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Tuesday, November 22, 2005

Internet ancora sotto attacco: vigiliamo

Il compromesso raggiunto al Summit di Tunisi sulla Società dell'Informazione, per l'istituzione di un Forum internazionale dove discutere tutti gli aspetti e gli sviluppi legati alla governance di Internet, rappresenta solo un «cessate-il-fuoco», ha scritto Pete Du Pont sul Wall Street Journal: «La guerra dell'Onu contro la libertà di Internet non è ancora finita».

Leggere nei documenti ufficiali che "i governi dovrebbero intervenire... per massimizzare i benefici economici e sociali e promuovere le priorità nazionali", che la gestione della Rete dovrebbe avvenire "nel rispetto per le diversità linguistiche e culturali", intendendo "contenuti appropriati" a queste diversità, non lascia presagire nulla di buono. Cos'è un "contenuto culturalmente appropriato"? «Se la vostra è una società libera, una rete dai contenuti liberi e non regolati è una buona cosa. Per le dittature e le società controllate dallo Stato è una catastrofe, perché permettere ai cittadini il libero accesso all'informazione mette quei governi a rischio. Se state nel mezzo, sotto governi socialisti come in Francia e Germania, il controllo dell'Onu è una buona cosa perché il controllo del governo è sempre meglio di quello dei mercati senza regole».

Anche per il Washington Post Internet è «a rischio». L'argomento dei critici dell'attuale sistema è l'unilateralismo Usa nella gestione della Rete, «ma solo in un mondo ideale potrebbe essere evitato». In «un mondo imperfetto» la soluzione unilaterale è l'unica possibile. Un sistema multilaterale rimarrebbe imprigionato nelle differenti visioni dei suoi membri: da una parte le dittature e i regimi autoritari che vogliono restringere l'accesso a Internet; dall'altra le società aperte che vogliono abbassare le barriere. Helle Dale, della Heritage Foundation, avverte che «dovremo mantenere ancora un occhio vigile sugli atti di questo Forum, ha il potenziale di provocare guai seri lungo la strada».

7 comments:

Anonymous said...

Ok, siamo tutti d'accordo (perfino i sinistrorsi americani) che è meglio l'icann che l'onu con la cina e la korea.
detto questo:
1. la libertà della rete non è una cosa garantita (o messa in pericolo) dall'icann perché non dipende dai DNS
2. il punto è allora come promuoverla dove non c'è, non come difenderla all'icann. e su questo continuo a pensare che l'unica soluzione realistica è l'affermazione di un diverso diritto internazionale, e di diverse organizzazioni internazionali (vedi community of democracies).
mi pare che questa storia di internet, come in passato il tribunale penale internazionale, potrebbe essere meglio utilizzato, anche dagli usa, per tentare di promuovere istituzioni adeguate ai problemi del XXI secolo, al cambiamento del concetto di sovranità (internet è strutturalmente antinazionalistica), e alla necessità della promozione della democrazia (non solo a parole, ma anche con gli strumenti del diritto)

JimMomo said...

1. mettiamola così: che i DNS siano in buone mani è condizione necessaria, ma certo non sufficiente, per la libertà della rete.

2. queste organizzazioni internazionali e questi strumenti del diritto per la gestione di internet, non so, in concreto chi ne farebbe parte e cosa farebbero. Non so, finché non mi trovo davanti a una proposta concreta rimango persuaso che alla sua gestione e al suo sviluppo internet ci pensa benissimo da sé nel libero mercato.

Per la promozione di internet dove non c'è, e quindi per la promozione della democrazia, non occorrono nuove burocrazie che gestiscano internet, farebbero comuque solo danni.

perdukistan said...

vedo che anche il wall street journal conviene che il compromesso di tunisi sia 'positivo'.

ora, se da un lato s'e' bloccata l'offensiva dei censori (e gli USA in quanto tali non sono per niente 'vergini' anche in questo campo) dall'altra si dovra' lavorare affinche' il nuovo forum non divenga un mero sfogatoio, un po' come avviene al committee on the charter delle nazioni unite dove tutti possono vomitare il proprio odio nei confronti degli USA. concordo con quato dice diego, internet e' un potentissimo mezzo per promuovere tante altre cose oltre all'informazione (che non necessariamente vuol dire conoscenza e liberta'). siccome i proprietari della rete sono gli americani quanto piu' si porrano verso la questione i n maniera 'pro-active' tanto meglio si riuscira' ad utilizzarla per la globalizzazione del right to life, freedom and pursuit of happiness. il problema e' che a giudicare da come il congresso USA legifera in materia di copyright, brevetti, P2P, quindi in maniera di libera circolazione delle innovazioni e business model, dubito che le intenzioni del dipartimento di commercio siano quelle di ampliare la sfera di liberta' virtuale o reale che sia...

segnalo infine un ulteriore, anche se non fondamentale a questo proposito, mio pezzo su NR di oggi http://www.radicali.it/newsletter/view.php?id=45849&numero=1748&title=DOWNLOAD

JimMomo said...

Continua a non convincermi affatto il tuo approccio perdukistan.

Il tuo problema continua a essere che "i proprietari della rete sono gli americani". Tale premessa pregiudica il tuo approccio.

Dove infatti i problemi delle forme di restrizione e controllo autoritario esercitate dalle dittature sull'accesso dei propri cittadini a internet vengono confusi (se non scompaiono) con questioni anche importanti ma di ben altra natura che riguardano la tutela del diritto di proprietà nel contesto delle nuove tecnologie.

La democrazia va esportata in Cina dove non c'è libero accesso a internet e non in America dove male che va pagherò un paio di dollari per centinaia di canzoni. Ok?

perdukistan said...

no niente ok... il mio problema non e' che gli americani hanno le chiavi delle rete, anzi, e' che quel lucchetto lo aprono a chi vogliono loro e basta e, recentemente, lo hanno aperto a google e yahoo acconsentendo che questi 2 motori di ricerca censurassero certe parole chiave su siti in cinese e/o cinesi. domanda: come si risponde a questo tipo di comportamento? ce la si prende con la cina (contro la quale non si puo' nulla), oppure con chi consente che gli algoritmi blocchino la ricerca?

JimMomo said...

Ecco, questa tua risposta dice tutto: secondo te il problema sono gli americani, avevo capito bene.

Addirittura sostieni che aprano solo a chi vogliono loro le porte di internet (affermazione delirante). E con la Cina non bisogna prendersela perché tanto non ci si può fare nulla.

In tre frasi, il manuale del perfetto no global, che vede nell'America il problema e che contesta le democrazie perché laggiù in Cina è un po' più difficoltoso contestare.

Bene bene.

perdukistan said...

male male, invece. o si sa come funzionano le cose oppure no. internet e' censurabile solo col consenso di chi ne ditiene l'accesso. su questo siamo d'accordo?