Pagine

Friday, October 07, 2005

Comitati bio-etici

Mi impressiona sempre vedere in tv il papà di Eluana Englaro discutere animatamente con il prof. Francesco D'Agostino (qualche sera fa da Vespa), presidente del Comitato di Bioetica. Sapete cosa vedo? Da una parte una coscienza individuale, che chiede di disporre di sé nel caso sia ridotta a un vegetale, dall'altra il rappresentante di una coscienza collettiva in cerca di verità filosofiche e morali che giustifichino la sua esistenza. Al contrario di quella individuale, una coscienza collettiva è un'entità puramente astratta, un paradosso, non esiste "in natura". «Non un parere tecnico, ma etico» è quello espresso dal Cnb, rivendica D'Agostino orgoglioso della sua funzione. Ma se lo Stato, i comitati, la collettività, non hanno una coscienza propria in quanto organi, e sempre dinanzi a singole coscienze ci troviamo, perché alcune dovrebbero valere più di altre? Senza ragionevoli certezze scientifiche e filosofiche sugli stati vegetativi permanenti, e senza sedi dove si abbia piena realizzazione dell'eticità e della ragione, nella coscienza individuale risiede il massimo dell'eticità possibile. Con il testamento biologico non si dispone di sé in condizioni di disperazione e debolezza. Non vorrei che venissero imposti un coraggio e una speranza "di Stato".

2 comments:

Anonymous said...

La "coscienza collettiva" concretizza in termini di legge la rincorsa a quei principi "universali e inalienabili" che certo radicalismo transnazionale si vanta di promuovere. A volte si sbaglia, a volte si sfiora il giusto, altre ancora ci si occupa d'altro. Curioso come ad un'adorazione incodizionata per il paradigma plebiscitario si alterni spesso una benevola sfiducia verso il suo risvolto più evidente: il monopolio delle coscienze. Vediamo di deciderci.
Anche perché sostenere l'automatismo dell'eutanasia in condizioni, come si ammette nel post, di pesante incertezza scientifico-diagnostica, equivale a sospendere qualsiasi principio di precauzione clinica. Un atteggiamento gravido di brutte implicazioni. In assenza di testamenti biologici scritti dall'interessato, meglio rifarsi al "non uccidere". Uno di quei principi "validi per tutti", no? Altrimenti è dura individuare il cuore del tanto chiacchierato diritto naturale...

Anonymous said...

In che senso: "l'automatismo dell'eutanasia"? A me non risulta che la questione sia posta in termini di "automatismo", tutt'altro...
La proposta è quella del testamento biologico, ovvero un documento che ciascuno può, se e solo se lo vuole, redarre e firmare, dicendo quali trattamenti vuole che gli siano applicati e quali no, e se è d'accordo o meno all'essere mantenuto in "vita" artificialmente. Per gli altri, rimarrebbe valida la procedura standard di rianimazione, alimentazione e idratazione artificiale. Quindi non vedo nessun automatismo. Per come sono poste le cose ora, al contrario, quello che dovrebbe essere un diritto (quindi con possibilità di usufruirne o meno), diventa di fatto un obbligo.
Quello che personalmente vorrei, è che anche la mia scelta fosse possibile, tutto qui.