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Thursday, September 22, 2005

Necessario lo scontro finale tra sinistra liberale e neocomunista

Marco Pannella e Fausto BertinottiE' possibile che i radicali, presi nel dialogo con lo Sdi per la costituzione di un nuovo soggetto politico, abbiano lasciato cadere a priori i pezzi più indigesti della propria proposta politica, per esempio su economia e politica internazionale? E' una lettura che a molti fa comodo avvalorare. Sicuramente da parte di chi nutre profonde perplessità sulla direzione di marcia dell'iniziativa pannelliana. Quella dei Radicali che a costo di entrare nel centrosinistra tradiscono se stessi è una suggestione che prenderà piede in modo speculare a quella, attuale ancora oggi, dei Radicali che "non sono più quelli degli anni '70" a causa dei flirt con il Belzebù Berlusconi.

Ma è uno schema che sembra far comodo anche all'interlocutore, allo Sdi di Boselli e a quelle forze del centrosinistra pronte sì a spalancare le porte ai radicali, purché disinnescati della loro «radicalità» e rinchiusi nel comodo ghetto di "Quelli che... i diritti civili". E' la principale preoccupazione, questa, all'origine dell'iniziativa telematica Lievito Riformatore, di Antonio Tombolini e Andrea Vecoli, che intendono far recuperare centralità alle riforme radicali in campo economico e sociale. La convention di Fiuggi darà le prime risposte, ma abbiamo già di fronte qualche indicazione.

Il dialogo presuppone un linguaggio diverso da quello dello scontro, ma ascoltando Pannella si ha proprio l'impressione che non intenda togliere le castagne radicali dal fuoco. Certo, l'interlocutore, secondo convinzioni e convenienze, decide quale spunto cogliere, quale filo tirare, e quale no.

Così, nell'arco di alcune settimane, sono passate sotto silenzio alcune affermazioni di Pannella. Ma andiamo con ordine. Qualche domenica fa, Pannella afferma che il nuovo soggetto politico laico, socialista, liberale e radicale dovrebbe in un certo senso dare «scandalo»: «Se ha da nascere deve avere dalla sua una parte dell'Unione che lo contesti gravemente e un'altra parte che ci creda con ragionevole e ragionato entusiasmo». Aggiunge che «fino a quando il liberismo di Rossi, Einaudi, Salvemini sarà adottato come sinonimo di perversione è necessario continuare a dire "liberista"» e, per quanto riguarda la politica estera, «sarà quella di Saragat, di Silone, la politica di tanta parte dell'intellettualità internazionale, socialista, liberale, che non avrebbe mai immaginato di chiamare occupanti» gli italiani che stanno a Nassiriya o in Afghanistan.

Due domeniche fa, Pannella avverte che il vero obiettivo, quello radicale di sempre, l'«alternativa liberale» al regime partitocratico, non è a portata di mano. Bensì richiede un nuovo soggetto politico democratico e il passaggio per la «forca caudina» dell'«alternanza» prodiana nel 2006. Una tappa necessaria, come una medicina amara, «per avere le energie per realizzare l'alternativa liberale». «E' la minestra che passa il convento della storia», e «non intendo saltare dalla finestra», chiarisce il leader radicale.

Mentre apprendiamo dal Fraser Institute di Vancouver che dopo cinque anni di governo del "liberista" Berlusconi l'Italia precipita nella classifica della libertà economica nel mondo (dal 33° al 54° posto), Pannella non lascia cadere, ma rilancia i temi di politica economica da sempre cari ai radicali: «Basta con la cassa d'integrazione», basta con l'abitudine tutta italiana di «socializzare le perdite e privatizzare i profitti alle aree della grande industria divenuta parassitaria e condannata dal mercato». La disoccupazione «va governata dall'interesse generale e non dagli interessi corporativi». Occorre «provocarla, sovvenzionarla (con un salario quasi pieno), per convertirla in forza lavoro e capitale nei settori competitivi». Pannella si chiede chi siano i creditori con i quali lo Stato italiano è indebitato, sollevando dubbi su degli interessi enormi che agirebbero a tutela dell'entità di questo debito. Una commissione parlamentare potrebbe essere lo strumento che fa al caso nostro.

Pannella e i radicali sono ancora convinti che più un Paese è libero economicamente, tanto più produce sviluppo, garantisce benessere e consolida la democrazia. Bisogna convincere la sinistra. E veniamo all'intervista rilasciata martedì da Pannella al Corriere della Sera: «Uno scontro tra sinistra liberale e sinistra neocomunista è necessario e salutare... Sono amico di Bertinotti, e sono alla sua sinistra; ad esempio noi vogliamo abolire la trattenuta fiscale alla fonte per i lavoratori dipendenti, loro no. Si dicono anche loro radicali, europeisti, non violenti. In realtà non sono soltanto antiamericani, statalisti, classisti; sono razzisti, quando difendono l'agricoltura iperprotetta europea a discapito di quella del Terzo Mondo; cui negano la democrazia, preferendo sostenere i dittatori... La politica di Prodi e quella di Bertinotti sembrano le stesse della Confindustria: protezionismo e cassa integrazione, a spese di cittadini e disoccupati...»

Nessuno nel centrosinistra sembra dire apertamente queste cose. Nonostante in molti abbiano festeggiato quel 50% raccolto «insieme» dalla sinistra tedesca, in molti non si sono accorti, o fanno finta di non accorgersene, che Schröder, al contrario di Prodi, si è rifiutato di governare sotto il ricatto dei suoi bertinottiani. Il problema della sinistra italiana è il tabù dell'unità a ogni costo, a prescindere dai contenuti. Il 2006 sarebbe un'occasione ghiotta per intercettare le aspettative del "centro" riformatore tradito da Berlusconi, ma non si muoverà una foglia finché non vedrà dall'altra parte una chiara scelta riformista, la quale comporta la rinuncia al 6% di Bertinotti e l'iniezione liberale-socialista-laica-radicale di Pannella, che ritiene «necessario e salutare» uno scontro tra sinistra liberale e neocomunista. Presto, per favore.

1 comment:

Anonymous said...

La posizione radicale nel centrodestra al fianco di Berlusconi è una bestemmia storica,voluta da Pannella,che fa saltare nella tomba gente come Pannunzio,Villabruna,Ernesto Rossi etc. che ormai non sono più.Ma fa anche inorridire chi ancora è su questo pianeta:va bene che in questo Paese non si è mai posto limite ai trasformismi più beceri fin dall'Ottocento....ma santo cielo, dall'estrema sinistra dei primi anni settanta a Berlusconi...viene quasi il voltastomaco. E poi il liberismo!Ma qual'è l'imbecille che oggi può parlare di liberismo?Lasciamo stare persone come Einaudi che si richiamavano al "senso etico del mercato",come si fa a confondere Einaudi con ignoranti del calibro di Bossi e Berlusconi??E poi,quanta acqua è passata dai tempi di Einaudi? Nessun liberale vero che voglia definirsi tale può oggi pensare ad una economia che non abbia regole...mah..non ci sono giusticazioni. E ancora:ma veramente si può pensare che i soldati italiano non siano altro che occupanti?Ma chi si vuole prendere in giro con queste cose?Si potrà discutere se una guerra è giusta o no. Ah! già, i radicali sono pacifisti e quindi non possono parlare di guerra,ma solo di iposcrie come la missione umanitaria o di pace. Ma per favore!Basta.Meglio stendere un velo pietoso con il rammarico di avre,qualche volta,votato per una massa di voltagabbana.