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Friday, July 16, 2010

Per ora mi fermo qui

Mi allontano per un paio di settimane, sicuro di ritrovare al mio ritorno la stessa desolante telenovela italiana. Ma sperando che qualche magico panorama mi ridoni un po' d'entusiasmo. Un sussulto di vita. Poi si vedrà...

Thursday, July 15, 2010

Di "P3" e altra noiosissima fuffa

Mai vista tanta fuffa in giro, e tanti creduloni finti o veri come in questo periodo. Che barba che noia, per fortuna che tra poco stacco per qualche giorno, ma non sarà mai abbastanza per trovare qualcosa di diverso al mio ritorno. C'è ancora chi crede che le vicende cui assistiamo da giorni abbiano a che fare con la legalità, o con l'etica addirittura. Si tratta invece di meschine lotte di potere all'interno di un partito, su cui le opposizioni fuori e dentro il Parlamento tentano pateticamente di far leva. Non credo che ci siano politici - di primo piano o di sottobosco - imprenditori, intrallazzatori o millantatori di ogni genere che non abbiano mai attivato le proprie conoscenze - vere o presunte - per ottenere un favore (a buon rendere), un aiuto, una raccomandazione, una certa nomina o una decisione gradita, o anche solo un briciolo di notorietà in questo teatrino. Piaccia o non piaccia, la politica è anche questo. Il guaio è quando è solo questo, ma qui si apre un altro discorso, che su questo blog ho già trattato parecchie volte: più girano soldi, più è grande la somma di denari che lo Stato - quindi la politica - si trova a gestire, più questo circo cresce di dimensioni e di intensità, e non ci puoi fare niente.

Ma il guaio è anche quando per ipocrisia o interesse si guarda da una parte sola. Ed ecco un gruppo di sfigati che diventano i "furbetti" dell'eolico, mentre non si va a rovistare tra le telefonate e i contatti mossi dai veri padroni dell'eolico in Italia. Poco importa che il termine "cricca" sia emerso da un'intercettazione in cui ci si lamenta del fatto che se non sei amico di Veltroni o Rutelli non lavori; poco importa che i giudici della Consulta - come d'altra parte tutti, giudici e politici - non vivono sotto una campana di vetro, hanno le loro frequentazioni, i loro contatti, persino le loro idee politiche. Solo che certi contatti diventano un'associazione segreta eversiva, altri li chiamano salotti buoni. Cosa importa se un presidente della Camera abusa sfacciatamente della sua carica istituzionale per mettere in difficoltà il suo avversario all'interno del suo partito, che guarda caso è anche premier (ma i "guardiani" della Costituzione tacciono). Stiamo oltrepassando il senso del ridicolo.

Tutti colpevoli nessun colpevole? Mai, questo mai. Ma ho la vaga sensazione che tra qualche mese o anno sarà più o meno questo il verdetto che uscirà dalle sentenze, quelle vere, emesse dai tribunali. E noi staremo qui a polemizzare sui trafiletti che i giornali avranno dedicato ai proscioglimenti o alle assoluzioni di quanti oggi vengono additati al pubblico ludibrio. Personaggi sgradevoli quanto si vuole, poco presentabili, con la sola colpa di sgomitare, come tutti, ma per il verso politicamente scorretto. Qui non si hanno certezze, ma diciamo che visti i precedenti non scommetterei i famosi due euri su condanne eclatanti. Intanto, però, il polverone di questi giorni sarà servito ai disegni di molti. Va bene così, dimissioni a go-go, godetene tutti, date sfogo al vostro moralismo, nutrite la bestia, ma poi non lamentatevi quando capiterà a voi.

A Bocchino è già capitato di finire nel tritacarne per le sue frequentazioni e qualche telefonata un po' ingenua, e dovrebbe ringraziare il fatto che all'epoca nel suo partito di Bocchino come oggi non ce ne fossero. Granata fa il moralista a Roma, ma in Sicilia quanto si sentiva a suo agio da assessore nella giunta dell'indagato per mafia Cuffaro... e quanto si sente a suo agio ancora oggi, a sostenere l'indagato Lombardo. E' vero, le stagioni politiche cambiano, le idee anche, ed è legittimo, per carità, ma se cominciano a sventolare come bandierine da un mese all'altro, qualche sospetto dovrebbe cominciare a sorgere.

