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Monday, November 28, 2005

Inchiodiamo Prodi alle sue parole: sì all'agenda Giavazzi

Ne sentiamo spesso di leader politici ripetere espressioni come «riforme profonde», «messaggio forte al paese», programma, innovazione, ricerca, sviluppo e così via. Quando poi si tratta di declinare questi concetti in proposte concrete si defilano tutti e ogni discorso resta appeso nell'ambiguità. C'è forse dibattito più vago e ambiguo di quello sui «programmi»? Proprio nel giorno in cui Di Vico teorizzava la malattia del «programmismo» - le migliori menti di questa generazione politica rinchiuse in improbabili "fabbriche", un po' per prendere tempo un po' per trovare sintesi al ribasso fra ricette del tutto contraddittorie - Fassino ne dava dimostrazione pratica dicendo che secondo lui l'Italia «ha bisogno contemporaneamente di più Stato e più mercato».

Ieri però, chiudendo il Big Talk della Margherita a Milano, Romano Prodi ha inserito nel suo discorso un passaggio inconsueto e stonato per i suoi discorsi così monotoni e generici. Si è detto d'accordo con le cinque «questioni specifiche» esposte da Francesco Giavazzi sul Corriere della Sera (abolizione del valore legale della laurea; eliminazione degli albi professionali; decadenza immediata del Governatore della Banca d'Italia; scioglimento della Cassa depositi e prestiti e decurtazione del valore dell'Acquedotto pugliese dai trasferimenti di denaro alla Puglia; libertà di licenziamento a fronte di più generosi sussidi alla disoccupazione).
«Per volere bene all'Italia dobbiamo costruire un programma radicale, un programma di riforme forti, un programma di riforme profonde. Non possiamo più permetterci di fare una strategia elettorale e postelettorale in cui il punto fondamentale sia accontentare. Non è possibile accontentare. Per fare un esempio, certo che io rispondo sì alle domande di Giavazzi ieri sul Corriere. Sì, perché l'Italia così non va più avanti. L'Italia così è davvero nel declino che è maliziosamente descritto dall'Economist, in cui l'aspetto non condivisibile è che sia un declino fatale. In cui, qualsiasi sia la soluzione politica, non può andare bene. No, il declino c'è. Il declino è effettivo. Ma noi lo possiamo invertire. E' questo il compito che noi abbiamo».
Un «fatto politico di enorme importanza» per Pannella e Capezzone, che hanno subito battuto sul ferro caldo. Dall'ex ministro Bersani la solita reazione del dirigismo statalista, mentre almeno in parte l'economista Nicola Rossi è stato più possibilista anche se non avanti come Giavazzi. Di più su RadioRadicale.it

Abbiamo capito bene? Bertinotti avrà sentito? Nel programma di Prodi c'è dunque la libertà di licenziare? Non vorremmo essere presi in giro anche stavolta. E per far sì che a Prodi costi politicamente sempre di più rimangiarsi queste parole occorre ricordagliele spesso e alzare il livello della discussione.

4 comments:

Anonymous said...

sì, avevo già fisto su notizie radicali. Inoltre, se non erro, i radicali è da tempo che propongono Giavazzi come Ministro dell'Economia.

a presto, aa.

JimMomo said...

Che vi devo dire, pure a me pare strano. Staremo a vedere e soprattutto attenti alle prossime mosse per impallinarlo con le sue parole.

Anonymous said...

io francamente ho poca fiducia in prodi. Pannella e Bonino hanno deciso diversamente... spero per loro che avranno ragione, ma dubito.

Con Prodi che ieri dice di voler abolire la legge Biagi e oggi dice che servono drastiche riforme, è difficile capire se per drastiche riforme lui intenda quelle di Monti o quelle di Bertinotti.

Cmq, questo paese sta cadendo a pezzi. Questa è l'unica certezza, a presto, aa.

Anonymous said...

Caro Federico, "Non vorremmo essere presi in giro anche stavolta", dici.
Bé, in fondo sapete già come andrà a finire, no?
;)