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Tuesday, October 19, 2010

Faccia di bronzo

Davvero una notevole faccia tosta quella di Fini. Anche noi siamo «delusi dalle promesse mancate di quella che nel 1994 appariva come una vera e propria rivoluzione liberale e modernizzatrice di cui purtroppo non si è visto fino a oggi alcuna traccia duratura». Ma è il colmo che a intestarsi il ruolo di portavoce di quella delusione sia addirittura Fini, che fino ad oggi si è distinto per un efficace contributo ad affossarla, ritardarla, annacquarla in ogni modo, quella "rivoluzione" promessa. Che si trattasse delle due-tre aliquote fiscali, della riforma della giustizia (in particolare, la separazione delle carriere), del lavoro e delle pensioni, o delle riforme istituzionali (vedi Bicamerale), o di federalismo, Fini era tra i molti, e a volte il principale, a mettersi di traverso. Sulla giustizia è ancora così, mentre gli altri temi di quella "rivoluzione liberale" berlusconiana sono stati nel tempo accantonati.

E' legittimo cambiare idea, ma le sue repentine e continue svolte e contro-svolte sono apparse puramente strumentali, al solo scopo di ergersi a controcanto di Berlusconi, di giocare da vera e propria spina nel fianco, ricostruendo la propria identità politica in opposizione al Cav. E a fronte di un legittimo percorso di "cambiamento", le manovre di Fini appaiono in tutto e per tutto immerse nelle logiche della Prima Repubblica, quando nella Dc le correnti minoritarie facevano di tutto per logorare il presidente del Consiglio di turno.

Sulla presunta volontà modernizzatrice di Fini una pietra tombale la getta, nella sua replica, Galli Della Loggia:
«Se per esempio il presidente della Camera avesse continuato a predicare la necessità del presidenzialismo con la forza e l'insistenza con cui l'ha fatto per tanto tempo, a nessuno oggi verrebbe in mente di collocarlo tra i custodi delle regole, dei tic e dei tabù della prima Repubblica. Ma non mi pare proprio che l'abbia fatto o che lo stia facendo. All'opposto, gli ammonimenti di inamidato buonismo e i precetti politicamente corretti che va dispensando regolarmente lo stanno rendendo degno del miglior Scalfaro d'annata».
E adesso Fini potrà appuntarsi al petto anche la "riabilitazione" che gli concede Adriano Celentano. Che il Corriere della Sera debba pubblicare una paginata intera dei deliri di Celentano dà la misura dei mala tempora qui currunt. Detto questo, se fossi in Fini mi preoccuperei di far parte del personale Pantheon del cantante in compagnia della Fiom, di Grillo, di Di Pietro e di Santoro. Celentano incorona Fini come il «Leader nuovo», «in grado di dialogare e mettere insieme, sulla via della LIBERTÀ e della DEMOCRAZIA, quello che di BUONO c'è, qua e là nei vari movimenti e partiti». E su «quello che di buono c'è» Celentano non ha dubbi: dalla protesta rispettosa (?) della Fiom alla «purezza» dei grillini, da Di Pietro a Santoro. D'altronde, «per essere nuovi - c'insegna il molleggiato - non c'è bisogno di cambiare la faccia, basta RISORGERE DENTRO». Risorto dentro: è questa l'immagine con cui Celentano eleva l'ex leader di An dalle fogne dei fascisti. Una riabilitazione un po' umiliante... Contento Fini...

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