Devo dire che qui si era capito da mesi quale sarebbe stato il vero punto di rottura di Fini. Certo non questioni come l'immigrazione, la cittadinanza, la bioetica, il Mezzogiorno, la politica economica, temi su cui il Pdl è in grado di assorbire posizioni diverse. Ciò su cui non è possibile alcuna mediazione, almeno finché c'è Berlusconi, è il no al giustizialismo. Fini, con buona pace di Ferrara, ha trovato nella legalità l'arma perfetta per la sua guerriglia di logoramento a Berlusconi. Perché è pur sempre un tema "di destra", e perché può trovare preziosi fiancheggiatori dentro e fuori il Parlamento: può sfruttare gli spunti offerti da procure e gazzette delle procure, e pazienza se il prezzo da pagare è venire sfruttato a sua volta.

E' anche vero che il governo ci sta mettendo del suo. Solo una manica di incapaci buoni a nulla può farsi dare dell'"imbavagliatore" per due anni per portare a casa una legge inutile, quando avrebbe potuto metter mano ad una vera e trasparente riforma complessiva della giustizia che prevedesse, tra le altre cose, pesanti disincentivi in capo ai magistrati per scoraggiare fughe di notizie durante le indagini. Non che sarebbe servito ad evitare le polemiche, ma almeno avrebbero combattuto per qualcosa di davvero efficace.

Ormai al giustizialismo ci siamo assuefatti. Fini ha dato la stura a tutti i forcaioli di destra. Lo cavalca per rifarsi una verginità politica (prima era il fascismo, oggi il berlusconismo), ma la cosa patetica è che non si rende conto che, dovesse un giorno arrivare dove spera di arrivare (non succede, ma se succede...), verrà spazzato via in men che non di dica dalla bestia che lui stesso sta contribuendo ad alimentare. Auguri.

Monday, July 12, 2010

A somma zero

E' chiaro che idea si abbia qui dell'operazione di logoramento, del governo e di Berlusconi, cui si sta abbandonando (mi sembra questo il termine più adatto) Gianfranco Fini (del tutto irrazionalmente anche per se stesso), ma scambiare Fini con Casini a chi abbia un minimo, ma proprio un minimo, di memoria politica, non può che apparire un gioco «a somma zero», come dice Giuliano Ferrara. Anzi, addirittura «in perdita», per i motivi indicati dal direttore del Foglio, tra cui non ultimo, non bisogna dimenticarlo, il fatto che Casini vuole liquidare il bipolarismo a vantaggio di un sistema in cui il "centro" possa lucrare una rendita di posizione. Dunque, dopo un primo periodo, i centristi si lancerebbero in un logoramento ancora più forsennato di quello del presidente della Camera. E va ricordato che l'Udc è l'unico gruppo ad aver votato contro il federalismo fiscale, come dire una bomba ad orologeria. In queste cose Bossi ci vede lungo.

Detto questo, però, non credo - a differenza di Ferrara - che Fini si accontenti di essere «messo in grado di vivere dignitosamente in una casa che è anche sua, anche dei dissenzienti». Il problema è che il «socio di minoranza», anche se può apparire illogico, sembra mostrare proprio tutto l'«interesse a sfasciare la ditta e a raccogliere solo cocci». Ambisce ad essere leader di una destra "deberlusconizzata", non accetterebbe mai di dovere la sua eventuale leadership del centrodestra a Berlusconi, quindi sta cercando in tutti modi di costruirsi un'identità antiberlusconiana. Imbarcare Casini è una tentazione cui resistere, ma il problema Fini rimane e non credo che basti un compromesso "di potere".

E' evidente che Fini e Casini ambiscono entrambi alla leadership di un centrodestra, o un centro, moderato e "deberlusconizzato", e questo li porta a considerarsi rivali, ma nel breve-medio periodo hanno lo stesso identico interesse a logorare Berlusconi, come fecero benissimo tra il 2001 e il 2006. E quindi, averli entrambi nella maggioranza, lungi dall'essere il contrappeso l'uno dell'altro, per il premier significherebbe un doppio freno ad un'azione di governo già quasi del tutto immobile di per sé.

