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Wednesday, March 11, 2009

In Francia c'è la delega, non l'esproprio del voto

Che le farraginose e pletoriche procedure cui si attiene il nostro Parlamento nella sua attività legislativa siano antiquate e inadeguate ai tempi di oggi, è fuor di dubbio; che i regolamenti parlamentari, e lo stesso assetto bicamerale, necessitino di un aggiornamento per rendere più efficienti le Camere, quindi anche per rafforzarle, e al tempo stesso per formalizzare il ruolo dell'opposizione, è anche questo innegabile.

Ma la proposta evocata ieri da Berlusconi è inammissibile dal punto di vista costituzionale e democratico. Attribuire ai capigruppo il diritto di votare per tutti i membri del loro gruppo significherebbe togliere il diritto di voto agli eletti. Una proposta senza senso, tra l'altro, visto che si può ottenere ugualmente il risultato di velocizzare e semplificare le operazioni di voto semplicemente riducendo, anche dimezzando, il numero dei parlamentari, come da tempo e da più parti auspicato.

Se il premier invece avesse solo voluto riferirsi a quanto ricordato poco prima dal ministro Frattini, chiamato in tribuna al suo fianco, allora avrebbe del tutto equivocato. Di sicuro c'è stato il solito corto-circuito mediatico. Frattini ha in qualche modo fornito un precedente, il caso francese, alla proposta di Berlusconi? Dalle dichiarazioni che sono seguite alla "boutade" di Berlusconi e persino dal dibattito proseguito in tv, sembrava quasi di capire che in Francia da mezzo secolo votano i capigruppo al posto dei parlamentari. Che c'è di strano o antidemocratico nella proposta di Berlusconi, in Francia è così da quarant'anni...

Ma ciò che è previsto da quarant'anni nel Parlamento francese è tutt'alto: è la possibilità del voto per delega, rigidamente regolamentato. E' il singolo parlamentare che volontariamente delega il suo voto, non il capogruppo che si alza e vota per tutti.

Dopo aver sancito che «il diritto di voto dei membri del Parlamento è personale», la Costituzione francese ammette in via del tutto eccezionale la «delega del voto», purché autorizzata e regolamentata da una «legge organica». E' l'ordinanza n. 58-1066 del 7 novembre 1958 a recare la «legge organica che autorizza eccezionalmente i parlamentari a delegare il loro diritto di voto». Innnanzitutto, possono esercitare la facoltà di delega solo in pochi casi eccezionali e documentati («malattia, incidente o evento familiare grave che impedisca al parlamentare di spostarsi»; «missione temporanea affidata dal Governo»; «servizio militare svolto in tempo di pace o in tempo di guerra»; «partecipazione ai lavori delle assemblee internazionali in virtù di una designazione fatta dall'Assemblea nazionale o dal Senato»; «in caso di sessione straordinaria, assenza dal territorio metropolitano»; «casi di forza maggiore valutati con decisione degli uffici di presidenza delle Assemblee»).

In ogni caso, «nessuno può ricevere in delega più di un mandato», stabilisce la Costituzione. Quindi, anche se avesse voluto riferirsi alla possibilità per i presidenti dei gruppi di votare per i membri assenti per malattia o perché in missione, la proposta di Berlusconi è del tutto diversa da quanto accade in Francia, dove non esiste in nessun caso che i presidenti dei gruppi ricevano la delega di più di un parlamentare. Finché si parla della possibilità di delegare il voto, in casi eccezionali e documentati, posso sbagliarmi, ma non mi pare che nella nostra Costituzione sorgano impedimenti.

Piuttosto, ferma restando l'effettiva necessità di riformare i regolamente parlamentari, non escluderei che con la sua "boutade" Berlusconi abbia voluto spostare il dibattito politico su un argomento che non fosse la crisi economica, visto che negli ultimi giorni stava prendendo una piega un po' troppo pessimista e deprimente; oppure, provocare un po' il presidente della Camera Fini. In ogni caso, è riuscito a seppellire il dibattito sull'assegno di disoccupazione proposto da Franceschini.

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