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Thursday, May 14, 2009

Rinunciando a Brunetta il governo rinuncia alle riforme

Gli organi di stampa, i più "autorevoli" commentatori e retroscenisti politici, nonché l'opposizione, sono tutti concentrati sul "caso Lario", sui presunti estremismi della Lega, sulle uscite di Fini, come possibili crepe all'interno della maggioranza e quindi fattori di un possibile calo dei consensi di cui gode ad oggi il governo. Ma il primo vero scossone alla sua popolarità potrebbe assestarselo il governo stesso.

Da Libero:
Renato Brunetta è pronto a dimettersi. «Ho messo a disposizione il mio mandato, in questo momento non so se sono ancora ministro», dice il responsabile della Pubblica amministrazione. Non fa nomi, ma la polemica è con il ministro dell'Economia, Giulio Tremonti. Anche se il vero destinatario dello sfogo, ovviamente, è Silvio Berlusconi. Il motivo del contendere è politico: ci sono «resistenze» al decreto legislativo che dovrà attuare la riforma della pubblica amministrazione, il provvedimento al quale Brunetta tiene di più. E queste «resistenze», ha detto ieri Brunetta a Fiuggi, al congresso dei dipendenti pubblici della Cisl, «non arrivano dal sindacato, ma dall'interno del mio governo». Due, in particolare, le novità su cui Tremonti si è messo di traverso. La prima, più importante, è l'autorità che dovrà valutare l'efficienza dei dipendenti statali. La seconda è l'introduzione della "class action" nella pubblica amministrazione.
E' un governo finora responsabile, pur nell'immobilismo a cui la crisi ha fornito un alibi. Basti pensare a Tremonti e a Sacconi, che in ogni occasione ripetono che in tempi di crisi è meglio non toccare nulla, non fare riforme che potrebbero generare caos e panico. L'unica vera iniziativa di riforma, quella di gran lunga più compresa dall'opinione pubblica e più popolare, è stata fino ad oggi quella di Brunetta nella pubblica amministrazione, come dimostrano i consensi che il ministro miete nei sondaggi. Ebbene, se il governo decidesse di buttare al vento questa opportunità, le grandi aspettative create da Brunetta, subirebbe a mio avviso un duro contraccolpo d'immagine. Si potrebbe in quel caso parlare davvero dell'inizio della fase discendente, dell'inizio della fine di questa lunga luna di miele con il paese.

Ad oggi può permettersi di essere un governo così poco riformista perché c'è la crisi economica come alibi, ma Berlusconi i voti li ha presi non per gestire l'esistente. I suoi elettori, o gran parte di essi, si aspettano cambiamenti e fra quattro anni (opposizione permettendo) è sui cambiamenti che giudicheranno il terzo governo Berlusconi. Rinunciare alle idee di Brunetta sulla pubblica amministrazione vorrebbe dire perdere, senza neanche combattere, la battaglia per l'efficienza e per la riduzione dei costi, cose che stanno molto a cuore ai cittadini. Per la prima volta Berlusconi non apparirebbe come il "leader del fare" bloccato dalle opposizioni, dai sindacati, o dal presidente della Repubblica, ma responsabile lui stesso di aver bloccato chi, come Brunetta, voleva "fare".

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