Se anche Mosca lancia l'allarme bomba

«L'Iran si sta avvicinando a possedere il potenziale che in teoria può essere utilizzato per fabbricare un'arma nucleare». Dunque, la Russia deve «abbandonare ogni approccio tranquillizzante» alla questione del nucleare iraniano. E' quanto da Mosca l'agenzia governativa Interfax fa filtrare sulle parole pronunciate dal presidente Medvedev durante un incontro con ambasciatori e diplomatici russi. Da verificarne la portata, ma si tratta comunque della posizione più preoccupata mai espressa dal Cremlino sul nucleare iraniano, che potrebbe preludere anche da parte russa ad iniziative che vanno oltre il pacchetto di sanzioni approvate di recente all'Onu nei confronti di Teheran.

Medvedev avrebbe inoltre espresso rincrescimento per il fatto che un tale potenziale non costituisca di per sé una violazione del Trattato di non proliferazione nucleare («è uno dei problemi») e che «la parte iraniana non si sia comportata nel migliore dei modi». Interfax fa trapelare anche una linea piuttosto filo-occidentale nelle parole del presidente: «Abbiamo bisogno di alleanze speciali volte alla modernizzazione... prima di tutto con Germania, Francia, Italia, con l'Ue in generale, e con gli Stati Uniti».

Ennesima sconfessione. Chi paga?

Nessun giornale, tranne due eccezioni (Il Giornale di Sicilia e Libero), ha riportato la notizia dell'assoluzione definitiva di Carmelo Canale, oggi capitano dei carabinieri e per anni, da maresciallo e da tenente, il principale e più fidato collaboratore di Borsellino. Un'altra bruciante sconfitta per la Procura di Palermo, ai cui magistrati qualcuno dovrebbe cominciare a chiedere conto dei loro tragici errori. Non a chissà quale "trattativa", ma ai loro errori bisogna guardare per capire perché ancora non siamo arrivati alla verità sulle stragi di mafia. Qui la ricostruzione di Lino Jannuzzi per chi ne vuole sapere di più.

Calcio batte calci

Alla fine vince la squadra più completa del Mondiale. Più completa per la qualità individuale in ogni reparto e nel gioco, ma anche per saggezza tattica, pazienza, maturità e sangue freddo (che sembra un ossimoro trattandosi degli spagnoli). Favorita alla vigilia, eravamo rimasti in pochi a crederci dopo la sconfitta dell'esordio contro la Svizzera. E anche dopo le vittorie con un solo gol di scarto, ha continuato ad essere sottovalutata. Prima Brasile e Argentina (il trionfo della scuola sudamericana su quella europea, si diceva sarebbe stato questo Mondiale), poi la Germania avevano impressionato di più. Ma le lacune erano evidenti, mentre la Spagna continuava a sembrarmi la più completa, anche senza strafare e soffrendo. E piano piano è arrivata lontano.

L'Olanda ha comprensibilmente impostato la partita nel distruggere il gioco avversario e nel ripartire in contropiede. Per poco non gli riusciva la beffa, ma quando giochi in questo modo devi essere cinico e non sciupare troppe occasioni. Va detto però che neanche nella fase "destruens" l'Olanda è stata perfetta: ha fermato il gioco dell'Invincibile Armada per lunghi tratti, ma più con le cattive che con le buone. E solo l'arbitro ha tenuto in partita gli arancioni. De Jong andava espulso già al primo tempo, e la partita avrebbe preso tutt'altra piega; van Bommel, già ammonito, meritava il secondo giallo in almeno altre due o tre occasioni; e anche Robben sul finale andava espulso per doppia ammonizione (una perdita di tempo per cui poco dopo si è preso il giallo Xavi). Per non parlare del rigore negato.

