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Saturday, December 24, 2005

Democrazia è pornografia

Vogliono salvare democrazie in crisi, ma impersonano essi stessi la crisi della democrazia. Ne vestono i panni e ne sono i migliori interpreti. Ne avevamo già parlato la scorsa estate riguardo le tesi espresse dal presidente del Senato Marcello Pera al Meeting di Rimini. Ne riparliamo oggi con riferimento all'articolo di Irving Kristol pubblicato su Corriere Magazine di venerdì scorso.

Non credo che ci debbano essere etichette, categorie o scuole di intellettuali sulle quali ci possiamo esimere dall'esercitare il nostro giudizio critico. Quindi, pur condividendo molte delle tesi soprattutto di politica estera di parecchi studiosi americani cosiddetti neoconservatori, oggi ho i miei buoni motivi per dissentire totalmente da quanto scrive Kristol. Nel suo articolo auspica una «censura liberal» della pornografia, ma non è il merito della proposta che avanza a preoccuparmi più di tanto, quanto il ragionamento di fondo, quello di un Pera qualsiasi: non ci basta la società democratica e liberale, dev'essere anche virtuosa, buona, migliore.

Non so dire se quella di Kristol sia propaganda, come afferma Castaldi (Notizie Radicali, 23.12.05), o quel po' di retorica che tutti noi siamo inclini a usare per attribuire ai nostri argomenti maggiore autorevolezza. Ciò che importa è lo schema argomentativo usato dal padre dei neocon. Quello che Castaldi riassume bene come la «disillusione» del liberale. I liberali, «persone intelligenti, benintenzionate ed eloquenti» concede Kristol, volevano la libertà pensando che fosse il sommo bene e l'hanno ottenuta, ma ora si accorgono che «in qualche modo le cose non sono andate come avrebbero dovuto». Per esempio la pornografia: siamo in una situazione in cui «oscenità e democrazia vengono messe sullo stesso livello», mentre «pornografia e democrazia sono incompatibili».

Quale soluzione indica Kristol per proteggere la democrazia dalla pornografia? «La pornografia dovrebbe essere illegale e allo stesso tempo disponibile per coloro che la desiderano così tanto da fare sforzi estremi pur di procurarsela». Ciò che comunemente, se non si trattasse di un illustre intellettuale, chiameremmo ipocrisia. Non conosco così bene Leo Strauss, e non so se sia un'«eco straussiana», come sostiene Castaldi, ma concordo con lui che la soluzione proposta da Kristol è quella della "nobile menzogna", cioè l'ipocrisia che diventa strumento di potere. Così come diventano strumenti di potere la religione (Dio non esiste, ma è necessario), la morale (non c'è alcun Bene oggettivo, ma un Bene oggettivo è necessario ci sia) e la conoscenza (al popolo non si può dire tutta la verità, cioè che non esiste alcuna Verità). I sapienti che custodiscono gelosamente il sapere, lo gestiscono politicamente diffondendo mezze verità e "nobili menzogne", perché li mette nelle condizioni di governare il popolo in vista del suo Bene e del loro potere.

Credo però che l'espressione che più di ogni altra viene usata per definire i neocon, «liberal assaliti dalla realtà», non possa essere intesa in modo univoco. Nel caso dell'articolo di Kristol la realtà che assale è senz'altro quella della necessità della "nobile menzogna" per esercitare il potere. In altri casi, la realtà che assale può essere intesa nel modo di Aron, di Tocqueville, di Montesquieu, di Weber, filosofi interessati ai fatti, fautori della metodologia del dubbio nel prestare ascolto a quanto i fatti hanno da dirci, convinti che non vadano rimossi qualora ostacolino le nostre teorie. Per lo meno, è così che mi sento «assalito dalla realtà».

E' sorprendente come il discorso di Kristol sia interamente sovrapponibile a quelli di Pera. Non ha importanza che il «capriccio» sia la pornografia o i Pacs. La democrazia va difesa da se stessa, dalla decadenza morale che è sotto gli occhi di tutti. Ma chi dovrebbe difenderla? E in che modo? Ci vorrebbe un liberalismo moderato per mezzo del quale perseguire la «società buona» (Pera), una «società migliore» (Kristol). A dirci a che cosa e come applicare questa moderazione è la morale tradizionale. Ma le domande sorgono spontanee. Dove si trova? Chi ne sono i legittimi eredi? La democrazia, scrive Kristol, «per meritarsela bisogna che gli eletti siano degni di assumere questo compito». Insomma, annota Castaldi, c'è bisogno che siano davvero eletti, non di un'elezione che venga «da quel "basso" che potrebbe anche fare scelte sbagliate, ma da quell'"alto" che sappia veramente interpretare il bene necessario».

