio di Confindustria.

6 comments:

Stefano said...

mmmhhhh...

Per ottenere un prodotto 'fico' la apple spende un sacco in ricerca, un sacco in pubblicità, spesso non diretta (gli apple store sono prodotti di design). E spende un sacco in brand reputation, ha fatto pure causa a un tedesco che vendeva un tagliere da cucina che assomigliava troppo a un ipad.

queste grosse spese in ricerca, design, brand, rendono possibile la redditività elevata solo se la produzione del bene fisico (o del servizio erogato) viene fatta davvero low cost. Credo che tu sappia che nella famosa fabbrica di ipod-phone-pad cinese c'è un tasso di suicidi più alto che in un gruppo di 100 giapponesi depressi.

domanda numero 1: ritieni possibile un capitalismo 'buono', che produca un miglioramento, ma senza sfruttare nessuno?

no, perchè se usciamo dal 'sistema occidente' e entriamo nel 'sistema mondo' le cosa cambiano un tantino, e il colonialismo insegna. La crisi attuale è anche figlia di questo. Alcuni hanno smesso di farsi sfruttare, e stanno emergendo.

domanda numero 2: (qui entra in gioco il mio essere ingegnere) un modello a crescita continua, secondo te, quanto può essere stabile in un mondo a risorse finite?

se accendo un fuoco in una stanza sigillata, prima o poi l'ossigeno finisce. Quando, dipende da quanto è grosso il fuoco e quanto è larga la stanza. Ma prima o poi finisce.

non sono certo un ambientalista utopista che vorrebbe tornare all'autarchia oppure a vestirci con foglie di fico e dormire nelle caverne, ma mi interrogo seriamente sulla fattibilità scientifica del modello economico capitalista. L'idea di 'crescita perenne' mi pare un controsenso. Perchè il mondo è un sistema finito.

Anonymous said...

se permetti ti rispondo io .
1)IL CAPITALISMO è SEMPRE BUONO .
l'egoismo dell'imprenditore che ambisce giustamente ad arricchirsi , provoca anche l'arricchimento dei cosiddetti lavoratori sfruttati .
.
perchè prima di essere lavoratori sfruttati MA SALARIATI essi erano POVERACCI senza alcuna prospettiva di futuro .
E proprio l'esperienza delle fabbriche cinesi dovrebbe insegnare a te qualcosa di buono .
Perchè si fa in gran blaterare dei suicidi nelel fabbriche di PC in Cina .
Ma nessuno dei ben pensanti si domanda il perchè ...malgrado questo "sfruttamento" che porta al suicidio ....MILIONI DI GIOVANI abbandonano la vita derelitta nelle campagne e nelle comuni comuniste per andarsi a suicidare nelel fabbriche del cattivone capitalista.
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ed allora te lo dico io ....MEGLIO LI ....che a morir di stenti e fatica nelle risaie.

Cachorro Quente said...

Due osservazioni.

La prima è su certi commenti tecnofobi che hanno accompagnato le celebrazioni (talora francamente eccessive) dell'operato di Jobs. Tipo questa del Giornale (http://www.ilgiornale.it/interni/i_figli_di_wikipedia/atletica/09-10-2011/articolo-id=550718-page=0-comments=1) ma ce ne saranno sicuramente anche di segno politico opposto, manifestazioni patetiche di snobismo (del tipo "che bisogno c'è degli sms quando posso mandare il mio filippino con un biglietto redatto con piuma d'oca su carta filigranata") e dell'arretratezza culturale italiana (dove internet a livello istituzionale ma anche nella cultura televisiva di bassa lega è visto come minaccia e non come risorsa).

La seconda è su quello che dice JimMomo, e cioè che è la ricerca del profitto, «l'avidità», per dirla alla Milton Friedman, a far progredire il mondo, e quindi a cambiare in meglio non solo le vite di chi si arricchisce, ma anche quelle di milioni di persone, spesso dell'intera umanità.
I regimi socialisti (e, direi, anche la teoria marxista in sè, quanto meno nella pars costruens) sono effettivamente falliti miseramente non rendendosi conto dell'importanza del desiderio di realizzazione personale e, diciamo, dell'"avidità" individuale per il benessere della società.
Ma un certo liberismo ha un difetto speculare, perchè ignora altri aspetti della natura umana. L'arricchimento eccessivo, l'individualismo sfrenato, l'indifferenza sociale sono naturalmente e spontaneamente invisi alla gran massa delle persone credo per motivi biologici. Il senso di comunità e di società è innato quanto la volontà di distinguersi. Io non so se, eliminando ipoteticamente questi istinti, la società migliorerebbe; ma non credo che siano istinti eliminabili (il desiderio di creare un "uomo nuovo" è destinato a fallire come in URSS).

Per cui ritengo naturale e non spregevole che al grande capitalista si richieda anche un afflato umanitario e una visione più ampia del proprio impatto sulla società.

Jean Lafitte said...

guarda che l'interfaccia a icone non l'ha inventata mica steve jobs.

Stefano said...

@anonimo
il senso della mia domanda era un altro. Non conosco personalmente gli operai cinesi, non so se avrebbero vissuto più felici con la loro famiglia coltivando del riso, e non mi interessa. Perchè usciamo dal seminato dell'economia e andiamo alla sociologia.

potrei riformularla nel senso: il sistema capitalistico riesce a fare markup tali da giustificare gli investimenti senza sfruttare NESSUNO?

Quando si è partiti erano sfruttati gli operai nostrani. Garanzie zero, sicurezza zero.
Poi ai nostri operai abbiamo dato tutele. Ovviamente il costo del lavoro si è alzato. Allora abbiamo cominciato ad usare semilavorati provenienti, ad esempio, dalla cina. Che arrivavano qui e i nostri operai li mettevano insieme.
Poi i cinesi han capito come mettere insieme i pezzi pure loro, allora le nostre industrie hanno cominciato a delocalizzare TUTTA la produzione. Per risparmiare sui costi del lavoro. E siamo nel 2011 partendo da Dickens.
Aggiungendo che il colonialismo portava materie prime a basso costo, mentre ora le paghiamo sensibilmente di più. Gli USA tollerano lo schifoso regime saudita per tutto il petrolio che si prendono con accordi bilaterali, fuori prezzo OPEC (non parliamo dell'Iraq...).

insomma, se NESSUNO sfruttasse NESSUNO, non si depredassero le risorse di nessun paese, se non ci fossero fabbriche alla Dickens nei sobborghi di Manila etc, il sistema continuerebbe a funzionare generando utili tali per rifinanziarsi?

Stanley said...

Probabilmente la grandezza di Jobs è nel aver ribailtato la gerarchia mezzo-messaggio. Io ho un I-Pod ma se non ci carico gli mp3 di Beethoven o dei Pink Floyd, o dei Wilco e ascolto Lady Gaga tanto valeva tenermi un giradischi scassato ed ascoltarni col fruscìo Good times bad times. Non ti pare?
Non discuto sul capitalismo. Sappiamo che ha vinto primo del 90°per superiorità manifesta; ma credi che io sia più felice nel stare 8 ore in ufficio piuttostob che curare i campi di prosecco di mio zio o di merlot di mio papà. Oddìo, meglio così, con i soldi che guadagno faccio questo e quello, leggo libri, ascolto musica e vendemmio una volta l'anno ed uso il PC via ADSL per scrivere a te ma se non ho niente da dire anche questo blog e questo mio laptop non servono a niente. Non ti pare?