Un bel mondiale, forse il migliore tra gli ultimi tre. Dove anche le squadre per necessità o natura più difensive si sono poste il problema della qualità in avanti, mentre tutte le nazionali hanno mostrato passi avanti dal punto di vista dell'organizzazione del gioco. Dove i campioni più attesi forse hanno deluso, ma tra conferme e sorprese non sono stati pochi i giocatori di valore che si sono fatti notare. Tutti gli spagnoli, ovviamente. Iniesta il migliore al mondo, la sintesi tra mediano e fantasista più riuscita nel calcio moderno, un giocatore unico, gol a parte. Decisivo Casillas, la cui esperienza ha pesato nel confronto con tutti gli altri portieri, e immenso Puyol. Nell'Olanda solido e indispensabile De Jong. E' spiccato poi il talento dei tedeschi Muller e Ozil, mentre nell'Uruguay (se avesse avuto un portiere degno di questo nome chissà...) due conferme (Forlan e Suarez) e tante sorprese (Perez e Fucile).

Thursday, July 08, 2010

Vince la qualità del gioco difensivo

La Germania ci ha provato a fare l'Italia... Ma non è l'Italia, non ha quell'imponderabile guizzo opportunistico che serve in certe partite (per esempio la Semifinale del 2006). E' una buona squadra, ben organizzata, con un paio - non di più - di giovani di talento (ma Muller ieri mancava) e il sempreverde (in nazionale) Klose, ma ha affrontato la partita consapevole della sua inferiorità. Vince la qualità, la Spagna che si conferma la squadra più completa in ogni reparto. Ma l'arma vincente di questa Spagna, al contrario di quanto si possa credere, non è l'attacco (poco prolifico) dei Villa, dei Pedro e dei Torres, ma è la difesa. O meglio, il modo di difendersi: tenendo palla, facendo e imponendo il proprio gioco, anche quando gli spazi davanti sono così chiusi che non sai che fare; e recuperando palla aggredendo subito gli avversari. Stroncarlo sul nascere era l'unico modo per fermare il pericoloso contropiede tedesco, che è riuscito ad attivarsi solo in pochissime occasioni. E solo un centrocampo stellare come quello spagnolo (super Iniesta, Xavi e Alonso, ma da non sottovalutare Busquets) poteva riuscirci. Una coppia di centrali insuperabili (Puyol come il miglior Cannavaro) e un portiere che non subisce gol al primo tiro fanno il resto.

Unico neo, i vecchi vizi che a volte riaffiorano: qualche leziosità di troppo quando c'è da chiudere la partita. Ma la chiave di questa Spagna è aver capito come usare la grande qualità nel possesso palla, che hanno sempre avuto, anche in chiave difensiva e in modo tatticamente più accorto. Se la Spagna non ha mai vinto nulla è proprio perché il possesso era fine a se stesso, si compiacevano della tecnica presumendo che bastasse a vincere, mentre bisogna metterci carattere per recuperare palloni e mettere la tecnica al servizio anche della fase difensiva, avere la pazienza di non esporsi anche se l'avversario gioca chiuso nella sua metà campo e saper soffrire quando è lui a chiuderti nella tua. La Spagna calcistica è finalmente diventata adulta.

Se una lezione in termini calcistici si può trarre da questi Mondiali, è che sono andate avanti le squadre con un miglior gioco difensivo (che non significa inevitabilmente "catenaccio"). Squadre anche con un eccezionale potenziale offensivo, ma con lacune in difesa e a centrocampo, sia tecniche che tattiche, non sono arrivate fino in fondo. E' la qualità e l'intelligenza del gioco difensivo, non quindi nella sua accezione negativa, ad aver fatto la differenza anche rispetto a campioni di conclamata fama.

L'altra Semifinale è stata decisa da un pizzico di fortuna (il tiro del 2-1 si infila all'angoletto con due deviazioni e un fuorigioco molto sospetto), che non ha abbandonato l'Olanda fin dall'esordio contro la Danimarca. Spezzato a 20' dalla fine l'equilibrio della gara (cui ha contribuito la pesante assenza di De Jong tra gli olandesi), è subentrata in modo decisivo, come prevedibile, la fatica patita con il Ghana e l'Uruguay ha concesso il terzo gol. A quel punto solo con l'orgoglio gli uruguagi ci hanno regalato un finale splendido.

P.S. - Un Mondiale che ha punito gli allenatori arroganti e "primedonne" (Domenech, Lippi, Capello, Dunga, Maradona) e premiato quelli sobri (Tabarez, van Marwijk, Loew e Del Bosque).