Non so dire se ci sia dolo nei ragionamenti di Kristol e Pera, ma lo schema non è nuovo. Negli anni Venti e Trenta molti sinceri democratici e liberali furono presi da un profondo scetticismo. In una sorta di "fuga dalla libertà", cercando chi un'alternativa chi un aggiustamento, finirono per rifugiarsi in nuovi vincoli autoritari. Per i filosofi della crisi, la democrazia soffriva di una debolezza intrinseca, l'assenza di un fondamento morale, di valori che riempissero di senso il vuoto formalistico delle sue regole. Incapaci di fare un salto logico, di comprendere cioè che il "valore" che dà senso alla democrazia è il suo insieme di regole formali, e pensando "a partire dalla crisi", essi non facevano altro che alimentare la stessa crisi che si proponevano di superare.

Per Pera esiste un Bene obiettivamente inteso (la sostanza della democrazia) che viene prima del voto popolare (la sua vuota forma). Allo stesso modo per Kristol è «qualcosa di ridicolo» che la democrazia sia ridotta a «una serie di regole e procedure in cui la maggioranza governa e i diritti della minoranza vengono riconciliati in uno stato di equilibrio», perché il vero scopo della democrazia, come «di qualsiasi regime politico», è una «società migliore». E senza la virtù, la democrazia non può mirare al Bene della società. Dunque, il Bene ha bisogno di virtù, non è cosa da poter essere desunta dalla conta dei voti. Ci vogliono uomini virtuosi, non che si ammazzano di pippe. Ma se una maggioranza prendesse una decisione che rinneghi, a loro avviso, il Bene come ci viene insegnato dalla morale tradizionale, cosa farebbero i suoi legittimi eredi?

Nelle democrazie non deve mai accadere che Bene e virtù vengano prima del voto popolare. E non per altro, ma semplicemente perché altrimenti esse non sono più democrazie. Kristol accetta che il prezzo da pagare per difendere la democrazia dalla pornografia sia la perdita di qualche opera d'arte censurata poiché scambiata erroneamente per pornografia. Ma la virtù pubblica che, ammettiamo pure, si perde legalizzando la pornografia non sarà mai della stessa quantità e della stessa qualità che si perde con la censura. Se, per esempio, quanto scrive Kristol sulla pornografia lo dicessi anch'io del suo ragionamento, cioè che è «incompatibile con la democrazia», e per questa incompatibilità invocassi la censura (chi vuole così tanto leggerlo se lo procuri clandestinamente)?

Non sarà qualche tassa in più sul materiale pornografico o il divieto di vendita nei giornalai a metterla in pericolo, ma esiste una distanza della democrazia dal confine oltre il quale essa non è più tale. Quella distanza stessa è la democrazia. Più si riduce, più la democrazia viene snaturata. E' compito della politica trovare la distanza di sicurezza da quel confine. Non tema Kristol, non ci preoccupa il suo articolo, né il saluto romano di Paolo Di Canio – che nel loro piccolo impersonano la crisi della democrazia – perché sappiamo che per sua stessa natura la democrazia è sempre in crisi in quanto forma che in una certa misura riesce a corrispondere alla natura aperta e contraddittoria dell'esistenza umana e delle sue istituzioni. La democrazia tollera l'errore e il conflitto, include la contraddizione, per questo è allo stesso tempo insostituibile e, come l'uomo, sempre in crisi, costantemente alla ricerca di equilibri. E' fisiologico che una tale forma politica venga continuamente messa in pericolo dalla sua stessa apertura. Per alcuni il pericolo a cui la democrazia si apre è la pornografia, e sostengono che va censurata, per altri i pericoli sono nell'articolo di Kristol e nelle tesi di Pera, ma anziché invocarne la censura li confutano.

