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Thursday, November 10, 2005

Le elezioni egiziane e i democratici arabi che esistono

Ayman Nour mentre votaLe elezioni parlamentari egiziane, il cui primo turno si è svolto ieri, sono ancora lontane da standard minimamente accettabili. Formalmente un passo avanti rispetto a quelle del 2000: almeno le opposizioni non sono state aggredite fisicamente dalla polizia e ancora non siamo alla fase in cui i brogli veri e propri sono decisivi. Più delle irregolarità formali a pesare sono la totale assenza di campagna elettorale e di libertà d'espressione, con il controllo governativo su tutti i mezzi d'informazione, la mancanza di osservatori internazionali e l'opacità delle liste elettorali, quindi la bassa affluenza e il voto ancora interamente o quasi controllato dal partito del presidente.

L'unico effetto del voto pare essere stato lo sdoganamento dei Fratelli Musulmani. Gli unici che per il loro radicamento sociale sono riusciti a comunicare con l'elettorato. Finché non ci sarà libertà d'espressione, un «ambiente legale di competizione reale», commenta Emma Bonino a Radio Radicale, per altre forze politiche è difficile che ci sia spazio. E' ragionevole, ha aggiunto, che almeno una parte dei Fratelli Musulmani (e guardando il caso concreto da paese a paese) sia fatta uscire «dal limbo» in cui si trova e si arrivi a «una legalizzazione con diritti e doveri». Un rischio che dobbiamo prenderci per dare una possibilità alla democrazia in Medio Oriente è anche quello di veder vincere chi non ci piace.

Certo è che il gioco di Mubarak è molto ambiguo. I Fratelli Musulmani, illegali ma tollerati, hanno avuto miglior trattamento di quello riservato ad Ayman Nour e al suo partito liberaldemocratico Al-Ghad, sui quali si sono concentrati gli atteggiamenti intimidatori del regime, come riporta il Christian Science Monitor. Mubarak sembra voler lanciare un messaggio all'occidente, e alla Casa Bianca in particolare: vedete? io li faccio votare, ma poi vincono gli integralisti islamici. Anche il blog Bigpharaoh la pensa così: «Sarà questa la frase che probabilmente pronuncerà Mubarak al telefono con Bush».
Si è aperto un fronte, bisogna insistere e puntare soprattutto alla libera circolazione delle idee nella società egiziana.
Altro su Sandmonkey; Publius Pundit; Arabiliberali.

A tenere aperto il fronte ci pensa senz'altro Emma Bonino con il suo ministero degli Esteri ombra, Non c'è pace senza giustizia, che conduce per l'Italia, insieme a Yemen e Turchia, un progetto nel quadro dell'iniziativa lanciata dal presidente Bush per i paesi del Medio Oriente allargato e del Nord Africa. Prossima tappa l'appuntamento annuale del "Forum per il Futuro", che si terrà in Bahrein l'11 e 12 novembre. Per la prima volta democratici arabi e ong internazionali avranno un dialogo diretto con i ministri degli Esteri del G8 e del Medio Oriente. La proposta è di istituzionalizzare una Fondazione per la democrazia nel mondo arabo. «Per difficile e contraddittorio che sia, promuovere società più aperte è l'unica politica sensata che possiamo tentare». Interessa a qualcuno? chiede provocatoriamente la Bonino.
"Questi islamici: sempre e solo cattive notizie. Guardi l'Iran, guardi questa intifada in Francia: non c'è niente da fare...". Sul volo per Kiev, un passeggero italiano mi interroga sconsolato. Il commento mi colpisce perché questi eventi veri, evidenti e drammatici non esauriscono da soli il panorama del mondo arabo-mussulmano, delle sue articolazioni e della coscienza democratica che permea strati sempre più consistenti della società.
Già, perché il rischio è l'effetto straniamento, di cui avevo parlato in questo mio articolo per Ideazione:
«Che mondo ci stanno raccontando? Per le nostre televisioni e la maggior parte dei giornali, gli arabi, i musulmani, tutti gli altri abitanti non occidentali di questo pianeta, siano essi indiani o africani, esistono solo se muoiono o se uccidono. Sugli schermi e sulle prime pagine vediamo cadaveri di innocenti o volti di terribili assassini al soldo del terrorismo islamista. La politica, la società, l'umanità spesso in lotta dei paesi non occidentali vengono raramente raccontate. Oltre che razzistica, questa distorta rappresentazione mediatica di regioni che sembrano condannate allo status quo e di popoli incapaci di sviluppo democratico e progresso costituisce un impoverimento innanzitutto per noi. L'orizzonte che ci viene dischiuso è fatto di violenza e morte, dell'assenza di un'umanità in cui poterci almeno in parte riconoscere per desideri e "normalità" delle aspirazioni. Non stupisce se poi la reazione dell'opinione pubblica è quella di volersene tirare fuori, e quella dei governi di ritirarsi dalle proprie responsabilità internazionali, perdendo volontà e capacità di governare gli eventi e lasciando spesso mano libera alle forze dell'oppressione. E' un orizzonte disumanizzante dell'"altro da noi", che rischia di diventare anche il nostro orizzonte interiore. Per fortuna c'è Internet, ci sono i blog, a rappresentare una dimensione umana del mondo non occidentale... >> continua
I "democratici" arabi «esistono», ripete con forza la Bonino, e «per poter continuare a lottare fino ad ottenere le riforme democratiche necessarie hanno bisogno che altri "democratici" finalmente si accorgano di loro e decidano di offrire appoggio e sostegno politico al loro impegno». Insomma, i radicali sono gli esecutori materiali della dottrina Sharansky.

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