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Friday, May 08, 2009

L'idea della rappresentanza: né casting né concorso

Curioso che sia l'opposizione a deviare l'attenzione dell'opinione pubblica dall'operato del governo e dai temi che interessano davvero i cittadini, per alimentare una campagna moralistica sulle debolezze private (vere o presunte) del premier, che con ogni probabilità finirà per rivelarsi come l'ennesimo atto di autolesionismo. E' sulle veline, sulle battute e sulle frequentazioni del premier che il Pd, ovviamente l'IdV, e altri partiti minori sedicenti "laici e liberali", stanno conducendo queste prime fasi di campagna elettorale per le europee.

Persino Massimo Franco, non certo quinta colonna berlusconiana, oggi sul Corriere osserva che «sta emergendo una strategia tesa ad assegnare a Berlusconi un ruolo che prescinde dalla sua azione governativa; anzi, in qualche misura la fa passare in secondo piano, esaltando aspetti personali che si ritiene l'opinione pubblica possa percepire come negativi». Il rischio per il Pd è che l'opinione pubblica invece si convinca che sia l'opposizione a cercare «un'occasione, si vedrà se maldestra o ben scelta, per parlare d'altro», nulla potendo di fronte ai successi del governo. Operazioni che, avverte Franco, «le urne in passato hanno frustrato ripetutamente».

Ormai qualsiasi politico che si rispetti dovrebbe aver imparato che ogni polemica che prenda di mira Berlusconi sul personale ha un plot già scritto e personaggi assegnati. Da una parte c'è lui, il Cav, che comunque la si pensi riesce ad incarnare agli occhi della stragrande maggioranza dei cittadini i panni dell'italiano medio, pop, con i suoi vizi e le sue virtù, un po' simpatica canaglia ma anche sveglio e svelto al governo. Insomma, uno vivo. Dall'altra, i "parrucconi", che sanno benissimo denunciare i vizi e le debolezze umane dall'altra parte della barricata, ma non vedono al di là del loro naso in casa loro.

O di qua o di là. Per quanti distinguo si possano fare, queste polemiche si trasformano sempre in altrettanti referendum sulla persona di Berlusconi e sappiamo tutti come vanno a finire. Chi volesse attaccare Berlusconi per i suoi vizi (o gusti) e le sue vicende private senza passare per antiberlusconiano è chiamato ad un'ardua impresa: spiegare con dovizia di argomenti razionali, e non moralisteggianti, cosa c'entrano con la politica e quali danni recano al paese. Compito difficile, ma necessario, se non si vuole finire a riempire la già folta schiera degli antiberlusconiani battuti e strabattuti. A fare del moralismo sono buoni tutti, ma tutti hanno da perderci. Ad Avvenire, per esempio, ha risposto Brunetta (come hanno trattato i vescovi lo scandalo dei preti pedofili?).

Ma c'è una questione che mi preme toccare. Quella della selezione della classe politica, e quindi, della rappresentanza. Qual è l'idea della rappresentanza democratica che esprimono i promotori della polemica sulla candidatura (rimasta presunta) delle veline? Fare futuro ha sollevato meritoriamente il tema, ma a mio avviso in modo sbagliato, e oltre tutto non sgombrando il sospetto che si volesse imbarazzare il premier su commissione di Fini. Oggi il direttore, Alessandro Campi, intervistato da La Stampa, osserva che l'«accesso alla sfera pubblica», il «ricambio delle classi dirigenti», non dovrebbero essere regolati come un «casting televisivo», o seguire criteri estetici e di simpatia, ma dovrebbero «premiare la competenza e la dedizione».

Bene, bravo, bis. Il discorso però per essere onesto dovrebbe innanzitutto essere allargato a tutti i partiti. A ben vedere i criteri di selezione non mi garantiscono né su Mara Carfagna né su Marianna Madia. E se qualcuno volesse curiosare tra le registrazioni delle sedute parlamentari avrebbe qualche sorpresa. Se può scandalizzare la candidatura di una bella donna di spettacolo che magari il leader si è portato a letto, come elettore non mi garantisce certo la candidatura di un oscuro funzionario di partito che per tutta la vita non ha fatto altro che passare (o imbrogliare) carte, o della ex del figlio del presidente della Repubblica.

Qualche giornale si è preso forse la briga di dare un'occhiata alla lista dell'Udc, ormai diventata la succursale della famiglia Caltagirone? Roberto Carlino di Immobildream ("Uno di casa", bisogna vedere casa di chi) ed Emanuele Filiberto (conosce metà dei regnanti europei, e dell'altra metà è parente, ci tiene a farci sapere), offrono maggiori garanzie di una velina? Qualcuno forse si preoccupa dello spessore culturale (e degli autentici "sfondoni") del personale politico portato in Parlamento da piccoli partiti che rivendicano da anni di avere una classe di governo bell'e pronta? Qualcuno ha forse notato partiti-suoceri, partiti-famiglia, o persino partiti-setta?