Ciò che Pera e Kristol temono nell'affidarsi completamente alla conta dei voti è la «tirannide della maggioranza» di cui parlava Alexis de Tocqueville come uno dei pericoli dei regimi democratici. Non agisce tanto a livello istituzionale, ma a livello del pensiero e dello spirito, dando luogo a una forma ancor più temibile di dispotismo. Il principio del governo della maggioranza abitua all'idea che la maggioranza abbia ragione in forza del suo numero, generando uniformità, conformismo e mediocrità. E' spesso comodo e gratificante avere torto con la maggioranza quanto penalizzante, difficile e rischioso avere ragione in compagnia di una minoranza. Naturalmente uno dei principi classici del liberalismo è che una maggioranza non è in possesso della verità, ma solo della facoltà di operare temporaneamente decisioni politiche, che con la verità nulla hanno a che fare. Se così non fosse non avrebbero senso le tutele della minoranza, consentirle cioè di divenire a sua volta maggioranza. Non può essere liberale chi crede a un legame forte tra la decisione politica e la Verità. Se esistesse non avrebbero senso la democrazia e il liberalismo. Quindi sì, è vero, «quel basso» che elegge i propri governanti può compiere scelte sbagliate e gli eletti potrebbero non essere «degni» di assumersi il compito. Ma la democrazia non può funzionare se il principio di maggioranza vale solo finché la maggioranza non sbaglia. Non può vivere sotto la tutela di una cerchia di veri eletti che sanno veramente interpretare il bene necessario. E' una regola del gioco democratico che non si può emendare senza ritrovarci in un altro gioco.

E' Tocqueville stesso a scorgere nelle democrazie gli anticorpi alla «tirannide della maggioranza». L'unico antidoto sta proprio in quelle libertà che qualcuno vorrebbe moderare in nome della qualità morale della vita pubblica. Esse favoriscono in uomini e donne l'indipendenza di spirito e di giudizio, le virtù pubbliche per criticare le decisioni della maggioranza e contestare l'opinione dominante, quando ritengano che queste vadano contro il bene comune. Anche se non incoraggia «le più elevate qualità dell'animo umano», scrive Tocqueville, la democrazia «ha una sua bellezza». Sotto il «mantello democratico» riaffiorano di tanto in tanto «i vecchi colori dell'aristocrazia». L'osservazione di Tocqueville è ragionevole: non dice però che limitando la libertà o moderando il liberalismo le virtù «aristocratiche» di tanto in tanto riaffiorano come anticorpi. Al contrario, riaffiorano solo grazie alla libertà e all'assenza di censura. O è la democrazia a trovare in sé gli anticorpi a quel degrado provocato secondo Kristol dalla pornografia – noi diremmo a quella crisi permanente e fisiologica di cui i suoi ragionamenti sono i migliori interpreti – o essa si perde. Ove un processo di degrado della democrazia fosse in atto, conservando le nostre libertà conserviamo anche la possibilità di invertirlo. Viceversa, se provassimo noi stessi a vaccinarla, con la censura, restringendo le nostre libertà per paura di dove esse ci possano condurre, allora l'avremmo persa in quello stesso istante. E' un gioco complesso e sottile al quale se ci si affida completamente tutto sommato funziona, ma appena si introducono correzioni il meccanismo s'inceppa.

Nessun sistema di governo è perfettamente stabile. Nessun sistema di governo garantisce ciò che la stessa condizione umana non è in grado di garantire. La democrazia in particolare non è un bene acquisito per sempre, ma una scelta da rinnovare quasi quotidianamente. Bisogna mettere nel conto che esercitando la nostra libertà di cittadini potremmo allontanarci dalla democrazia. Nel lungo periodo c'è il rischio che il corso degli eventi e scelte sbagliate conducano una società ad abbandonare la democrazia per il dispotismo. Siamo di fronte a un rischio rispetto al quale nulla può davvero garantirci. Tuttavia, a fronte del rischio futuro e ipotetico di perdere la democrazia, decidere oggi di difenderci da essa vuol dire abbandonarla subito. Se facciamo pedinare la nostra compagna perché non ci fidiamo e pensiamo che ci possa tradire, ciò che vogliamo difendere già non c'è più.

