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Monday, February 14, 2005

Pesante ipoteca sulle speranze di riforma in Libano

Update, ore 23.44. Tutti i sospetti convergono su Damasco. Mentre per tutta la serata di ieri si susseguivano le condanne dell'attentato da parte di esponenti del governo siriano, le opposizioni libanesi hanno accusato esplicitamente il governo libanese e la Siria di essere responsabili dell'assassinio di Hariri, e avanzato delle richieste concrete: il ritiro immediato delle truppe siriane dal Libano; «alla comunità internazionale di aiutare la nostra patria ostaggio» e di «imporre un'inchiesta internazionale sull'omicidio»; la costituzione di un governo transitorio. Proclamato inoltre «uno sciopero generale di 3 giorni» e una «riunione permanente come congresso nazionale».

Gli Stati uniti «parleranno con altri governi della regione e del Consiglio di Sicurezza sulle misure che possono essere prese per punire i responsabili di questo atto terroristico, per la fine della violenza, dell'intimidazione e per ripristinare la indipendenza, la sovranità e la democrazia nel Libano, libero da ogni occupazione straniera». Un chiaro messaggio alla Siria.

Ad essere certa che dietro la morte dell'ex primo ministro Hariri c'è la mano siriana è Danielle Pletka, esperta dell'American Enterprise Institute: «Non c'è dubbio che il governo siriano sia coinvolto, c'è solo uno Stato che ha sempre temuto Hariri». Negli ultimi anni, ricorda, il livello di violenza in Libano era diminuito drasticamente, ma ora le cose stanno cambiando. Per questo motivo, è necessario che «l'Unione Europea e gli Stati Uniti aiutino il paese a tenere duro nei prossimi mesi». Quelle previste in primavera sono «elezioni cruciali e vi è il timore di nuovi attentati. Per i cittadini libanesi saranno momenti difficili, soprattutto per quelli che credono nella libertà e democrazia».

I fatti. Un'autobomba con 300 chili di esplosivo ha ucciso oggi a Beirut Rafiq Hariri, cinque volte primo ministro libanese, oggi punto di riferimento per le speranze di riforma in Libano e per l'opposizione anti-siriana. «Dure condanne» sono giunte dall'Iran, dalla Siria, e dalla Francia, che chiede un'inchiesta internazionale. Un pesante imprevisto per gli obiettivi di politica estera della Casa Bianca, che infatti condanna duramente l'assassinio: «Questo assassinio ricorda in modo terribile che il popolo libanese deve poter determinare il proprio avvenire politico senza violenza e libero dall'occupazione siriana», ha dichiarato il portavoce della Casa Bianca Scott McClellan.

Dopo le elezioni in Iraq e Palestina, Rafiq Hariri rappresentava il leader chiave nel quale riporre le speranze di riforma del sistema politico libanese. Avrebbe certamente guidato le opposizioni nella campagna di questa primavera per le elezioni legislative. Hariri lo scorso anno si è opposto al prolungamento del mandato del presidente filo-siriano Lahoud e si opponeva all'occupazione siriana del Libano.

Il sito israeliano Debka chiama in causa i servizi militari siriani guidati dal generale Rostum Ghazala. L'uccisione dell'ex premier libanese dimostra, secondo il ministro israeliano degli Esteri Silvan Shalom, che «sono in corso tentativi di alterare la stabilità del Medio Oriente ed impedire la democratizzazione nel mondo arabo». Da parte sua il vicepremier laburista Shimon Peres ha condannato l'uccisione di Hariri anche se ha osservato che «non era certo un combattente per la libertà e per la indipendenza. Il Libano ha rinunciato alla sua libertà e si è arreso a gruppi armati che operano a piacimento, sotto la egida siriana». Un «attacco alla democrazia» anche secondo la diplomazia britannica.

Manifestanti sono scesi in strada a Beirut per gridare slogan anti-siriani e al «complotto contro la comunità sunnita del Libano», invitando a «boicottare» le prossime elezioni legislative.

Lo scenario. Per la prima volta in anni di conflitto arabo-israeliano i maggiori leader dell'opposizione libanese hanno deciso di esercitare pressioni sul governo per il riconoscimento di Israele e la firma di un trattato di pace separato, indipendentemente da Damasco. Hariri si era fatto promotore di questo movimento, reso possibile dalla risoluzione del Consiglio di Sicurezza dell'Onu del 29 gennaio scorso. Stabilendo che i territori contesi lungo il confine settentrionale di Israele facevano parte, prima della guerra del 1967, del Golan siriano - e non del Libano - viene sottratta al gruppo terrorista sciita di Hezbollah la principale giustificazione per gli attacchi contro Israele, lasciando liberi i leader libanesi di iniziare i negoziati con Tel Aviv. Tolta di mezzo tale questione, il Libano infatti non ha ulteriori contese territoriali con Israele e niente più a che fare con la contesa tra Israele e Siria sul Golan. Nulla osta dunque a che fra Israele e Libano siano stabiliti normali rapporti.

Per l'amministrazione Bush, questi passi, volti a isolare la Siria di Assad e i gruppi di Hezbollah, erano strettamente collegati con l'eventuale vittoria di Hariri e dei suoi due alleati alle prossime elezioni libanesi, che avrebbero fatto da corollario alle altre tre elezioni democratiche in Medio Oriente (Afghanistan, Iraq, Palestina). Per Washington il test chiave sul regime del presidente siriano Assad è costituito non tanto dal ritiro delle truppe siriane o dal rispetto della risoluzione 1559 dell'Onu sul Libano, certo importanti, ma dalla fine dell'influenza dell'intelligence siro-libanese che controlla l'intero mondo politico libanese. L'assassinio di Hariri va letto quindi nel contesto sia delle molte forze del terrore in attività in Medio Oriente, sia del sostegno di Assad al terrorismo e al governo pro-siriano di Beirut. L'attentato è destinato infatti ad avere un'influenza negativa sul processo di riconciliazione tra Sharon e Abu Mazen e sulle chance di convincere i gruppi palestinesi al cessate-il-fuoco.

2 comments:

Anonymous said...

grande post, cercavo qualcosa per capire meglio la situazione, e devo dire che lo hai fatto in modo straordinario.
Mii permetto di linkare, ciao, aa
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Anonymous said...

mi permetto di sottolineare la gravita del fatto. e' come se yushenko, candidato dell'opposizione ed ex primo ministro, fosse stato ucciso davvero e non solo avvelenato. purtroppo in libano e' ancora troppo facile evitare le rivoluzioni arancioni dietro l'angolo.