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Tuesday, June 09, 2009

E' il tempo delle riforme

Le amministrative, dove l'astensionismo è stato molto minore, hanno confermato ciò che dicevamo ieri: il risultato deludente del PdL alle europee (deludente rispetto alle aspettative più che al confronto con le passate elezioni - 2008 e 2004), si deve al forte astensionismo, soprattutto al Sud e nelle Isole, dove il PdL supera abbondantemente il 42%. Alle amministrative non solo il PdL va meglio ma ottiene insieme alla Lega una vittoria landslide, ribaltando la situazione del 2004 che vedeva il centrosinistra dominare 50 a 9. Oggi il centrosinistra conserva solo 14 province, PdL e Lega ne conquistano 26, 15 delle quali - Napoli e Bari comprese - erano governate dal Pd. Al ballottaggio vanno 22 province, tra cui Milano, Torino e Venezia.

Quanto ai 30 comuni capoluoghi di provincia si passa da un 24 a 6 per il centrosinistra nel 2004 ad un 9 a 5 per il centrodestra dopo il primo turno, mentre 16 vanno al ballottaggio. Anche qui moltissimi comuni, tra cui 6 capoluoghi, controllati dal centrosinistra passano a PdL e Lega. Il Pd tiene in Emilia e Toscana, ma è costretto al ballottaggio sia a Bologna che a Firenze.

Riguardo alle europee vorrei aggiungere due considerazioni. Innanzitutto, ho già sentito due volte in due trasmissioni diverse Casini festeggiare perché dal voto delle europee il bipolarismo uscirebbe con le ossa rotte. E non ho ancora sentito nessuno fargli notare che anche alle europee, nonostante gli elettori non fossero influenzati dal "voto utile" per la conquista del governo, i partiti che sono riusciti a superare lo sbarramento del 4% sono gli stessi 5 che ci sono riusciti alle politiche. Non era affatto scontato. Inoltre, il tipo di elezione determina il comportamento nelle urne degli elettori, come dimostra il voto in Gran Bretagna e in Francia, sistemi che dopo le europee si stenterebbe a definire bipartitici.

In Francia il partito del presidente Sarkozy, l'UMP, perde oltre 10 punti rispetto alle politiche ma va ben oltre le aspettative, conquistando il 27,8% dei voti. Il Partito socialista è raggiunto al 16% dai verdi. E poi ci sono sempre il partito centrista di Bayrou sopra l'8 e Le Pen. In totale 7 liste superano il 4% e conquistano dei seggi al PE. In Gran Bretagna - dove nessuno alle legislative, nonostante ai liberali sia capitato di rimanere senza seggi anche con il 23%, si permetterebbe di dire che non è un sistema democratico - i conservatori hanno preso solo il 27% dei voti, il Labour è caduto al 15% ed è stato superato come secondo partito dagli euroscettici del partito per l'indipendenza (dall'Ue), UKIP, che ha toccato il 16%. I liberali e i verdi sono andati forte, prendendo gli uni il 13,3% e gli altri l'8,4%. Per la prima volta ha conquistato seggi anche il British National Party di Nick Griffin, con il 6% dei voti. Sei partiti, anche qui più che in Italia, hanno superato il 4% ed eletto loro rappresentanti al Parlamento europeo, ma nessuno dubita che alle prossime politiche torneranno a vedersela conservatori e laburisti. Certo, loro hanno un sistema uninominale e noi no, ma mi sembra troppo presto per parlare di crisi del bipolarismo, solo perché l'Udc, pur non aumentando i suoi voti reali cresce in percentuale grazie all'astensione.

Secondo. Tutti i giornali europei celebrano le vittorie di Sarkozy e di Angela Merkel. Il presidente francese si ferma al 27,8% (dal 39,5 del 2007), la Cdu-Csu della cancelliera tedesca arriva al 37,2%. Il 35,3% del PdL, con ben 9 punti di distacco sul principale partito di opposizione, rappresenta una vittoria del tutto paragonabile. Nessuno si sognerebbe di sostenere che Sarkozy ha perso, o ha «frenato», ben sapendo che l'astensionismo, dovuto alla disaffezione dei cittadini per le istituzioni europee, e il tipo di elezione sono la causa del calo dell'UMP. E' anche vero, però, che nel caso del PdL Berlusconi stesso e i suoi, come fa notare oggi Feltri, ci hanno messo del loro nel creare false aspettative. Un «delirio», secondo il direttore di Libero, a cui è seguito un brusco «risveglio» e il ritorno «dal sogno alla realtà»:
«Lo stato d'animo degli sconfitti ha tolto il sorriso ai dirigenti PdL, e per i furbacchioni progressisti è stato un gioco da ragazzi assumere l'aria e gli atteggiamenti dei vincitori benché il loro principale partito, il Pd, abbia perso addirittura sette punti. In pratica si sono rovesciate le parti in commedia: i berlusconiani, che hanno smarrito pochi consensi, si sono sciolti in lacrime; i democratici che ne hanno smarriti una caterva si sono prodotti in salti di gioia. Paradossale. Ma tant'è. Il Cavaliere incupito se ne sta rintanato ad Arcore a meditare sulla mancata apoteosi...»
La causa del calo di consensi, oltre alle campagne gossippare, secondo Feltri è da rintracciare nel fatto che «Silvio si è interronito e ciò ha infastidito molta gente del Nord che ha ripiegato sulla Lega, cui è attribuita una maggiore sensibilità verso la questione settentrionale». Vedremo.

Tra le analisi politiche del voto mi convincono quella di Panebianco...
«Il vero luogo della competizione è, al momento, tutto interno all'area di governo. E la cosa è preoccupante. A lungo andare, non fa bene alla democrazia la presenza di una opposizione democratica debolissima, in crisi di idee e di identità e che, troppo spesso, non sa trovare toni e argomenti che la rendano una plausibile alternativa di governo».
... e quella di Arditti, direttore del quotidiano Il Tempo:
«La maggioranza porta a casa un buon risultato, che sarebbe ottimo se soltanto il premier avesse evitato di fare il "fenomeno", lasciandosi andare a previsioni di consenso per il PdL (tra il 40 ed il 45%) che erano certamente nei suoi auspici, sempre votati all'ottimismo, ma sinceramente impensabili nelle condizioni in cui si è svolta la campagna elettorale, sia per il tipo di consultazione, priva di un obiettivo chiaro di "conquista" da proporre all'elettorato, sia per la persistenza di una pesante campagna di stampa contro il premier».
Anche perché, avverte intelligentemente Arditti, «questo non significa che va tutto bene... Ora Berlusconi è chiamato alla sfida del governare... L'Italia continua ad avere fiducia nel suo premier, ma nessuno ha pazienza infinita. La pochezza in casa Pd non deve però essere un alibi. È il momento di osare. Basta volerlo». E' il tempo delle riforme, perché prima o poi gli italiani presenteranno anche a Berlusconi il conto su come ha impiegato i suoi anni al governo.

1 comment:

Hiro said...

ho letto con piacere il tuo post, una analisi che mi è piaciuta, soprattutto il confronto con altri paesi europei, visto che di europa se ne è parlato pochino, in queste elezioni.
solo il finale mi lascia dubbioso: non mi risulta che in italia si sia mai presentato il conto a nessuno, in politica. siamo o non siamo il paese dalla memoria corta?