Al fondo dei ragionamenti di Kristol e Pera c'è un senso di sfiducia nella democrazia, sfiducia nella libertà, in quello a cui la libertà può portare, sia essa la libertà degli individui o quella dei popoli. Della libertà fa parte la libertà di sbagliare, di dannarsi individualmente o collettivamente tramite i rappresentanti democraticamente eletti. Una teoria politica che volesse mettere a priori, o a posteriori, al riparo la democrazia dagli errori della maggioranza non sarebbe certo una teoria liberale e democratica. L'errore concettuale sta nel cercare un sistema di governo capace di eliminare del tutto il rischio che la libertà comporta, eliminando con ciò la libertà stessa.

Come scrive Castaldi, «a noi la democrazia non piace perché è buona e bella, ma perché è economicamente la forma politica più vantaggiosa per tutti e per ciascuno». In una parola, funziona. Niente di assoluto, non un intoccabile feticcio, ma con i suoi onesti limiti un modello tutto sommato abbastanza funzionante. Se qualcuno propone un altro sistema, un nuovo modello, ce lo spieghi nei particolari. E non è per bontà che vogliamo promuovere la democrazia in regioni che non l'hanno ancora conosciuta, ma perché conviene. I neoconservatori hanno fatto dell'«esportazione della democrazia» la loro politica estera proprio nella convinzione che fosse il modo migliore per tutelare gli interessi nazionali americani. Conviene a tutti e a ciascuno.

La vera virtù in democrazia sta nel dire che siamo noi, i cittadini di oggi, qui e ora, a essere i pieni titolari del diritto di decidere (e di sbagliare), dello stesso diritto e della stessa responsabilità che ebbero i cittadini del tempo della Costituente. Possiamo soggettivamente ricondurci alla tradizione che vogliamo, ma non esiste nessuna tradizione che oggettivamente valga più del nostro sentire di adesso. Quando ci ritroviamo a parlare di come difendere la democrazia che può distruggere se stessa, e proponiamo di chiudere la porta della stalla, è ormai troppo tardi. I buoi sono scappati.

P.S. Di una cosa si può dar atto a Kristol. Nel suo articolo, perorando la causa della censura della pornografia chiamandola provocatoriamente «censura liberal», ci ricorda che esistono già «censure liberal», cioè di sinistra. Anzi, «l'abitudine di limitare la libertà individuale, in modo liberal, è abbastanza familiare» e non suscita abbastanza scandalo. Da noi si sottovalutano, per esempio, le restrizioni delle libertà economiche e il loro impatto sulla libertà individuale. E' il sussidio di Stato che rende i cittadini sudditi. Ma questo magari sarà tema di un'altra riflessione.

13 comments:

JimMomo said...

Grazie, auguri a te e a chi passa di qua.

Anonymous said...

Post molto interessante.
Due note:

1) Allora, alla fine, i valori possono essere pericolosi. Proprio quanto ho detto io nei miei post. O meglio: uno che vuole imporre i suoi valori sugli altri non può avere alcuna pretesa di superiorità rispetto altri individui.

2) Il Pera qualunque è comunque il più illuminato pensatore liberale italiano. Magari potrà non piacerti, ma è così.

aa

ps: scusa, ma io continuo a ridere sotto i baffi. :)

Anonymous said...

Che vi ha fatto di male Pera? :-D

Auguri.

Anonymous said...

Omnia munda mundis.

La societa' liberale prescinde dalla censura, altrimenti liberale non e'. Le leggi tutelano il funzionamento della societa' liberale: l'arbitrio del singolo e' sanzionato dalle leggi, quando queste vengono violate. E' discutibile se la pornografia sia da proibire con una legge, visto che la societa' liberale consente, all'individuo che la ritiene disdicevole, la possibilita' di non accedervi. E fin qui siamo tutti d'accordo.
Tuttavia e' innegabile che ci sia una differenza, ad esempio, tra l'amore per il prossimo, (coniuge, figli, genitori, etc.), ed il compiacimento della pornografia. Cosi’ come e’ un fatto che, solitamente, le persone che praticano una vita di rispetto della lettera e dello spirito delle leggi della societa' liberale non siano le stesse che indulgono alla pornografia. Qualcosa starebbe ad indicare una antitesi tra virtu' civili e pornografia.
E qui, immagino, siamo ancora tutti d'accordo.
Una proposta e' stata fatta da Giuliano Ferrara a proposito della legge sull'aborto, che ha incontrato non poche incomprensioni, ma e' la sola possibile, liberale e civile: l'aborto, (la pornografia), e' regolato dalla legge, (la pornografia e' libera); ora bisogna eliminare l'aborto, (la pornografia), dalla societa' retta dai principi liberali. Su questo mi piacerebbe che fossimo ancora tutti d’accordo.

