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Wednesday, July 20, 2005

Akbar Ganji lotta per la libertà. Noi siamo con lui

Akbar Ganji«Oggi il mio volto distrutto è il vero volto della Repubblica islamica»

I dissidenti iraniani si sono rivolti alle Nazioni Unite per la liberazione di Akbar Ganji (la sua storia), un coraggioso giornalista, ex pasdaran, che da anni conduce inchieste sugli assassinii del regime dei mullah. Kofi Annan non ne sa abbastanza per farsi un'idea. Sì, è incredibile ma così ha risposto. Washington la pensa diversamente e ha denunciato il trattamento barbaro che il regime riserva a Ganji. Ganji è da più di un mese in sciopero della fame e da cinque anni e mezzo in prigione, ma non ce la fa più, viene torturato, sta morendo. Non gli è consentito di incontrare la famiglia, di ricevere cure o assistenza legale. Un musulmano nonviolento? Un Gandhi iraniano? La resistenza, quella vera, contro il fascismo.

«Scriveremo, scriveremo, scriveremo, fino a che troveremo la verità», ripeteva quando poteva ancora parlare e noi con questo post vorremmo onorare la sua lotta. Lotta di un musulmano contro il fascismo. Niente appelli, non voglio lanciare appelli che muoiono là, che ci sentiamo la coscienza a posto appena dopo aver firmato. Vi chiedo di scrivere, di parlare, di non accettare che metà dell'occidente si volti dall'altra parte.

Il presidente Bush ha invitato tutti gli attivisti per i diritti umani e la libertà, e le Nazioni Unite, a occuparsi del caso di Ganji e dei diritti umani in Iran. Ha invitato il governo iraniano a rilasciare «immediatamente e senza condizioni» Ganji. Il presidente si è voluto rivolgere direttamente a Mr. Ganji, «sappia che quando lei lotta per la sua libertà, l'America lotta con lei».

Gli Stati Uniti, osserva però Michale Ledeen, ancora «non hanno saputo trovare una linea d'azione per sostenere la coraggiosa resistenza del popolo iraniano». Nella quasi completa indifferenza dei media occidentali per la situazione dei diritti umani in Iran (tranne il settimanale Tempi che saluta il «moderato» neo-presidente Ahmadinejad), si susseguono dimostrazioni di protesta di cui ci informa Michael Ledeen su National Review. Il regime «ha rimosso gli ultimi frammenti "riformisti" dalla sua vita pubblica»; ha parlato chiaro sull'arricchimento dell'uranio, che prosegue qualunque sia l'atteggiamento della comunità internazionale; lo stesso Khamenei ha proclamato che intende continuare a sostenere i terroristi in Iraq.

La connection Iran-Al Qaeda sta sempre più venendo alla luce, come gli interessi che hanno unito gli sforzi di iraniani, siriani, ex baathisti e sauditi nel preparare una guerra terroristica in Iraq. Il regime iraniano è oggi universalmente riconosciuto come lo Stato leader del terrorismo internazionale. Conclude Ledeen:
«Everything we know about Iran demands that we take action. Every day we learn more. It is hard to explain why we, and the rest of the Western world, continue the farce of negotiations and do nothing to bring down a regime that will surely kill as many of us and our allies as possible. Western appeasement infects others, and surely plays a role in Iraq's recent wet kisses in the direction of Tehran».

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