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Saturday, October 22, 2005

Per questo, lunga vita a Saddam

Ho provato a dirlo come ho potuto in questo post. Cose simili le ha scritte ieri su Il Foglio anche il grande Toni Capuozzo:
«Forse per questo piace, perché incarna la strategia del processo politico, dove non contano le accuse, ma la voglia di condannare, e dove non conta la difesa in punta di fatto, ma il rifiuto di sottoporsi al giudizio. Piace, Saddam, per un inversione degli umori, perfino ai giustizialisti d'occidente, a quelli che smaniano per i processi, agli amanti dei verbali e delle intercettazioni, a coloro che affidano ai tribunali il compito di migliorare il mondo, cominciando con lo sconfiggere i propri avversari. Piace — e spiacciono i suoi giudici — a coloro che vedono le vite degli uomini, e i misteri delle loro esistenze passare come cammelli nella cruna della giustizia, come un verdetto totale e definitivo, ultimo come un'ordaIia, e non come modesto tentativo di appurare infrazioni e crimini, di rabberciare appena un po' le ingiustizie e i contenziosi.
(...)
Piace, il Saddam captivus, a chi ama le frasi fatte, quali la "giustizia dei vincitori", come se esistesse da qualche parte una giustizia dei vinti che non sia la memoria, nel migliore dei casi, la vendetta nel peggiore. Piace a chi trova che la riduzione a pochi capi d'imputazione, necessaria a rendere il processo praticabile, non sia il tentativo di artigliare prove e circostanze di fatto, ma la volontà di evitare i grandi temi della complicità occidentale... avete mai visto un cartello pacifista o no global contro Saddam? Piace, il despota a tutti quelli che, coerentemente, se lo son fatti piacere quando era al potere».
«Per questo bisognerebbe condannarlo alla pena di vivere, alla pena di ricordare, e di vantarsi, se non di chiedere perdono, di scrivere libri, e aiutare gli altri a capire che non tutto il male del mondo è figlio del burattinaio Bush, e non tutti i processi degni di questo nome sono quelli delle piazze e delle bandiere bruciate. Lunga vita a Saddam Hussein».

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