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Thursday, October 06, 2005

Passo falso della Chiesa. Aperta la "questione vaticana"

8 x milleSi apre una fase critica nei rapporti fra Stato e Chiesa. I laici e i liberali potranno perdere il confronto, o rimontare e vincerlo. Ma una cosa è certa, non si torna indietro: lo status quo è superato

Scuole private, strutture alberghiere per pellegrini e cliniche. Alcuni degli immobili di proprietà della Chiesa che non pagheranno più l'Ici. L'articolo 6 del decreto Infrastrutture approvato ieri in Senato estende infatti l'esenzione prevista per le chiese a tutti gli immobili di proprietà della Chiesa cattolica dove si svolgono attività «connesse a finalità di culto» anche in «forma commerciale». «La Chiesa non pagherà più l'ICI (oggi, domani e... ieri)», scriveva Daw qualche giorno fa, sottolineando il valore retroattivo della norma: tutti i Comuni dovranno anche restituire l'Ici ricevuta dal 1993, alla Chiesa basterà inoltrare una semplice domanda di rimborso.

Nulla di veramente nuovo? Il decreto non fa che interpretare in modo più estensivo una legge già esistente, quella del 1993? Può darsi. Di sicuro c'è che negli ultimi tempi sentenze della Cassazione come la n. 4645 del 2 ottobre 2003 - depositata l'8 marzo 2004, relativa alla causa sollevata dall'Istituto suore Zelatrice del Sacro Cuore Ferrari di L'Aquila, istituzione ecclesiastica che gestisce pensionati con pagamento di retta - hanno cominciato sempre più a dar torto agli istituti, confermando che l'esenzione non si applica in presenza di attività di carattere commerciale. La Chiesa, sfruttando il momento proprizio di influenza sulla politica italiana, ha chiesto al governo un soccorso che potrebbe fruttare un risparmio di circa 300 milioni di euro, circa un terzo di quanto attualmente percepisce grazie all'8 per mille.

Penoso il silenzio da parte dei sedicenti laici e liberali della Casa delle Libertà, che tranne Alfredo Biondi si trincerano dietro un imbarazzato no comment, mentre sarà interessante sapere cosa avrà da dire il radicale Benedetto Della Vedova, che proprio oggi inaugura la (dis)avventura di Riformatori Liberali. Noi ci auguriamo che la sua esperienza non venga in pochi mesi, passate le elezioni, ridotta al silenzio come è avvenuto per le altre poche voci laiche e liberali, ex-radicali, rimaste nel centrodestra.

Ma non se la sente nemmeno Romano Prodi di criticare la norma. Preferisce sdrammatizzare, vale «solo se si tratta di locali al servizio della collettivitá», e generalizzare, «trovo che tutte le proposte fatte in questi giorni siano mirate a una ricerca affannosa di voti. Ciò non mi esime dall'analizzarle in modo sereno».

Dal punto di vista dell'equità sociale, l'esenzione dall'ICI per la Chiesa cattolica rappresenta un'ulteriore iniquità nei confronti dei cittadini. Si tratta di una tassa di per sé iniqua perché colpisce la prima casa di proprietà acquistata con guadagni e risparmi (frutto di quanti sacrifici) già ampiamente tassati. Ulteriore iniquità viene aggiunta se il cittadino sarà chiamato a rimettere di tasca propria, o in servizi che i comuni non saranno più in grado di garantire, quello che oggi incassano vescovi e cardinali. Mia mamma, cattolica praticante e combattiva nemica dell'Ici, è su tutte le furie.

L'esenzione è una misura anche illiberale perché a) uno sgravio fiscale su imposte comunali deciso dallo Stato è contrario al principio del federalismo, b) va a favore di una sola religione, c) produce alterazioni nel libero mercato, una distorsione della concorrenza fra imprese commerciali piccole e medie.

«Il materialismo è l'idolatria del nostro tempo... potere e ricchezza e successo sono false religioni». E' stato questo il messaggio lanciato dal Papa ai fedeli e ai padri sinodali riuniti in Vaticano, ma proprio in questi giorni la Chiesa per prima ha dato limpida dimostrazione del suo materialismo, del suo attaccamento agli ori e al potere, reso ancora più odioso agli occhi di un liberale perché si realizza con il denaro pubblico, come un qualsiasi partito o sindacato.

Gian Enrico Rusconi, concludendo il suo articolo di oggi su La Stampa (di cui ho selezionato ampi stralci), suggerisce alla Chiesa un'elegante via d'uscita.
E' una regalia, magari modesta, ma avvelenata. L'esenzione dall'Ici degli immobili della Chiesa adibiti a scopi commerciali e turistici, decisa ieri dal Senato, si presta a due considerazioni. La prima riguarda la politica spregiudicata del governo e della sua maggioranza per ottenere il massimo della benevolenza della Chiesa, a qualunque prezzo.