Wednesday, July 07, 2010

Manovra accerchiata/2

Come sospettavo, l'obiezione circolata di non penalizzare le Regioni "virtuose" con tagli lineari ai trasferimenti era la cortina fumogena dietro cui in realtà si celava un più banale tentativo di ridiscutere l'entità complessiva dei tagli, e non pochi osservatori - da quelli orientati contro il governo ai più attenti e obiettivi - hanno abboccato in pieno. In Commissione Bilancio infatti è stato presentato dal relatore un emendamento che, confermato il taglio per 8,5 miliardi di euro, introduce un sistema di flessibilità. Prevede che sia la Conferenza Stato-Regioni a decidere, entro tre mesi dall'entrata in vigore della manovra, con quali criteri saranno adottati i tagli. Criteri che verrebbero poi recepiti per decreto. Se lo vorranno davvero, dunque, e se troveranno un accordo tra di loro, i governatori potranno far pesare i sacrifici della manovra in modo più lieve sulle Regioni più "virtuose" e più gravoso su quelle "viziose". Se però la Conferenza Stato-Regioni non stabilirà i criteri entro i tre mesi indicati, allora sarà il governo a fissare le regole. Ragionevole, no?

Eppure, nonostante questo, la «frattura» con il governo rimane, a sentire Errani e Formigoni, che non sembrano intenzionati a demordere. Bisogna quindi dedurre che le motivazioni erano altre: non si vuole ridurre la spesa. E in particolare Formigoni, che potrebbe cominciare a tagliare il "contributo" regionale di 234 mila euro al Meeting di CL, sospettiamo che voglia molto demagogicamente approfittare della situazione per guadagnarci soprattutto un po' di visibilità personale. Alla Fini, per intenderci.

Tutto questo ci conferma che a parte le pressioni di Confindustria, che pare sia riuscita a far cancellare norme di autentica barbarie fiscale, tutte le altre sono volte ad "annacquare" la manovra laddove piuttosto andrebbe rafforzata. Cari liberali sui blog e sui giornali, possiamo discettare quanto vogliamo, ma l'amara realtà è che questa manovra può essere solo difesa, Tremonti è la diga, rotta la quale non ci sarebbero meno tasse, meno spesa, più mercato, ma ahimé l'esatto contrario. Nessuno, né nell'opposizione, né nella maggioranza, né nel governo, né le Regioni né gli Enti locali, né le "forze sociali". Insomma, nessuno che abbia una qualche reale influenza invoca tagli più coraggiosi, riforme strutturali, meno tasse o roba del genere. Tutti sono, ciascuno per ciò che lo riguarda, scontenti dei tagli che già ci sono e tenta di attenuarli. E' una situazione che va tenuta presente quando si prende posizione politicamente sulla manovra e sul ministro dell'Economia. Tremonti non mi-ci piace, ma quali sono le reali alternative?

Monday, July 05, 2010

A proposito di eroi...

«Quando la "Giustizia" arriva a questi orrori, quando l'amministrazione della Giustizia può arrivare fino al punto di torturare e uccidere un uomo per costringerlo a testimoniare il falso, allora può anche succedere che il più infame dei mafiosi, al confronto dei suoi aguzzini, appaia come un "eroe"».

Brasile-Argentina, dalla Finale annunciata allo stesso finale

C'è un comune denominatore nell'amara - quanto strameritata - eliminazione di Brasile e Argentina: il non saper reagire al primo vero momento di difficoltà del Mondiale, come se nei giocatori e nei ct fossero convinti che tutto sarebbe andato liscio fino all'inevitabile esito positivo. Avevano ragione i critici casalinghi delle rispettive nazionali a non farsi abindolare dalle facili vittorie nel girone e agli Ottavi. Incontrando le prime squadre vere, quelle splendenti corazzate di talenti si sono sciolte come neve al sole. Complici le scelte sbagliate dei loro ct - nelle convocazioni e negli assurdi puntigli - ma anche la presunzione. Fin qui le similitudini.

