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Thursday, November 17, 2005

Domande libertarie

E' quasi inevitabile che da una trasmissione dove si confrontino i rappresentanti di una destra neoclericale e di una sinistra post-comunista il risultato sia quello di escludere argomentazioni libertarie. Così diventa il confronto fra due etiche contrapposte che tentano di imporre l'una all'altra la propria verità, e il vero nodo, della libertà individuale, rimane in secondo piano. E' ciò che è accaduto ieri sera alla ben congegnata trasmissione di Ferrara. Argomento la RU486 e l'aborto. Con un medico messo in mezzo e una diessina educanda. Alcune domande mi rimangono strozzate in gola. Un cittadino che si presenti in una struttura pubblica per sottoporsi a una pratica medica consentita dev'essere dotato di tutte le informazioni, l'assistenza e i pareri tecnici necessari a una scelta consapevole. Ma può lo Stato incaricare dei militanti religiosi o politici di dissuadere per suo conto da una scelta che nei fatti peserà sulla coscienza individuale? La paziente dovrebbe essere indotta a confessare davanti a dei perfetti sconosciuti i propri travagli dell'anima? Per quanto tempo è lecito che duri l'opera di dissuasione? E una volta che il dado sia tratto, è lecito che un medico non possa prescrivere la pratica che ritiene meno dannosa e sulla quale ci sia pieno consenso della paziente? Un cittadino adulto dev'essere affiancato da commissari etici? L'utilizzo in via sperimentale di "moralizzatori pubblici" sarà esteso ad altri ambiti? Il pregiudizio che la decisione di abortire non può che essere presa con leggerezza e senza moralità porta a una concezione paternalistica e illiberale del rapporto fra Stato e Individuo. Concludo che non si possa essere libertari solo in economia.

E nessuno, caro ministro Storace, ha mai sostenuto che l'aborto sia un «valore civile», né, pensi un po', «un diritto civile». Diritto umano, non solo civile, è il principio di autodeterminazione dell'individuo che oggi subisce un attacco su tutti i fronti, allo scopo di togliere alla donna, ma in prospettiva non solo a lei, di decidere del proprio corpo. L'osservazione di Adriano Sofri, che la battaglia contro l'islam fondamentalista si combatte purtroppo sul corpo delle donne, è ahimé ormai valida anche per la battaglia contro l'integralismo cattolico.

«Una tenebrosa rassegnazione»; «Cupi, retrogradi, disinformati: abortisti in battaglia per la morte in pancia». A essere «cupi» sono solo i suoi editoriali da berserker.

UPDATE: «La nostra pazienza deve essere assai prossima all'insensibilità», osserva Malvino.

9 comments:

Anonymous said...

Secondo me, l'angolazione individuale non si addice in modo funzionale al problema dell'aborto. Che riguarda, oltre alla madre, anche l'incolpevole figlio che le giace in grembo. Piaccia o no, la cultura dell'autodeterminazione è stata da sempre adoperata strumentalmente in materia di etica clinica, anche e soprattuto sull'angusto sentiero che dalle "scelte sofferte" conduce al "disimpegno civile". L'aborto è una tragedia che riguarda tutti, ha ragione Ferrara. Altro che berserker: si abortisce in strutture pubbliche, si delineano strategie di prevenzione in sede pubblica. C'est la 194.

Anonymous said...

splendido post...condivido tutto dalla A alla Z....se mi permetti lo linko sul mio sito...ciao
camelot

Anonymous said...

La prevenzione dell'aborto non si fa con i pro-life nei consultori. Si facciano, piuttosto, serie campagne per prevenire le gravidanze indesiderate, ovvero più contraccezione e più informazione, soprattutto a sostegno delle donne immigrate, che spesso provengono da paesi dove l'aborto viene praticato proprio perchè non è diffusa la contraccezione.
Mettere gli attivisti pro-life nei consultori significa mettere persone che ritengono, come ha ben detto la Tarsia, "che non vi siano gravidanze indesiderate, ma solo gravidanze difficili", ovvero significa mettere lì del personale che, per propria convinzione personale (non importa se religiosa) NON ammette la scelta dell'aborto come una delle opzioni possibili, e questo è contrario al parametro di laicità che così bene spiega Rusconi nel suo recente editoriale, ovvero a quel principio della "pari dignità". C'est la laïcité.

Anonymous said...