Anonymous said...

Innanzitutto auguri, Jim. Poi solo un breve interrogativo: quando affermi che "la democrazia tollera l'errore" e promuovi la "libertà di sbagliare" che essa garantirebbe, non ritieni di cadere almeno un po' nella stessa fumosa ambiguità di cui accusi Pera e Kristol? Anch'io non censurerei la pornografia per niente al mondo, ma solo ed esclusivamente perché la scelta di usufrirne risponde ad implicazioni strettamente individuali. Quando sbaglio "su du me e solo su di me" nemmeno io tollero intrusioni moralistiche. Non esiste tuttavia un discrimine (convenzionale, se credi, ma connaturato ad ogni forma di società organizzata) tra sbaglio "personale" e sbaglio "sul prossimo"? Se il mio errore fosse di investire un pedone sotto effetto, per esempio, di qualche brocca di vino natalizio, sarebbe sacrosanto sanzionarlo anche penalmente. Immagino tu ne convenga. Ma nel momento in cui viene arbitrato un divieto specifico come quello di cui sopra, secondo te, lo stato e la legge non contemplano forse la categoria del "bene" come bussola fondamentale? E ancora: lo schema per cui ad una possibilità pratica deve corrispondere automaticamente la liceità non apre forse la strada alla tirannide della tecnocrazia?
Ancora ciao.

Anonymous said...

... jim: Kristol non fa che spostare il suo approccio dalla politica estera alla materia sessuale. I "valori", come fonte assoluta... di verità...

Anonymous said...

Salvato, stampato e appeso. Articolo eccellente, signore.

JimMomo said...

"Se il mio errore fosse di investire un pedone sotto effetto, per esempio, di qualche brocca di vino natalizio, sarebbe sacrosanto sanzionarlo anche penalmente".

Certo Ismael, ma qui c'è una vittima, un danneggiato. Non sanzioni le brocche e il loro effetto, ma l'investimento. E nella pornografia dov'è la vittima?

No m+, il bello è che in politica estera per i neocon il valore democrazia non è affatto assoluto. Non è il Bene. Non la esportano perché è buona e bella ma perché conviene.

Anonymous said...

Nella pornografia una "vittima" non c'è - dando per scontato, ovviamente, che tutto il "processo produttivo" del porno si svolga sommando un insieme di libere scelte. Difatti, dopo aver anch'io disapprovato la presa di posizione di Kristol, ho però voluto puntualizzare sul riconoscimento indiscriminato della "libertà di sbagliare". Che non può prescindere, come dici anche tu, dalla presenza di una vittima, di un "danneggiato".

Anonymous said...

Cari Jim, grazie per i tuoi auguri che molto volentieri ricambio sotto questo post. Che oggi linko, essendomi occupato di Kristol - e Allam - su left wing).
ciao!
azioneparallela

Anonymous said...

Per anonimo:

Tuttavia e' innegabile che ci sia una differenza, ad esempio, tra l'amore per il prossimo, (coniuge, figli, genitori, etc.), ed il compiacimento della pornografia. Cosi’ come e’ un fatto che, solitamente, le persone che praticano una vita di rispetto della lettera e dello spirito delle leggi della societa' liberale non siano le stesse che indulgono alla pornografia. Qualcosa starebbe ad indicare una antitesi tra virtu' civili e pornografia.
E qui, immagino, siamo ancora tutti d'accordo.


Immagini male. Personalmente non conosco molte persone (e pochissime di sesso maschile) che non traggano un minimo di soddisfazione dalla visione di un bel porno - sebbene poi certo siano molti meno ad andare a *cercare* pornografia.
Che vi sia differenza fra amore e pornografia, nessun dubbio. Ma l'illazione che la pornografia conduca all'immoralità (che è quello che anonimo sostiene) è semplicemente tale.

Anonymous said...

Grazie, Jim.
Avevo affrontato l'argomento nel saggio 'La cabala straussiana: topografia di un non-segreto' in Limes, 2/04 "L'impero senza impero".

Se ti capita dagli un'occhiata ;-)

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Anonymous said...

jim: quindi, se l'esportazione della democrazia fosse "non nel nostro interesse" tu non esiteresti a cambiare posizione..., ho capito bene?