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Monday, November 28, 2005

Dall'Egitto un'altra prova dell'urgenza democratica

Renzo Guolo probabilmente non lo sa, ma il suo articolo di oggi su Repubblica dimostra la necessità e l'urgenza di attuare a ritmi serrati la strategia di democratizzazione del Medio Oriente sostenuta a Washington da quei neocon per i quali ha parole così stupidamente sprezzanti e in Italia dai radicali di Emma Bonino. L'affermazione dei Fratelli Musulmani alle elezioni egiziane dimostra che i regimi cosiddetti "laici" del Medio Oriente, quelli che avrebbero dovuto assicurare la stabilità, costituire argini efficaci contro l'integralismo, non solo hanno fallito ma sono venuti a patti con la piena che dovevano arginare per conservare il proprio potere. Quello egiziano è l'esempio emblematico.
«Il patto implicito che il regime ha stipulato con il gruppo dopo la dura repressione dell'era nasseriana si è retto su uno scambio silenzioso quanto inequivocabile: al presidente di turno Sadat o Mubarak che fosse, e al blocco sociale che li sosteneva, il potere politico; alla Fratellanza mano libera nella società».
Gli autocrati del mondo arabo come Mubarak usano politicamente gli integralisti, concedendo o negando loro ossigeno a seconda delle convenienze del momento per dimostrare all'"amico" americano quanto in realtà sia sconveniente la democrazia e quanto sia necessaria la repressione dei regimi al potere. Non va dimenticato che il sistema egiziano è ancora un sistema chiuso. L'affermazione dei Fratelli Musulmani è stata indotta in modo spregiudicato, forse con qualche errore di calcolo, dallo stesso Mubarak. Illegali ma tollerati, hanno avuto miglior trattamento di quello riservato ad Ayman Nour e al suo partito liberaldemocratico Al-Ghad, sui quali si sono concentrati gli atteggiamenti intimidatori del regime, come riportato dal Christian Science Monitor. Chiaro il messaggio di Mubarak all'occidente, e alla Casa Bianca in particolare: vedete? io li faccio votare, ma poi vincono gli integralisti islamici. Così la pensa anche il blog Bigpharaoh: «Sarà questa la frase che probabilmente pronuncerà Mubarak al telefono con Bush».

Non dobbiamo cadere in questa trappola retorica che ha il solo scopo di minare la nostra determinazione a promuovere la democrazia in Medio Oriente. Non è vero che quando i popoli arabi e musulmani sono messi in condizione di scegliere, essi scelgono l'integralismo. La verità è che ancora non hanno potuto scegliere liberamente. Insomma, non si è trattato di elezioni libere in cui gli egiziani hanno scelto di sostenere lo slogan integralista "l'Islam è la soluzione", ma di un'operazione messa su dal presidente Mubarak per scegliersi la controparte con la quale venire più facilmente a patti per conservare il potere.

Più delle irregolarità formali infatti a pesare sono state la totale assenza di campagna elettorale e di libertà d'espressione, con il controllo governativo su tutti i mezzi d'informazione, la mancanza di osservatori internazionali e l'opacità delle liste elettorali, quindi la bassa affluenza e il voto ancora interamente o quasi controllato dal partito del presidente. I Fratelli Musulmani sono gli unici che per il loro radicamento sociale sono riusciti a comunicare con l'elettorato. Finché non ci sarà libertà d'espressione, un «ambiente legale di competizione reale», commentava Emma Bonino a Radio Radicale, per altre forze politiche è difficile che ci sia spazio. E' ragionevole, ha aggiunto, che almeno una parte dei Fratelli Musulmani (ma guardando il caso concreto da paese a paese) sia fatta uscire «dal limbo» in cui si trova e si arrivi a «una legalizzazione con diritti e doveri». Un rischio ineluttabile nel dare una possibilità alla democrazia in Medio Oriente è anche quello di veder vincere componenti integraliste, ma non è da escludere che in una società aperta e in elezioni libere forze autenticamente liberali e democratiche possano dire la loro.

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