Se la "laicité" risponde al paradigma indifferentista a cui si rifà il tuo ragionamento, caro Leslie, meglio non essere laici affatto.
Stando a quel che dici, basta fornire una cultura della contraccezione per scongiurare l'aborto "a monte". Fermo restando che personalmente preferisco anch'io farmi promotore di un'acculturazione scientifica, specie a proposito di temi delicati come quelli in oggetto, piuttosto che di un metro meccanicista basato sull'automatismo "tanti chili di lattice/tanti aborti in meno" (che nel terzo mondo sta funzionando così così), mi domando come mai in Italia si viaggi su una media di duecentomila aborti all'anno malgrado una pluritrentennale diffusione dei più disparati metodi contraccettivi.
Forse "liberalizzare" l'interruzione di gravidanza, anziché limitarsi a depenalizzarla, ha indotto a ritenere l'aborto come una una delle tante possibilità di contraccezione disponibili? Io ritengo di sì, così come trovo che strologare sulla "autodeterminazione individuale" anche in presenza di circostanze decisionali poco "individuali" - e ancor meno "bilaterali" - come queste sia segno non di liberalismo, ma solo di menefreghismo.
Prendere atto di un gesto impossibile da proibire tout court significa arrendersi alla realtà (ed è ciò che fa la 194 la quale, ti piaccia o no, fa testo a prescindere dalle tue opinioni personali fino a diversa indicazione); accettare che l'aborto sia comunemente considerato un metodo di controllo delle nascite, invece, mi sembra segno di scarsa sensibilità umana. La vita, gravidanza o non gravidanza, è sempre "difficile". E non mi serve essere religioso (non lo sono) per affermarlo.

Anonymous said...

jim, io credo che si possa essere tradizionalisti e liberisti. Si guardi negli USA. GM

Anonymous said...

"accettare che l'aborto sia comunemente considerato un metodo di controllo delle nascite, invece, mi sembra segno di scarsa sensibilità umana."
Quando e dove io avrei affermato questo, cara Ismael? Mi stai etichettando con posizioni che non ho affatto espresso. Accettare che l'aborto sia una delle scelte possibili, con pari dignità rispetto alle altre, non equivale affatto ad accettare l'utilizzo dell'aborto come "metodo contraccettivo". L'interruzione di gravidanza è un intervento, sia che lo si faccia con metodo farmacologico che con metodo chirurgico, e credo che sia, al contrario, "segno di scarsa sensibilità umana" ritenere, come tu sembri fare fra le righe (nemmeno poi tanto) che le donne vi si sottopongano con leggerezza, come prendere la pillola anticoncezionale.
Le donne che maggiormente nel nostro paese ricorrono all'aborto sono le donne del sud, con scarsa educazione alla sessualità ma, soprattutto, le donne immigrate e provenienti da paesi di cultura "abortista", quindi le tue statistiche vanno lette comprendendo questo imprescindibile fattore. La via che indicavo io, quella dell'informazione sessuale e contraccettiva, mira proprio a contrastare questo tipo di ricorso.
Non mi pare affatto una posizione menefreghista, ma ragionevole.

Anonymous said...

Il vero indifferente, per come la vedo io, è colui che da alla maternità un valore e un significato meramente materiale, senza soffermarsi a considerare il fatto che il concepimento di un figlio, prima che fisicamente, deve avvenire MENTALMENTE. Si diventa genitori perché si ha desiderio e VOLONTA’ di amare e farsi amare, desiderio e volontà che non possono essere imposte, né indotte per mancanza di alternative, ma nascono spontanemente dall’individuo, fanno parte di una condivisione tra due persone oppure di percorso individuale nel quale, assieme al mia felicità, costruisco quella degli altri, e quindi del mio futuro bambino. QUESTO E’ AMORE. Amore E’ scelta e volontà e non si può imporre. Tu parli di "depenalizzazione" dell'aborto, permettimi di inorridire. Cosa può nascere dalla sofferenza e dall’imposizione? A che prezzo? Io inorridisco anche al solo pensiero di essere nata non perché mia madre lo abbia voluto e CERCATO, ma perché qualcuno le ha imposto che io dovessi nascere. E non ci voglio nemmeno pensare, perché se per questo per te (o altri) può essere un bel sogno, un’utopia da perseguire e nella quale credere, per me è semplicemente un INCUBO, credo che se vivessimo in un mondo in cui il concepire vita con amore, nella mente e nel cuore, oltre che nel corpo, non contasse più nulla e fosse messo in secondo piano rispetto alla materialità di una cellula fecondata, da far crescere e svoluppare a tutti i costi, anche in un fisico mentalmente distrutto e sofferente, bè credo che quel giorno avremmo davvero la misura di cosa significa l'inferno, come già è stato in passato, per troppo tempo...

Ps. Sulla "depenalizzazione": la gravidanza indesiderata, che è la circostanza che determina la volontà di abortire, è causata da due persone, quindi con una depenalizzazione dell'aborto, avremmo che cosa? Un reato commesso da due persone, ma delle cui conseguenze è responsabile una sola persona? O si prevedono pene (multe? carcere?) anche per il patner il cui sperma ha determinato quella gravidanza?
E' una provocazione, ma la metto proprio per far capire come tutti noi, qui o altrove, possiamo fare bellissime conversazioni col fiore in bocca sull'inizio della vita dal concepimento e quant'altro, ma poi la realtà è un'altra.

Anonymous said...