Campi se la prende con la «personalizzazione» della politica, rimpiangendo il ruolo dei partiti, quando la personalizzazione è la soluzione, non il problema. Personalizzare, certo, ma a tutti i livelli. Chi si lamenta della selezione della classe politico-parlamentare ma non sostiene, e non solo a parole, un sistema elettorale uninominale, non ha le carte in regola per lamentarsi. E' dai singoli collegi uninominali che nasce quella personalizzazione che "costringe" i partiti (tramite le primarie o tramite selezione interna) a fare i conti con il territorio, ad adottare come criterio se non unico almeno prevalente la presentabilità e la rappresentatività dei candidati. E a pagare i propri errori con la perdita del seggio.

«Chi è chiamato ad assegnare una carica pubblica dovrebbe farlo con criteri che prescindono da legami di parentela, di simpatia, da questioni individuali», osserva Campi. Dipende. Se si tratta di una carica elettiva io sono per far scegliere gli elettori. Non m'importa né della «competenza», né della «dedizione», né tanto meno dell'anzianità di partito. Se è democratica la rappresentanza prescinde anche da quei criteri. Va bene la velina, l'incompetente, l'ex terrorista, il lobbista, l'immobiliarista. Va bene tutto, purché siano gli elettori a scegliere per davvero: con l'uninominale. Con l'uninominale scegli il singolo rappresentante; con il proporzionale il partito, e tutt'al più il suo leader.

«Si va verso forme di trasmissione del potere di tipo monarchico. Con le corti. Col potere che diventa un fatto di famiglia, da trasmettere da padre in figlio», teme Campi. Non ne sarei così sicuro. Negli Stati Uniti, a cui si riferisce con gli esempi di Kennedy, Bush e Clinton, Campi è stato smentito dall'elezione di Obama, che ha battuto la superfavorita Hillary. In Italia, poi, ho l'impressione che Berlusconi non avrà eredi politici (né li vorrà), perché il suo è un potere più carismatico che "monarchico". Se poi Fare Futuro ha sollevato tutto questo solo per convincerci che la successione spetta a Fini in quanto politico "professionista", be', allora non facciamo fatica a capire come mai il discorso non sia stato ben impostato. Rappresentanza vera! Uni-no-mi-na-le!

4 comments:

Franco Zanette said...

Ho già commentato un post di Luca Sofri sull'argomento (se vuoi ti giro la nota) e qui ribadisco il concetto: in una democrazia va in Parlamento chi prende più voti e non chi sia in teoria più competente, altrimenti a Montecitorio ci sarebbero soo Premi Nobel, cardiochirurghi, docenti universitari ecc. Io sono antiberlusconiano, mia moglie di destra, insgnante di inglese. Quando discutiamo mi dice: vedi, la Moratti era Ministro dell'Istruzione ed era comptenete in quanto docente, mentre Fioroni è un medico quindi non ci azzecca per niente con l'Istruzione. Ed io a ribadire il concetto di cui sopra.
Altro caso: Zaia è laureato in Agraria ed è giustamente Ministro delle Politiche Agricole, la Carfagna non so che curriclum abbia: magari farà meglio di tanti altri, staremo a vedere. Il punto è che nè Zaia nè la Carfagna li ho votati io (non perchè di sx ma in quanto elettore). Zaia paradossamente serviva alla Lega per 'tappare' una poltrona; di fatto con questa lege elttorale io voto Berlusconi (vedi le Europee) ma poi la poltrona va al Cappellacci o alla 'Viviana fagliela vedere' di turno che in lista è al sceondo, terzo o quarto posto. Cappellacci chi è dite? Beh, presidente della Sardegna ma scommetto che molti nonse lo ricordano perchè de facto si è fatto un referendum sul solito Silvio. Vedi, se in Veneto mi candido io con il supporto del Berlusca vinco sicuramente. Non credi?

Anonymous said...

Be, si batte la fiacca? Vogliamo un post dedicato alla sparata sull'Italia che non deve essere multietnica, vogliamo vedere come te la cavi.

Milton Evola Von Hayek

Anonymous said...

silvio a 'sto giro, parlo della multietnicità, ha toppato e gli dedico un mio caloroso vaffanculo.

però vorrei sottolineare la campagna che il pd sta portando avanti, ad esempio, tramite il blog del dott. ing. comm. pokerista adinolfi mario.

è morale, quella?

nel merito del post: la sinistra sta alla frutta.


io ero tzunami

hamelin said...

Mah, a me sembra che le uniche veline siano quelle che in questo blog si spacciano per commenti autorevoli et referenziati.
Peraltro non si capisce che cosa diamine c'entri l'uninominale, visto che probabilmente sia alla Madia sia alla Carfagna avrebbero affidato un collegio e gli elettori le avrebbe ingoiate per non far vincere il candidato premier avversario.