Pagine

Friday, February 18, 2005

Le bombe del voto e dell'informazione

I tiranni a Teheran, Damasco e Riad cercano di "resistere" allo tsunami democratico. Ledeen, e il radicale Capezzone, indicano una strategia realistica

Oggi su Il Foglio, paginone imperdibile. La traduzione di questo articolo del neocon Michael Ledeen, pubblicato su National Review. Seguono alcuni estratti:
«C'è mai stato un tempo più drammatico di quello attuale? Il medio oriente è in subbuglio mentre i tiranni falliti si affannano a venire a patti con lo tsunami politico scatenato dagli eventi in Afghanistan e Iraq. La potenza della rivoluzione democratica può essere notata in tutti i paesi della regione... questo è un momento rivoluzionario... ma questi momenti sono effimeri e, se non sono afferrati... Il mondo guarda a noi per ulteriori azioni, non solo grandi discorsi... Soprattutto dobbiamo sostenere quelli che l'hanno capito subito, a cominciare dal presidente, e ignorare i consigli di quelli che non l'hanno capito, compresi alcuni dei nostri "famosi esperti di professione".
(...)
Sarebbe un errore di proporzioni gigantesche se, sull'orlo di una trasformazione rivoluzionaria del medio oriente, rinunciassimo a questa nostra storica missione».
Due fattori potrebbero portare al fallimento, avverte Ledeen: «Il volersi concentrare soltanto sull'Iraq e considerare il potere militare come l'elemento principale della nostra strategia rivoluzionaria. La rivoluzione spesso arriva sulla canna di un fucile, ma non necessariamente sempre». Il primo obiettivo, dice Ledeen, deve essere il regime degli ayatollah in Iran, la «madre» di tutto il terrorismo moderno, e indica una strategia:
«Lo strumento per la loro distruzione è la rivoluzione democratica, non la guerra, e la prima "bomba" nella battaglia politica in Iran è un referendum nazionale. Facciamo in modo che gli iraniani esprimano la loro volontà nel modo più semplice possibile, cioè rispondendo a questa domanda: "Volete una Repubblica islamica?". Mandiamo Lech Walesa e Vaclav Havel a supervisionare il voto. Facciamo in modo che le parti opposte competano in modo aperto e libero, che i giornali scrivano, che le radio e le televisioni trasmettano, sostenute completamente dalle nazioni libere. Se i mullah accetteranno questa sfida, sono convinto che l'Iran sarà nel giro di mesi sul sentiero verso la libertà. Se, temendo una reazione del proprio popolo, i tiranni di Teheran rifiutassero il referendum libero e continuassero con la loro repressione, allora le nazioni libere sapranno che è arrivato il momento di mettere in campo tutte le pressioni possibili per permettere agli iraniani di ottenere la libertà».
«Quanto detesto la parola stabilità!».
«Non è forse l'antitesi di tutto quello che conta per noi? Noi siamo la personificazione del cambiamento cambiamento rivoluzionario, sia in patria sia all'estero. Nella maggior parte dei casi, quelli che deplorano la mancanza di stabilità stanno in realtà fornendo delle scuse ai vari dittatori e svendendo così masse di popolazioni che aspirano alla libertà».
In Iraq, tre elementi di valutazione. Primo, il fallimento del governo di Allawi, e quindi l'errore, da non ripetere, di insediare un governo che goda del consenso al Dipartimento di Stato piuttosto che degli iracheni. Se persisteranno nel voler imporre il nuovo governo iracheno e se continueranno a intromettersi nella definizione della Costituzione irachena, finiranno con attirarsi le antipatie della stragrande maggioranza degli iracheni. Secondo, il successo militare e strategico della battaglia di Fallujah, che ha permesso di svelare «il massiccio coinvolgimento dei governi di Siria e Iran» e la «folta presenza di "reclute" saudite» tra i jihadisti.

Una cintura mediatica globale. Nella stessa pagina, l'intervento del segretario dei Radicali Italiani Daniele Capezzone che prende spunto dalle parole di Ledeen e invita, con l'avvicinarsi del 25 aprile, a «cercare nel meglio del proprio passato anche le ragioni di un futuro desiderabile e possibile».
«Se cioè l'antifascismo - e, beninteso, l'anticomunismo, l'antitotalitarismo - deve rappresentare una guida politica per l'oggi, un modo concreto di essere antifascisti anche quando le celebrazioni commemorative sono concluse è quello di lottare perché altri 25 aprile siano possibili: e Michael Ledeen racconta, prefigura l'obiettivo necessario e possibile di un 25 aprile a Teheran».
Con il voto su un referendum, come «atto elettorale» originario di un percorso democratico, accompagnato da quelle che i radicali chiamano «bombe dell'informazione».
«Occorre altro rispetto agli strumenti militari tradizionali: bisogna sradicare dai loro cuori e dalle loro menti quel che gli è stato instillato per tutta la vita... Occorre accerchiare i regimi con una vera e propria "cintura mediatica globale" capace di svuotare il loro potere, e di ridare una chance di conoscenza - e quindi di libertà e di democrazia - ai popoli oppressi... Occorre prevedere apposite e più consistenti voci nei bilanci delle Difese nazionali, e rivedere profondamente - ovunque - il rapporto tra i fondi destinati alla spesa militare tradizionale e le risorse messe a disposizione di questa sempre più necessaria "guerra preventiva e permanente". E la stessa operazione va compiuta attraverso la rete... con "attacchi", vere e proprie "offensive di controinformazione" a sostegno di chiunque si opponga, nel mondo, a regimi ed autocrazie. Il rapporto tra i costi e i benefici di una simile operazione si rivelerebbe, con ogni probabilità, tanto positivo da risultare privo di paragoni».
Il concetto stesso di sovranità nazionale ne risulta completamente stravolto e subordinato all'esercizio dei diritti individuali. E' il dovere di ingerenza, l'interventismo democratico:
«Non si tratta di "esportare" alcunché, né di "esportare valori occidentali". Si tratta, al contrario, di rimuovere in tutto il mondo gli ostacoli che si frappongono alla possibilità, per ogni donna e per ogni uomo, di vedere effettivamente realizzato il proprio diritto individuale alla libertà e alla democrazia».

No comments: