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Monday, August 30, 2010

Uninominale sì, ma senza fare il gioco di ribaltonisti e proporzionalisti

Il dibattito sulla legge elettorale riprende, ma è del tutto ozioso e strumentale, perché non solo in Parlamento non c'è una maggioranza trasversale in grado di sostenere una riforma condivisa, ma come al solito neanche il Pd riesce a esprimere una posizione univoca. Tutto questo parlare della necessità di cambiare la legge elettorale, per quanto questa necessità sia fondata nel merito, serve solo a porre le basi "programmatiche" per un governo ribaltone in caso di crisi. Se ci fosse un minimo di serietà in tutto questo dibattito, infatti, il Pd non dovrebbe discutere di una legge elettorale da approvare senza la maggioranza - presupponendo quindi l'esistenza, o la ricerca, in Parlamento dei numeri per un ribaltone - ma essendo in minoranza dovrebbe proporre alla maggioranza scelta dai cittadini di discutere insieme (non contro di essa), senza pregiudizi né veti, di una riforma complessiva delle istituzioni, di cui a quel punto potrebbe far parte anche una nuova legge elettorale.

Se invece si chiude ogni prospettiva di dialogo sulle riforme, si lanciano sante alleanze per «liberarci» di Berlusconi e del berlusconismo, evidentemente si pensa di poter arrivare a una nuova legge elettorale a prescindere e contro l'attuale maggioranza, tramite un nuovo governo che sia frutto di un ribaltone. O forse il disegno è ancor meno ambizioso: si sa benissimo che non si troverebbe alcun accordo per una nuova legge condivisa tra gli attuali gruppi di minoranza, ma la sola necessità di cambiarla sarebbe il collante tra di essi, il pretesto da presentare al capo dello Stato per non andare subito alle urne in caso di crisi e quindi tirare a campare per qualche mese, forse anche un anno.

Qui non da oggi siamo a favore - e lo saremo sempre - dell'uninominale (associato però ad una forma di premierato o presidenzialismo). Ben venga quindi il nuovo appello bipartisan pubblicato sabato sul Corriere, ma gli uninominalisti dovrebbero prendere atto - e Angelo Panebianco nel suo editoriale di oggi ne sembra consapevole - che al momento parlare di legge elettorale, al di fuori di un discorso serio su una riforma complessiva delle istituzioni, rischia di essere un grimaldello che aprirebbe le porte ad un ritorno all'assetto della Prima Repubblica, con le coalizioni di governo che si formano in Parlamento dopo le elezioni. Non importa con quale sistema, ma dare agli elettori almeno la certezza di sapere in anticipo per quali alternative di governo vanno a votare, mi sembra ormai il minimo. E' comprensibile che D'Alema e Bersani preferiscano invece un sistema in cui Pd, sinistra e centro facciano il pieno di voti sulle rispettive "identità", per poi decidere solo dopo averli presi per quale progetto di governo impiegarli. Se loro auspicano che sia il Pd il perno di tali coalizioni di centrosinistra, Casini invece pensa che il suo "centro" sarebbe arbitro del sistema, potendo allearsi di volta in volta con la destra o con la sinistra, ma per entrambi è essenziale decidere dopo, e quindi un sistema elettorale che lo permetta.

Si può quindi interpretare il nuovo appello uninominalista nello spirito indicato da Panebianco, e cioè con lo scopo di «tenere viva un'idea di democrazia (maggioritaria, bipolare, tendenzialmente bipartitica) che pare tuttora più allettante dei disegni concorrenti» e «per ricordare a tutti che quando, fra qualche mese o qualche anno, verrà messa mano alla legge elettorale, con quella prospettiva si dovrà comunque fare i conti».

1 comment:

Anonymous said...

ma in quale articolo della nostra costituzione si stabilisce che l'italia è una repubblica "bipolare", di grazia?