La seconda considerazione si inquadra nella campagna autopromozionale della stessa Chiesa italiana, che si presenta come istituto indispensabile per il bene pubblico. Se il ruolo cui aspira la Chiesa è quello di supplenza di un'etica pubblica che lo Stato laico non sa o non può produrre, perché dovrebbe rinunciare a benefici particolari? Non si tratterebbe di «privilegi», ma di risorse di carattere pubblico. Sembra un ragionamento astuto, legittimo, realistico. In realtà è un cattivo ragionamento.

Evidentemente gli uomini della Cei sono presi dal timore di dover affrontare in futuro situazioni più difficili, economicamente e politicamente. Da qui il loro orientamento a raccogliere risorse più grandi possibili e più in fretta possibile. Prima che cambi la congiuntura politica, oggi straordinariamente favorevole, Realismo politico? Forse. Ma cattivo realismo per la Chiesa. L'ansia acquisitiva non solo a livello finanziario ma di ogni risorsa di influenza nelle istituzioni pubbliche e private, nei media ecc., nasce nella Chiesa dalla combinazione di vari fattori.

Operazioni come quella passata in Senato sembrano fatte apposta per acuire il dissenso verso la Cei nell'area di centrosinistra. Stento a credere che la parte più sensibile della Cei non abbia messo sulla bilancia, da un lato, i vantaggi materiali dell'operazione d'esenzione e, dall'altro, i costi di una cattiva impressione anche presso gruppi di cattolici.

Immagino l'obiezione che sarà fatta contro queste considerazioni: la Cei non c'entra niente con la decisione del Senato. E' stata una iniziativa tutta politica presa in autonomia dalla maggioranza di governo. Anche qui stento a crederlo. Ma c'è una controprova decisiva: se la guida della Chiesa italiana ritiene inopportuno per ragioni ideali il regalo del governo dica: «No, grazie. Ci sono valori di etica pubblica superiori ai vantaggi finanziari, sia pure legittimi, per la istituzione ecclesiastica». Aspettiamo.

6 comments:

Anonymous said...

passo falso di jimmomo...quegli edifici insieme a tanti altri che non hanno nulla di ecclesiastico l'ICI non l'hanno mai pagata, se avessi fatto un salto sull'Avvenire invece di sentire le solite campanacce ...

Anonymous said...

Un bel coraggio ad aprire il tuo blog con una non-notizia. A completamento di quanto dice fabiot posto il
link
per i piu' pigri. Vediamo se qualcuno scova chi beneficia del 96% delle esenzioni non attibuibili a enti religiosi.

Davide

Anonymous said...

Il fatto che non l'abbiano mai pagata, non significa che non dovessero pagarla. La sentenza della Cassazione del 2004 (la numero 4645) che ha dato ragione al Comune de L'Aquila contro l'Istituto suore Zelatrice del Sacro Cuore Ferrari (che gestivano un pensionato con regolare pagamento di retta), ha stabilito che essendo quella un’attività a carattere prevalentemente commerciale NON doveva considerarsi esentata dal pagamento dell’Ici. Quindi, non è esatto dire che "non c'è notizia" e che è tutto come prima.

Anonymous said...

Jim Momo, ritrova il vaso dove stavi facendo pipi' e cerca di mirare bene, la prossima volta...
Possibile che non riesca mai a non reagire pavlovianamente di fronte al trillo di notizie sulla Chiesa apparentemente "neutre" ma di fatto anticlericali?
Un bell'esame di coscienza???

Anonymous said...

Leslie, non sai che c'è una differenza tra attività commerciali "a fini di lucro" e "senza fini di lucro"?

Secondo te, un ordine religioso che ha fatto voti di povertà, quale delle due potrà intraprendere?

Anonymous said...

Mauro, permettimi di sorridere leggendo "voti di povertà". :D
Sta di fatto che se due cittadini qualsiasi vogliono aprire un "Bed & Breakfast" devono pagare l’Ici, se lo fanno le suore no, questa si chiama "concorrenza sleale". A Roma esistono istituti religiosi trasformati in veri e propri hotel, alberghi e pensioni, molti di questi sono sorti durante i lavori per il Giubileo del 2000, che ha consentito la creazione di migliaia di posti letto con i soldi dei contribuenti, quindi: concorrenza sleale, ai danni dei cittadini e con i soldi dei contribuenti...