Mentre Dunga e i brasiliani hanno peccato di arroganza, e reagito nervosamente al pareggio fortunoso dell'Olanda - rosicando, si direbbe da noi - gli argentini sono sorprendentemente mancati dell'unica cosa di cui tutti eravamo convinti fossero provvisti: il carattere. Flebile la reazione dopo lo svantaggio, neanche dopo l'intervallo c'è stata una scossa. E ciò dovrebbe farci capire che non basta qualche pacca sulle spalle e qualche bacio a rendere un allenatore davvero carismatico. La squadra di un allenatore davvero carismatico reagisce e lotta, non declina verso la sconfitta compiaciuta comunque del suo talento.

Maradona ci aveva quasi convinti del miracolo. In realtà, senza l'aiuto di Rosetti questa Argentina avrebbe avuto difficoltà a passare contro il Messico. In realtà, tutte le lacune che si indicavano alla vigilia, ed emerse anche all'esordio contro la Nigeria, hanno pesato: portiere e difensori scadenti e poco filtro a centrocampo (mentre Zanetti e Cambiasso venivano lasciati a casa); il gioco lasciato troppo ai solisti (Messi, Tevez e forse anche Di Maria insieme sono ridondanti); poco movimento senza palla, tutti ad aspettare il pallone sui piedi o la giocata risolutiva di qualche big.

Le vittorie di Olanda e Germania sono state la vittoria dell'organizzazione e del gioco di squadra contro la pretesa improvvisazione dei singoli. Insomma, nulla di nuovo, nulla di soprendente, l'eterna disputa del calcio. Non so se Messi e Robinho non sono all'altezza dei giocatori di una volta, oppure - e protendo per questa seconda - se il calcio è cambiato e ormai quasi tutte le squadre dal punto di vista atletico e organizzativo non concedono troppo ai fuoriclasse. Ma sarebbe ingiusto dare l'idea che Olanda e Germania sono squadre prive di talenti (Robben e Snejider lo sono, come Muller e Ozil). Hanno saputo però meglio mettere questi talenti al servizio della squadra.

Dopo le prime partite i commentatori ci avevano ripetuto fino alla noia che questo sarebbe stato il Mondiale della scuola sudamericana, e invece è stata la rivincita del calcio europeo (3 squadre su 4 in semifinale) e per la prima volta nella storia dei Mondiali una squadra europea potrebbe vincere fuori dai confini dell'Europa (alla faccia di Blatter, che vuole togliere posti alle squadre europee). L'esito drammatico di Uruguay-Ghana conferma che il calcio è cosa serissima, e come la vita sa essere crudele. Papere dei portieri a parte (altro che jabulani!), gran spettacolo! Addolora lo psicodramma degli africani, dal paradiso all'inferno in pochi secondi. Ma sarebbe ingiusto dire che l'Uruguay non ha meritato. Ha creato grandi occasioni, senza dimenticare che l'azione del Ghana al 120' era viziata da fuorigioco e un netto rigore su Abreu poco prima.

A questo punto, anche se non brillante, la Spagna continua a sembrarmi la squadra più completa. Grande qualità in tutti i ruoli (anche in panchina), carattere e saggezza tattica (cose che mancavano agli spagnoli fino a qualche anno fa). La Germania vive un momento di grande esaltazione psicologica, ma non è completa in tutti i ruoli come la Spagna: difficilmente portiere e difensori spagnoli concederanno ai tedeschi di passare in vantaggio così facilmente come con Inghilterra e Argentina, e poter quindi colpire in contropiede. Apertissima anche la sfida tra uruguaiani e olandesi: ai primi mancherà la classe di Suarez davanti, ma potrebbe essere più pesante l'assenza del perno del centrocampo olandese, De Jong, che rende la squadra solida difensivamente come forse l'Olanda non è mai stata.

Friday, July 02, 2010

Riforme nemmeno per sbaglio

«A volte - osserva Il Foglio in uno degli editoriali a pagina 3 - anche nei refusi si possono nascondere riforme salutari per la finanza pubblica». Ieri ci eravamo illusi anche noi, prima che il ministro Sacconi si precipitasse a smentire. Una riforma? Macché, neanche per sbaglio. Solo un «refuso». In tempi di crisi non si tocca nulla, ha ripetuto più volte il ministro. Il «refuso» era un emendamento del relatore alla manovra, che in pratica prevedeva la tanto attesa, e da più parti invocata, riforma delle pensioni, agganciando a partire dal 2016 anche i lavoratori con 40 anni di contributi all'allungamento dell'età di pensionamento legato all'aumento dell'aspettativa di vita. Finalmente una vera riforma, a giudicare dalle immediate reazioni dei sindacati.

