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Sunday, February 20, 2005

Un disperato bisogno di una retorica pro-democrazia

In America, i liberal, osserva Peter Beinart su New Republic, hanno bisogno di confrontarsi con la retorica pro-democracy del presidente Bush.
«Is George W. Bush the new champion of the liberal foreign policy tradition? Ever since the president's lofty second inaugural, in which he pledged the United States to promote freedom across the globe, conservatives have been emphatically saying "yes" - comparing him to such liberal giants as Woodrow Wilson, Harry S Truman, and John F. Kennedy. Liberals have been saying "yes, but" - acknowledging the moral power of Bush's words, but claiming that his policies contradict them».
In termini di politiche avviate, Beinart sostiene che hanno ragione i liberal, ma è ingeneroso con Bush, prendendo in considerazione le involuzioni autoritarie in Russia, Uzbekistan e Guinea equatoriale, o la mancanza di società libere basate su un'istruzione secolare in Medio Oriente. Bush però sfida i liberal sul terreno della retorica. Tutto qui il problema per Beinart, un deficit di retorica democratica sarebbe quello che manca ai liberal, e Kerry aveva un'agenda anche più credibile per la democratizzazione. Io vedo invece il semplice prevalere tra i Democratici americani dell'area radicale, ma non per questo credo che i suggerimenti di Beinart non abbiano ragioni, e molte.

I liberal dovrebbero dotarsi di una retorica che torni a fondere «idealismo e umiltà». Come l'ammissione che fece Kennedy nel '61 davanti ai Paesi latinoamericani, così oggi gli Stati Uniti dovrebbero riconoscere davanti ai popoli musulmani, i quali lo sanno bene, che gli Stati Uniti nei loro Paesi non hanno quasi mai rappresentato una forza per la democrazia. Il rifiuto di Bush a riconoscere queste verità storiche lo renderebbe «ipocrita e arrogante» agli occhi dei musulmani. E' il mito della propria infallibilità a danneggiare l'immagine degli Stati Uniti.

Ai Democratici non rimane che una doppia scelta, fra un linguaggio realista-isolazionista che non guarda agli Stati Uniti come un promotore globale di democrazia, e un idealismo senza illusioni che riconosce che l'America ha mancato spesso, nella sua storia, di promuovere la libertà globale. Per i liberal, che hanno disperato bisogno di riappropriarsi di un linguaggio pro-democracy, è un buon momento per allacciarvi il "discorso dell'umiltà" mancato a Bush. Leggi tutto l'articolo

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