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Thursday, January 27, 2011

Sempre la solita banda Bassotti

Non potrebbero essere definiti meglio di come fa oggi Il Foglio: «Un coro di vecchie stelle della Prima Repubblica... coristi ex premier, uomini di impresa, sindacalisti, banchieri, esponenti dell'opposizione: sinistra dc, socialisti e post comunisti». Un coro si sta levando a favore della patrimoniale per ridurre il debito pubblico. E' stato Giuliano Amato - tristemente noto, da presidente del Consiglio, per il suo prelievo nottetempo sui conticorrente - a dare il "la". Rubare - perché questo è il termine che ci vuole - 30 mila euro ad un terzo degli italiani («magari in due anni», concede Sua grazia) per abbattare un terzo del debito pubblico, creato negli anni '70 e '80 da gente come Amato.

Qualcuno vicino al Terzo polo rilancia («imposta straordinaria sulle plusvalenze immobiliari», che non colpirebbe più di tanto i proprietari, ma chi aspira a diventarlo), mentre almeno Abete ha il pudore di inserire la patrimoniale in una proposta di riforma fiscale complessiva che prevede la riduzione delle aliquote. Veltroni si è subito accodato ad Amato: a carico del «10% più ricco della popolazione un contributo straordinario per tre anni per far scendere il debito pubblico all'80%»). Peccato che quel 10% non sia poi così ricco.

Non sorprende più di tanto - a ben vedere c'è una logica - che i sostenitori della patrimoniale - il cui effetto depressivo per l'economia è stranoto - siano gli stessi che si stracciano le vesti perché si sarebbe dovuto, e si dovrebbe, spendere di più per «stimolare» l'economia.

Tremonti finora ha smentito che il Tesoro stia pensando ad una patrimoniale, ma con uno come lui non si possono dormire sonni tranquilli, meglio levare subito gli scudi. Antonio Martino ricorda l'ovvio: «Meglio tagliare le spese, non solo quelle discrezionali, e puntare su privatizzazioni e liberalizzazioni». Francesco Forte ci va giù pesante: «Pazzi pericolosi», li definisce a ragione. E' chiaro anche che parte delle risorse così confiscate verrebbero subito spese dai politici in un «rigurgito di cultura pianificatoria». Al solo sentire e leggere di questi deliri, «i risparmiatori e le imprese si spaventano, nascondono i capitali, li portano all'estero, smettono di investire. Poi ci si lamenta che la ripresa è troppo lenta. Prima vendete il patrimonio pubblico e ricoverate questi matti - conclude Forte - poi il mercato ripartirà».

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