Purtroppo, non si può che condividere l'amara conclusione del Foglio: «Un peccato che le innovazioni liberali siano considerate refusi da cancellare». Poi però non ci si lamenti se qualcuno vede nella Lega l'unico «motore» (piuttosto, un "motorino") del governo. Si può dire tutto il male possibile della Lega e dei leghisti, infatti, si può condividere o meno il federalismo fiscale (qui si pensa che sia utile), ma l'impressione è che se questo governo non è del tutto immobile grazie ai tanti Sacconi, in gran parte si deve a loro. Sul federalismo fiscale, pur lentamente - considerando che si tratta di un lavoro obiettivamente enorme e complesso - si va avanti. E se per il resto il governo si accontenta di vivacchiare, di galleggiare facendosi trasportare dai venti deboli e incerti di una "ripresina", non si può dare tutta la colpa ai soliti "poteri forti" o ad una antiquata architettura istituzionale. Che certo frenano, ma di per sé non giustificano un immobilismo da cui non ci si schioda nemmeno per sbaglio, nemmeno per «refuso».

Semipresidenzialismo a corrente alternata

Con tutto il rispetto per il presidente Napolitano, il cui ruolo in questi due anni di legislatura va in gran parte apprezzato per il suo equilibrio, c'è da chiedersi però se la sua uscita di ieri sul ddl intercettazioni non sia per caso dovuta a una botta di caldo che lo abbia colpito a Roma o a Malta. Prima di tutto, è palesemente falso che non sia stato ascoltato dalla maggioranza il suo «consiglio», di alcuni giorni fa, di dare priorità alla manovra finanziaria nei lavori parlamentari. La decisione presa a maggioranza nella conferenza dei capigruppo della Camera a cui si riferisce, infatti, fissa l'inizio della discussione sul ddl intercettazioni il giorno dopo la fine - obbligata (il decreto scade il 30 luglio) - dell'esame del ddl di conversione della manovra. Ma una volta licenziata la manovra, non si vede perché i deputati non possano passare ad occuparsi di intercettazioni, provvedimento palleggiato tra i due rami del Parlamento da oltre due anni. E' falso, dunque, quanto afferma il capo dello Stato.

A meno che giorni fa, invocando di dare priorità alla manovra finanziaria, non abbia in realtà voluto sostenere l'opportunità - a prescindere dalla manovra - di rinviare l'esame del ddl intercettazioni a dopo l'estate, e quindi caldeggiare ulteriori cambiamenti al testo. Ma a questo punto ci troveremmo di fronte ad una inedita e gravissima ingerenza del capo dello Stato sul calendario dei lavori del Parlamento, appena dissimulata dall'argomento - condiviso anche dalla maggioranza - di dare priorità alla manovra. Facendo inoltre capire inequivocabilmente di condividere i «punti critici» della legge uscita dal Senato che «risultano chiaramente dal dibattito in corso e dal dibattito svoltosi in Commissione Giustizia della Camera, nonché da molti commenti di studiosi, sia costituzionalisti sia esperti della materia», e anticipando che senza «modifiche adeguate» non promulgherà la legge, Napolitano sconfina del tutto dal suo ruolo costituzionale, partecipando attivamente e pubblicamente al processo di formazione delle leggi. Può rinviare una legge alle Camere, ma non può minacciarlo preventivamente, condizionando così i lavori del Parlamento e le mediazioni in corso sul testo all'interno della maggioranza.

Un errore, quello del suo parere anticipato, in cui già incorse con il decreto Englaro, quando con il suo intervento di fatto chiuse qualsiasi spazio di mediazione all'interno del Cdm, trovatosi a quel punto a dover difendere le prerogative del governo. Ma è un errore, bisogna dire, incoraggiato in questi anni anche da governo e maggioranza, che sempre più di frequente hanno richiesto al Quirinale pareri preventivi sottobanco, instaurando veri e propri negoziati sui testi, per non incorrere in "incidenti" di firma, con il risultato "presidenzialista" che alcune leggi e decreti vengono di fatto scritti sul Colle.

