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Wednesday, January 09, 2008

Due diverse idee di Pd, ma il partito è uno solo

Ha ragione Berlusconi quando dice che non c'è bisogno di nulla di nuovo, che tutti sanno di cosa ha bisogno l'Italia, e da tempo. Eppure, rimaniamo in attesa di impegni specifici e idee concrete, fattibili, radicali, non i piccoli aggiustamenti bene che vada. Per lo meno, nell'intervista di oggi al Corriere, qualche priorità l'ha indicata, mettendo a fuoco la scena italiana:
«Bisogna garantire la sicurezza dei cittadini, cosa che oggi lo Stato non fa. Abbattere la spesa pubblica per diminuire una pressione fiscale ormai insopportabile. Far lavorare di più gli italiani, perché non si può andare in pensione a 58 anni, costringendo le nuove generazioni a mantenerti per almeno una ventina di anni, se non di più. E poi ritornare a investire nel turismo e nelle infrastrutture».
Sulla riforma elettorale e sul dialogo con Veltroni, «noi stiamo alla finestra aspettando che trovino l'accordo tra loro, poi ne discuteremo», ha detto Berlusconi. E infatti tengono banco le divisioni all'interno del Partito democratico, perché la preferenza di dalemiani ed ex popolari per il modello tedesco è funzionale a un certo progetto politico, mentre dietro la l'opzione dei veltroniani per un sistema maggioritario e tendenzialmente bipartitico, c'è un'altra idea di Pd. Per i primi, il Pd dev'essere più simile a una socialdemocrazia che a seconda delle convenienze, della consistenza numerica e delle stagioni politiche, si allei ora con il centro ora con quanto ci fosse alla sua sinistra.

Per gli altri, i veltroniani, il Pd deve guardare al Partito democratico americano, in un sistema sostanzialmente bipartitico dove non esistano grande centro e grandi coalizioni, partiti piccoli o medi che possano esercitare veti o poteri di ricatto sui partiti maggiori: «Hanno in mente la Grande Coalizione: ma questo non è e non sarà mai il progetto del Pd... Il nostro partito nasce per consentire un sistema bipolare dell'alternanza, ispirato ad un principio di coesione. Questa, per noi, è una frontiera invalicabile», ha chiarito Veltroni in una recente intervista a la Repubblica.
«Immaginiamo di applicare il sistema tedesco, e supponiamo che alle prossime elezioni il Pd prenda il 32% e la sinistra radicale il 9%. Per arrivare a una maggioranza, dovremmo fare un accordo al centro: saremmo al paradosso di avere uno schieramento che va non più solo da Bertinotti a Mastella, ma si estende da Bertinotti a Casini. Mi spiega lei come facciamo a governare, con coalizioni persino più eterogenee di quelle attuali?»
Un esempio di scuola perfettamente eloquente. E sarebbe sbagliato per Berlusconi credere che il problema riguardi solo il Pd. Dunque, purtroppo, la preferenza dichiarata, prima da Franceschini, poi da Veltroni, per il modello francese, uninominale a doppio turno, non può che essere una mossa tattica: "Guardate - è il ragionamento - per noi il vassallum è già un compromesso". Se ci si avvicinasse troppo al sistema tedesco, diventerebbe preferibile la legge che uscirebbe dal referendum. Per questo, dalla decisione della Consulta sull'ammissibilità dei quesiti, attesa per metà gennaio, dipenderà chi avrà nei prossimi mesi la migliore arma di ricatto.

Ma ci sarà una «seconda fase» nell'immediato futuro, auspica Veltroni, fin da ora impegnandosi sul fatto che «quando si andrà al voto, mi auguro nel 2011, il Pd si presenterà proponendo agli italiani il maggioritario a doppio turno, con l'elezione diretta del Capo dello Stato».

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