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Thursday, June 04, 2009

Tienanmen è ancora qui

Oggi, 4 giugno, sono vent'anni dal massacro di Piazza Tienanmen, ma sembra ieri. E il volto, i volti, della dittatura cinese sono sempre gli stessi, nonostante gli enormi cambiamenti socio-economici. "Tiananmen Is Still Here" («Tienanmen è ancora qui»), dice Bao Tong, dai suoi arresti domiciliari a Pechino, al Wall Street Journal.
All of China's major social problems today arise from the influence of June 4... Tiananmen is still here. However, it's not a Tiananmen massacre, it's suppression in the style of a "little Tiananmen"... A "little Tiananmen" incident is using the police, using violence or using power to suppress the common people. This is happening everywhere... Every four minutes there is a protest with more than 100 people [Mr. Bao cites a report that estimates China sees 100,000 protests per year, up from 80,000 three years ago]... Using the police to resolve disputes has become so common, it's as normal as eating a meal or drinking tea. So how many "little Tiananmens" are there? How many little Deng Xiaopings are there?
Per Bao Tong la memoria di Tienanmen, la revisione storica di ciò che realmente accadde, l'ammissione degli errori e delle colpe, è vitale per il futuro della Cina:
You have to say it clearly: It's not a good system, it's a bad system. It has to be stated that the people who were killed were good people, and they shouldn't have been killed... We must announce that Tiananmen was a criminal action. That soldiers, from now on and forever, cannot oppose the common people. This gun cannot be pointed at the people.
Purtroppo, a vent'anni da quel crimine, Bao Tong ammette che il regime è più al sicuro oggi, la minaccia al potere del partito unico minore di quanto lo fosse all'epoca:
At that time, people could say Mao Zedong was wrong. Today, they can't say Deng Xiaoping was wrong. The spread of the Internet is a good thing, but it is also a bad thing. Because in the hands of the government, it becomes a tool for brainwashing.
Pechino mantiene il suo controllo sul popolo cinese con la crescita economica, concedendo sussidi, assicurando da mangiare.
China can survive. But China will not be able to resolve the fundamental conflict between the government and the people... In the long-term view, it's a big problem.
Un grosso problema la cui unica soluzione è la democrazia parlamentare. E la via cinese alla democrazia, secondo Bao Tong, potrebbe essere un sindacato indipendente, come Solidarnosc in Polonia:
Some people say China has its own unique characteristics and should follow its own path. I don't believe that. As I see it, China uses the same light bulbs as the rest of the world. They aren't light bulbs with Chinese characteristics... Let the peasant workers form their own unions, and have their own elections.
Anche le pressioni internazionali contano:
I want the international community, when looking at China, to put China's human-rights record in the spotlight. If a government doesn't take responsibility for its own people, it can't take responsibility on the international stage.
La speranza del cambiamento viene tenuta viva anche dagli imprenditori e dal nuovo ceto medio, ma solo da parte di essi, spiega Bao Tong:
There are two types of entrepreneurs: One type relies on himself and his own strength. Another type relies on the government, connections and backdoor favors. These two types of entrepreneurs have different hopes for China's future. Those who depend on the government's wealth, they like one-party rule... But independent entrepreneurs, who rely on their own ability to compete in the market - what they really want is equality and for the same rules of the game to be applied to everyone. Of course they cannot live very happily in a one-party state. What they want, I believe, is also parliamentary democracy. It's just like Zhao Ziyang said: Only parliamentary democracy can really complement a market economy.
Con l'avvicinarsi dell'anniversario a Bao Tong è stato proibito qualsiasi contatto con i media dopo questa intervista al WSJ e, per maggior sicurezza, "invitato" a lasciare Pechino per alcuni giorni.

Su Asianews, le riflessioni di Wei Jingsheng:
Quale potere ha invece incoraggiato il popolo cinese fino a rischiare le loro vite in un confronto con il governo dittatoriale, equipaggiato di carri armati e di mitragliatrici? È la libertà. La sete di libertà e quel poco spazio di libertà di parola durato due mesi ha prodotto il grande coraggio del mio popolo.
E mentre le autorità "commemorano" Tiananmen con arresti, siti internet oscurati, e controlli sui turisti, è uscito in inglese, ne avevo parlato qualche giorno fa, il libro di memorie di Zhao Ziyang, segretario del Partito comunista cinese all'epoca della sanguinosa repressione, colui che dall'interno del regime sosteneva il dialogo con gli studenti. Andò diversamente, come sappiamo. Vi consiglio vivamente la "pre-recensione" di 1972, come al solito impeccabile:
Ovviamente salva se stesso, contrapponendo la sua mentalità aperta e riformatrice alle chiusure dei vertici. Ma al di là del punto di vista comprensibilmente soggettivo, il documento storico è di una importanza epocale, se si considera che oggi in Cina l'argomento è di fatto bandito dalla discussione politica e che la versione ufficiale delle proteste democratiche come "disordini controrivoluzionari" resta l'unica accettata... Sugli studenti il suo giudizio rivela alcuni problemi di interpretazione: secondo lui la più grande richiesta di libertà nella storia cinese si poteva risolvere con alcune piccole correzioni degli errori di gestione. Non volevano il rovesciamento del sistema, afferma, ma la sua rettifica. Risulta difficile credere a questa versione, che probabilmente fu quella con cui lo stesso Zhao provò a convincere il Politburo, finché gli fu permesso, a non usare la forza contro i civili e che finì per assimilare come la unica realtà. Qui emerge un aspetto della figura di Zhao Ziyang che sarebbe un errore non sottolineare: nonostante la sorte comune, gli arresti domiciliari, Zhao non era un Aung San Suu Kyi cinese. Non era un leader di opposizione, nemmeno di una fazione interna al Partito. Era un membro di primo piano di quello stesso Partito che nelle sue memorie critica così aspramente e non ne uscì finché non fu spodestato. Era un uomo che certamente non voleva sparare agli studenti ma che comunque voleva salvare il Partito e il suo potere. E' per questo che ciò che più sorprende nelle sue memorie è, a mio avviso, il suo riconoscimento del valore della democrazia parlamentare come unico strumento possibile per il governo della nazione cinese: il suo richiamo alla necessità di un sistema multipartitico, della libertà di stampa e di un giudiziario indipendente, potrebbero essere tranquillamente sottoscritti dai promotori della Charta 08, il documento che lo scorso dicembre ha scosso la scena politica cinese... Quando si parla del governo cinese va sempre tenuto presente che senza Tiananmen, senza quel bagno di sangue, gli attuali detentori del potere non sarebbero oggi dove sono. L'attuale classe dirigente che regna a Pechino è figlia di quel massacro, e chi fa finta di dimenticarselo rende uno scarso servizio alla verità. Il ventennale della strage era già un grattacapo non da poco per Hu Jintao e compagnia. Con Zhao che parla dalla tomba rischia di diventare un piccolo grande incubo.

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