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Monday, March 14, 2011

L'Occidente rischia un meltdown geopolitico

All'inizio sarebbe forse bastata la no-fly zone per spezzare lo stallo nella guerra civile libica a favore degli insorti. Oggi - dopo aver perso due settimane nelle solite chiacchiere da solotto multilateralista - neanche quella sembrerebbe essere più sufficiente a risollevare le loro sorti. Bombardamento dopo bombardamento, Gheddafi ha letteralmente spianato il terreno alle sue milizie e sembra in procinto di assediare Bengasi, dopo essersi ripreso nel weekend le più importanti città petrolifere. Non ha senso, è da sciocchi, continuare ora ad intimargli di farsi da parte o proporre un cessate-il-fuoco. Nonostante il prezioso via libera della Lega araba sabato scorso, la diplomazia occidentale è in panne. Stavolta vittima più delle sue incertezze che dei veti altrui.

E' davvero questione di ore. Se l'Occidente non agisce con determinazione e rapidamente si ritroverà una Libia comunque altamente instabile, quindi pericolosa per qualsiasi investimento, e un Gheddafi incattivito. A farne più di tutti le spese - nonostante con la nostra scellerata ambiguità abbiamo tentato di non rompere del tutto i ponti con il Colonnello - saremo soprattutto noi italiani. Pechino è pronta a soppiantare noi e tutti gli europei nello sfruttamento delle risorse libiche.

L'incapacità e l'ignavia dimostrate, singolarmente e collettivamente, dai leader occidentali nella crisi libica non hanno precedenti nella storia recente. Le conseguenze dell'immobilismo sarebbero devastanti, ben oltre il futuro assetto della Libia. Devastata ne uscirebbe, agli occhi di alleati, avversari e nemici, la stessa credibilità occidentale: dopo aver scaricato Gheddafi e preso le parti dei ribelli, fino a riconoscere il loro Consiglio di transizione come unico interlocutore e a promettergli aiuto; dopo aver intimato al raìs di andarsene, minacciato di bombardarlo e averlo denunciato al tribunale penale internazionale; dopo aver adottato severe sanzioni e cincischiato su un intervento militare; dopo essersi spinti così in avanti, la sopravvivenza al potere in Libia permetterebbe al Colonnello di ergersi - non senza ragione - come colui, unico tra i leader arabi, che ha piegato l'Occidente.

Se il Giappone rischia il meltdown nucleare, noi rischiamo un meltdown geopolitico. Russia e Cina potrebbero ragionevolmente ambire a conquistarsi un posto di primo piano nel cuore del Mediterraneo e ricaverebbero da questa vicenda un'ulteriore dimostrazione della debolezza dell'Occidente, da capitalizzare in altre aree del mondo; le opposizioni nel resto del mondo arabo e in Iran non potrebbero più nutrire speranze e i regimi imparerebbero in fretta la lezione: il "moderato" Mubarak è stato detronizzato, il sanguinario Gheddafi no. Ecco come riuscire a resistere alle rivolte popolari: facendo ricorso al massimo della forza. Tanto si può star certi che nessuno interverrà.

Dopo averci fatto sperare, con le sue parole, in un cambio di rotta, ora Obama tace. Non vorremmo esserci illusi di nuovo. Con la scusa del multilateralismo sembra aver lasciato la guida della crisi libica agli europei e agli arabi. Il silenzio di Washington è assordante, musica per le orecchie di Gheddafi. Siamo forse in procinto di assistere a quell'abdicazione dell'America che molti temono - e più di qualcuno auspica. Guidata da un presidente inesperto, titubante, ma che soprattutto non crede nel ruolo giocato fino ad oggi nel mondo dalla sua nazione, anzi in fondo la biasima proprio per quel ruolo.

3 comments:

Frank77 said...

Se non ci fossero stati i disastri di Bush,molto probabilmente si sarebbe presa una via diversa

JimMomo said...

ahahahaha

Frank77 said...

Non ho capito cosa significhi quell'ahahahah.
Molto probabilmente non si sa che controbattere :-)