Come già con il decreto Englaro, anche stavolta l'intervento presidenziale, come emerge dalla verosimile ricostruzione di Ugo Magri su La Stampa, ha l'effetto di irrigidire le posizioni all'interno del Pdl e di restringere gli spazi per un compromesso tra maggioranza del partito e "finiani". Quindi, se la buona intenzione del presidente era quella di scongiurare il rischio di una crisi istituzionale che potesse compromettere la tenuta della maggioranza e quindi della legislatura, in realtà con la sua «bomba» di ieri da Malta non ha fatto altro che aumentare quel rischio. E infatti la giornata di ieri è finita con lo scontro tra Bondi e Fini, con quest'ultimo che si spinge a rivendicare il diritto al dissenso di fatto anche nel voto parlamentare, mentre fino ad oggi aveva assicurato di condividere il metodo della discussione e della decisione a maggioranza negli organi di partito.

Oggi lo sconfinamento di Napolitano è ancor più grave, perché si tratta non di un decreto ma di una legge, non del governo ma del Parlamento, cui sta praticamente dicendo: "Se non cambiate quella legge, non la firmo". Dalla facoltà di rinvio alle Camere si passa a un quasi diritto di veto preventivo, che in ogni caso condiziona i lavori parlamentari, trasforma il presidente in attore politico nel processo di formazione delle leggi, e in indebita sponda istituzionale per le forze politiche che spingono per cambiare od ostacolare il ddl. Un comportamento che conferma quanto già sospettiamo da tempo: quando al governo c'è Berlusconi, ci troviamo di fatto in una Repubblica semipresidenziale. Solo che al contrario che in Francia, la maggioranza uscita dalle urne è posta sotto la tutela di un presidente eletto indirettamente e dalla legislatura precedente. E di fronte a un governo di centrosinistra, il presidente ritorna ad essere un tranquillo notaio.

Thursday, July 01, 2010

Altro che Speaker "all'americana"...

Tutto si può negare delle critiche rivolte a Gianfranco Fini, ma è innegabile che sta mettendo la carica di presidente della Camera al servizio della sua personale linea politica di leader della minoranza interna del Pdl. E' vero che nessuno dei presidenti della Camera, almeno nella storia recente, ha rinunciato a fare politica, né al ruolo di leader di fatto del suo partito (come Casini e Bertinotti), ma nessuno si era mai permesso di attivarsi in prima persona per rallentare l'iter parlamentare di una legge, offrendo così una sponda istituzionale al legittimo ostruzionismo delle opposizioni, né di intervenire nel merito mentre il Parlamento ne sta ancora discutendo.

Non si è potuto opporre alla calendarizzazione del ddl intercettazioni per il 29 luglio, ma non è riuscito a trattenersi - cosa piuttosto insolita per il presidente di uno dei rami del Parlamento - dal manifestare tutto il suo disappunto per la decisione presa a maggioranza dalla conferenza dei capigruppo, definita un «irragionevole puntiglio». Al di là di qualsiasi considerazione di merito, non mi pare affatto bizzarro, né una forzatura, che la maggioranza voglia veder votato entro l'estate - dando comunque assoluta priorità alla manovra finanziaria - un provvedimento che Camera e Senato si palleggiano ormai da due anni. A meno che "lavorare" anche la prima settimana di agosto non venga ritenuto troppo faticoso per i nostri deputati.

E pensare che lo stesso Fini per ben due volte aveva pubblicamente definito il testo un «buon compromesso». Sia quello licenziato oltre un anno fa dalla Camera; sia quello uscito dal Senato frutto delle modifiche approvate "all'unanimità" dall'ufficio di presidenza del Pdl di poche settimane fa. La verità è che nonostante avesse spergiurato il contrario, proprio la "guerriglia" in Parlamento - anche su provvedimenti discussi e votati "all'unanimità" nelle sedi di partito - è la tattica di Fini e i suoi. Qualsiasi "voltafaccia" , purché serva allo scopo ultimo che è il logoramento di Berlusconi (che tra l'altro riesce benissimo a logorarsi da sé). Ed è solo l'inizio.