Naturalmente hai tutte le ragioni del mondo quando riconduci una discussione teorica, sia pure pregna e appassionante come la nostra, al piano della realtà concreta. Perché l'aborto è un fatto, non un'opinione, come qualunque pratica strettamente connaturata alla "legge del più forte", che in natura è imprescindibile.
Con "depenalizzazione", poi, intendo solo designare lo spirito con cui il legislatore rinuncia a perseguire un "reato" contrassegnato dalle stigmate di cui sopra. Quindi, dato che si rinuncia a vietare una fattispecie giuridica sotto il profilo penale, la si ammette mantenendone l'inquadramento normativo senza dare corso a "punizioni" di alcun genere. Avviene con la legittima difesa, ma avviene (per muoverci in ambiti meno spinosi) coi condoni fiscali.
Non vorrei farmi fraintendere. Ciò che mi preoccupa, quando rifletto su come si sia evoluta la pratica dell'aborto negli ultimi trenta/quarant'anni, non è tanto la "leggerezza" con cui le donne interessate sfrutterebbero questa opportunità, bensì la totale afasia della coscienza sociale che le circonda. Vengono abbandonate e isolate, laddove immagino che per una donna abortire sia sempre un grande dolore. Perché nessuno si risente per la routine ginecologica in cui la cultura della "liberalizzazione" ha trasformato l'interruzione di gravidanza? Non voglio leggi illiberali, giammai, solo mi piacerebbe che emergesse una riprovazione collettiva e spontanea, un'educazione civica in materia. Insomma, tutto fuorché l'indifferenza (della cittadinanza, ripeto, non delle persone coinvolte nei singoli casi) che vige attualmente.
Mi colpisci e mi scuoti quando affermi che: "credo che se vivessimo in un mondo in cui il concepire vita con amore, nella mente e nel cuore, oltre che nel corpo, non contasse più nulla e fosse messo in secondo piano rispetto alla materialità di una cellula fecondata, da far crescere e sviluppare a tutti i costi, anche in un fisico mentalmente distrutto e sofferente, bè credo che quel giorno avremmo davvero la misura di cosa significa l'inferno, come già è stato in passato, per troppo tempo".
Perché la nostra era si trova a vagolare tra la facilità di rimuovere una gravidanza indesiderata sulla base di argomenti (peraltro validissimi) come questi, per poi negare la loro portata umanizzante nel rivendicare l'assoluta libertà di fecondazione artificiale? Conferire importanza all'embrione solo in quanto "palla di cellule su ordinazione" non è forse lo spirito che serpeggia dietro alla domanda di "autodeterminazione" relativa alla FIV?
Intendiamoci, io sono molto libertario quando devo giudicare la contrattazione tra individui adulti e consenzienti. Ma quando mi capita di sviscerare gli annessi di circostanze come queste, che coinvolgono soggetti non tutti consenzienti e non tutti "informati", non posso non rifletterci sopra molto seriamente. Come fai senz'altro anche tu.
Ciao.

PS Ho l'impressione che, nel discutere, ci siamo scambiati i sessi. Io t'ho scritto "caro" (e sei una ragazza, se ho ben capito) e tu m'hai scritto "cara" (e sono masculo, sempre se ho ben capito). Solo per sistemare questa scottante questione..! :-)

Anonymous said...

Sì, ci siamo scambiati i sessi. :-)
Rispetto a --> "Conferire importanza all'embrione solo in quanto "palla di cellule su ordinazione" non è forse lo spirito che serpeggia dietro alla domanda di "autodeterminazione" relativa alla FIV?"
Ecco, secondo me invece è proprio il contrario, mi spiego: io parlavo del "concepire figli mentalmente" mi riferivo proprio a quel desiderio di maternità come creazione di un'altra vita da costruire col presupposto della propria felicità, che è l'unico presupposto che sta alla base della felicità del futuro bambino, come VALORE nobile e da difendere a spada tratta (ma non da imporre, altrimenti non è più un valore!), in quest'ottica, il desiderio di concepire vita che dimostrano le coppie che ricorrono (o vorrebbero ricorrere) alla PMA è proprio quello che io difendo, ovvero un amore così grande da sfidare pure le leggi naturali! L'immagine dei "figli su ordinazione" è molto efficace per un certo tipo di propaganda, ma per nulla attinente alla realtà, che invece mostra delle coppie pronte ad un percorso difficile, che richiede sacrificio e senza la totale garanzia di successo, pur di vedere realizzato quel progetto d'amore cui tengono tanto. Io sarei commossa e felice nel sapere di essere nata in un simile contesto, e un po' la mia storia è simile, nel senso che i miei faticarono molto per potermi avere (anche se non ricorsero a tecniche artificiali come quelle a disposizione oggi). E' questa l'idea di amore che difendo e che per me rappresnta un VALORE. Quando sento persone come Ferrara o altri parlare di "banalizzazione", di "materialismo", con quell'aria di superiorità morale che si danno, mi cresce una rabbia che non hai idea, perchè per me i veri materialisti sono LORO, chi propone un mondo banale e privo di valori è proprio chi, come Ferrara ed altri, porta avanti una corrente di pensiero che vuole si facciano i bambini non desiderati e non si facciano quelli desiderati!
Per me questo è una bestemmia contro l'umanità, non trovo altre parole per definirla. E mi fa rabbia questo ribaltamento della realtà, dove una palese negazione di valori assume connotati positivi solo perchè esposta con proprietà di linguaggio (dote che a Ferrara certo non manca): questo mi fa un'enorme paura.