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Thursday, June 25, 2009

Il massacro di Piazza Baharestan e il ritorno di Mousavi

Ieri il massacro (le testimonianze, raccapriccianti, su PajamasTV, la Repubblica e il Giornale). Khamenei, come dicevo ieri, sembra aver tolto qualsiasi freno alle milizie, che si sono scatenate. Un brutto segno, perché può significare che si sente sicuro del suo potere, che l'offensiva dietro le quinte di Rafsanjani è stata per ora respinta, e che il regime ha al suo interno l'unità e la compattezza per permettersi di usare la violenza senza limiti. Oppure, che il numero dei manifestanti in strada è sceso a poche centinaia, tale da rendere fattibile una repressione più brutale.

Oggi sappiamo qualcosa di più sulla situazione di Mousavi. Secondo alcuni blog e il sito riformista Nasimfarda, sarebbe agli arresti domiciliari e tutti i suoi collaboratori sarebbero stati arrestati: «Il governo sta cercando di isolarlo completamente dal popolo riformista che sta manifestando». Due giorni fa è stato chiuso il quotidiano da lui diretto e i 25 giornalisti che vi lavoravano sono stati arrestati. Anche 70 professori universitari sono stati arrestati, dopo aver partecipato a un incontro con Mousavi.

Ma è lo stesso Mousavi finalmente a farsi sentire e a denunciare, in una dichiarazione apparsa sul suo sito ufficiale - e riportata dall'AP - che il suo «accesso alla popolazione è stato completamente limitato» dalle autorità e che i suoi due siti internet hanno «molti problemi». Mousavi denuncia inoltre di aver subito «pressioni», per indurlo a ritirare la richiesta di annullamento delle elezioni e spiega che a causa del crescente isolamento, gli attacchi verbali contro di lui sono aumentati, comprese le accuse di essere in combutta con potenze straniere. Ma nella sua dichiarazione Mousavi assicura di non voler mollare: «Non mi fermerò nella mia battaglia per i diritti del popolo iraniano, né per interessi personali, né per la paura delle minacce».

«Non posso cambiare il nero in bianco e il bianco in nero... Non è la soluzione aspettarsi da me che dica qualcosa in cui non credo». E, aggiunge, «insisto sul fatto che protestare contro i risultati delle elezioni presidenziali è un diritto stabilito dalla Costituzione». «Chi è dietro ai brogli elettorali è responsabile del bagno di sangue», accusa Mousavi. Anche Karroubi, l'altro candidato di opposizione, ha dichiarato che non accetta i risultati elettorali e che quindi considera «illegittimo» il nuovo governo, insistendo che «a causa delle irregolarità il voto dovrebbe essere annullato».

Ma intanto, all'interno del regime, la frattura non sembra ancora essersi ricomposta. Secondo alcuni giornali iraniani, sarebbero addirittura 185 su 290 (i due terzi) i parlamentari che hanno deciso di non partecipare alle celebrazioni per la vittoria di Ahmadinejad, mentre l'ayatollah Montazeri si è espresso a favore dei manifestanti: «Se il popolo iraniano non può rivendicare i suoi diritti legittimi in manifestazioni pacifiche e viene represso, la crescita della frustrazione potrebbe arrivare a distruggere le fondamenta di qualsiasi governo, non importa quanto forte», è la dichiarazione inviata via fax all'AFP, in cui si rivolge anche alle autorità: «Tornate a ragionare e non allontanate il popolo dallo Stato e dalla religione islamica. Sicuramente la vostra condotta non giova all'Islam e macchia la nostra religione. Saranno tante le persone che, osservando il vostro operato, sotto il nome dell'Islam, si allontaneranno dalla religione. Riflettete prima che sia troppo tardi».

Un'altra figura religiosa di spicco della città santa di Qom, l'ayatollah Tabrizi, vicino a Rafsanjani, sfida l'autorità del Consiglio dei Guardiani, dicendo che «non è un organo indipendente e neutrale per potersi permettere di verificare l'esistenza di possibili brogli elettorali», e sostenendo la proposta di Mousavi di formare «un comitato saggio e neutrale, capace di verificare la regolarità delle elezioni, garantendo così il diritto di rappresentanza dei cittadini».

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