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Thursday, April 13, 2006

Più mercato è la risposta a chi ha di meno

Le politiche liberali anche le più eque

Angelo Panebianco ritorna sull'analisi di Ostellino, di qualche giorno fa: il Nord «produttivo e modernizzatore» ha scelto di nuovo Berlusconi, quasi per disperazione. Non si può, fa notare Panebianco alla sinistra, «liquidare l'Italia del centrodestra come un aggregato di ceti illiberali, l'Italia del "particulare" contrapposta all'Italia delle grandi idealità (quella di sinistra), continuare a descrivere un'Italia antropologicamente e moralmente inferiore».

Il liberista che meglio sa parlare alla sinistra è però Oscar Giannino, dalle colonne del Riformista. Non si può pensare che la metà del paese si sia schierata a «difesa della "roba" di Berlusconi», né tanto meno che si sia «rimbambita» guardando le sue tv. «Quando nel centrosinistra e nei grandi giornali che le sono vicini la si pianterà con questo topos, sarà sempre troppo tardi. Al contrario, per noi poveri liberisti mosche bianche, quella metà del paese accorsa alle urne, quel Nord che dal Piemonte al Friuli torna a respingere il centrosinistra, ha un significato che suona come una incredibile manifestazione di vitalità, è un patrimonio di valore straordinario».

E' un paese che non vuiole evadere il fisco, ma vuole «meno tasse, uno Stato più leggero, un'impresa piccola e media che non si riconosce nelle rottamazioni di Stato e nelle deroghe al pensionamento a spese dei contribuenti garantite ai grandi gruppi». Un ceto medio che «identifica lo Stato con la qualità dei servizi offerti in cambio delle tasse estorte, non con il numero di posti pubblici garantiti nella scuola, nelle università e negli ospedali. Gente che ha anche molto poco, ma crede che l'ascensore sociale si attivi premiando il merito e consentendo alle famiglie di scegliere tra più offerte in concorrenza a prezzi calanti e non a tutela dei monopolisti...»

E' questa fetta di delusi da Berlusconi che per "disperazione" sono tornati in parte a votarlo dopo aver visto il vero volto di Prodi, il curato bonario che vuole «organizzare» lui, dall'alto, la felicità, «l'enorme serbatoio per una grande battaglia a favore della scelta degli individui e del mercato, contro le collettività e la mano pubblica: è un mercato richiesto non a vantaggio di chi ha già di più, ma per moltiplicare le chanche di chi ha di meno».

A licenziare i leader del centrosinistra è anche Luca Ricolfi, che mi piace sempre di più. Scrive che «da tantissimo tempo, l'elettorato italiano dà un giudizio dell'opposizione ancora più negativo di quello che dà sul governo» e che «questi dirigenti dell'Unione hanno fatto di tutto per perdere le elezioni», elencando gli errori:
«Sapevano che Prodi non era il loro leader più popolare, eppure hanno imposto lui. Sapevano che in tanti avrebbero voluto veder nascere il Partito democratico, eppure ne hanno ancora una volta rimandato la nascita... Sapevano che l'elettorato rimprovera al centrosinistra soprattutto l'assenza di concretezza, eppure hanno scritto il programma più lungo e astratto che la storia repubblicana ricordi. Sapevano che gli italiani sono preoccupati per l'economia, eppure li hanno spaventati con ogni sorta di annuncio e contro-annuncio sulle tasse. Sapevano che sul fisco, sullo Stato sociale, sulla legge Biagi, sui Pacs, agli italiani sarebbe piaciuto conoscere le vere intenzioni del futuro governo prima del voto, eppure hanno preferito rimandare tutto a dopo, tenendosi le mani libere. Sapevano che a molti elettori piacerebbe conoscere in anticipo il nome del futuro ministro dell'Economia, e invece l'unica cosa che hanno fatto intendere è che sul nome di Mario Monti ci sono veti e perplessità di ogni specie. Sapevano che in tanti aspettavamo un grande motivo per votarli, eppure l'unico motivo che hanno saputo indicarci è il fumoso slogan della "serietà al governo"».
Insomma, per farla breve, «il volto dell'Unione, specie da quando ha cominciato a parlare di tasse, è stato così inquietante e foriero di incertezza da convincere molti a tornare alle urne nonostante la delusione per il quinquennio berlusconiano».

2 comments:

JimMomo said...

Beh, premesso che Berlusconi ha sacrosanta ragione a verificare ed è sospetto che An e Udc si dissocino, sì, il ricorso pare ci sia: http://www.radioradicale.it/?q=scheda&id=195906

Se davvero fosse stato commesso un tale errore sarebbe incredibile.

Anonymous said...

L'articolo di Oscar Giannino è spettacolare.

Ciao Paolo