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Wednesday, May 06, 2009

Le sfide di Cina e Russia alla "mano tesa" di Obama

Da quando il presidente Obama ha inaugurato la politica della "mano tesa" nei confronti dei rivali e dei nemici dell'America, almeno due grandi potenze, la Cina e la Russia, stanno mantenendo un atteggiamento di sfida nei confronti degli Usa. Non una sfida su larga scala, a 360°, ma limitata a particolari issues, apparentemente secondarie. Russi e cinesi non intendono mettere a repentaglio i loro rapporti con Washington, che nel complesso si avviano verso i livelli di una partnership strategica ed economica, ma mirano a sfruttare l'occasione offertagli dalla buona disposizione della nuova amministrazione Usa per ottenere vantaggi concreti nelle loro rispettive sfere d'influenza, per guadagnare posizioni di forza ai confini dei loro "imperi", contando sul fatto che Washington non farà la voce grossa, dal momento che per ora Obama ha manifestato chiaramente l'intenzione di mostrare solo il "volto buono" dell'America. In questa ottica vanno interpretate le provocazioni di Pechino nel Mar Cinese Meridionale e quelle russe in Georgia.

Per la seconda volta in meno di due mesi delle imbarcazioni cinesi, ufficialmente pescherecci, hanno minacciato una nave militare americana con delle «manovre pericolose». L'episodio, verificatosi a circa 113 km dalle coste cinesi, è stato denunciato da un portavoce del Pentagono, al quale ieri ha duramente risposto il Ministero degli Esteri di Pechino: «La nave americana Victorious ha violato le leggi e i regolamenti internazionali e cinesi entrando nella zona economica esclusiva della Cina senza approvazione». Esprimendo «inquietudine» per l'accaduto, Pechino ha chiesto agli Stati Uniti di «prendere le misure necessarie al fine di evitare che in futuro si ripetano simili incidenti». Quella che per gli Usa è a tutti gli effetti una «provocazione» in acque internazionali, per la Cina è una violazione delle sue acque territoriali. Anzi, addirittura di una sua pretesa «zona economica esclusiva».

Un incidente simile era già avvenuto lo scorso 7 marzo, circa 120 km a sudovest dell'Isola di Hainan, quando 5 navi cinesi avevano circondato la nave Usa Impeccable, costringendola a manovre di emergenza per evitare la collisione. All'origine di questi "incidenti" la disputa su un tratto di mare strategico dal punto di vista commerciale (vi passa un intenso traffico e oltre la metà del petrolio del mondo). Le acque intorno alle Isole Spratly e Paracel, ricche di gas, petrolio e pesce, nonché potenziali mete turistiche, sono contese anche da Filippine, Vietnam e Taiwan. Di basso profilo, affidata a un portavoce, la reazione americana all'ennesima provocazione cinese. Il che a lungo andare potrebbe essere interpretato a Pechino come il segnale che Washington alla lunga sarebbe disposta ad accettare la sovranità cinese su quel tratto di mare.

Venendo alle provocazioni russe, il governo di Tbilisi ha accusato esplicitamente il Cremlino di essere dietro l'ammutinamento di un reparto militare nella base di Mukhrovani, a 30 km dalla capitale, che secondo i primi interrogatori sarebbe dovuto culminare in un colpo di stato e nell'assassinio dello stesso presidente georgiano Saakashvili. Il ministro della Difesa ha spiegato che non si è trattato di una semplice ribellione, ma di «un tentativo di colpo di stato militare», il cui obiettivo era la destabilizzazione del paese alla vigilia della firma dell'accordo di partnership tra la Georgia e l'Ue e dell'avvio delle esercitazioni militari della Nato su territorio georgiano. Il presidente Saakashvili ha puntato l'indice contro il Cremlino, chiedendo di «smetterla con le provocazioni». Dura la reazione di Mosca alle accuse georgiane, definite «folli e ridicole». Ma le prime parole filtrate erano state ancora più pesanti: Saakashvili dovrebbe «farsi curare», avrebbe detto il presidente Medvedev secondo le fonti di alcune agenzie russe.

Proseguono anche le scaramucce tra Russia e Nato. Il ministro degli Esteri russo Lavrov ha cancellato la sua partecipazione al prossimo Consiglio Nato per protestare contro le esercitazioni militari dell'Alleanza in Georgia, che iniziate ieri proseguiranno per oltre un mese. Mosca inoltre ha espulso due diplomatici Nato di nazionalità canadese, in risposta all'espulsione, decisa giorni fa dal segretario generale dell'Alleanza atlantica, Jaap de Hoop Scheffer, di due diplomatici russi accreditati presso il quartier generale di Bruxelles accusati di essere implicati in attività di spionaggio.

Anche qui sorprendono l'estrema prudenza e il basso profilo mantenuti a Washington. Per il Pentagono l'ammutinamento sarebbe «un episodio isolato», che dev'essere ancora valutato con attenzione ma che comunque «non cambia i rapporti di lungo termine con la Georgia». Di fronte a una denuncia così grave come quella di un golpe dietro cui ci sarebbe il Cremlino, due sono le cose: o Saakashvili è davvero un "pazzo" come dicono i russi, e allora la Casa Bianca dovrebbe rivedere i rapporti con il suo governo; o nelle sue accuse c'è del vero, ma allora la reazione alle provocazioni di Mosca dovrebbe essere molto più decisa. Anche qui il rischio è di dare ai russi l'impressione di poter tornare a controllare le repubbliche ex sovietiche.

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