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Tuesday, February 01, 2005

Iraq. Lo schiaffo della realtà/2

«La cosiddetta democrazia all'occidentale non esiste: la democrazia o c'è o non c'è» (Tony Blair)

Ricordate quel film di qualche anno fa, intitolato Risvegli? Ecco, mi pare che quello che possiamo dire dopo queste promettenti elezioni irachene è che lo schiaffo della realtà ha colpito in pieno alcuni visi del centrosinistra italiano, risvegliandoli dal letargo pacifista e dal cinismo franco-tedesco. Non può che essere un altro benefico effetto, se pure di minore importanza, del voto di domenica. In molti però, sono rimasti in uno stato di coma profondo, catatonico.

Bisognerà pure farsene una ragione, siamo in democrazia e tutte le "antropologie" hanno cittadinanza. Bisognerà pure arrivare a una conclusione politica del perché ancora in tanti o non vogliono riconoscere questa vittoria democratica, prevedendo - quasi sperandoci - ancora catastrofi come hanno fatto dall'inizio, o, peggio, chiamano "farsa" le elezioni, continuano a definire "resistenza" i terroristi di Al Zarqawi e "occupanti" i liberatori. Diciamolo una volta per tutte: parte del mondo cattolico e della sinistra post-neo-ancora-comunista non si riconosce affatto nei valori delle democrazie liberali, non può combatterli apertamente, ma cerca costantemente di boicottarli dall'interno attraverso la mistificazione.

Ciò che dobbiamo chiederci è: esiste in Italia una sinistra "assalita dalla realtà"?
Partiamo da un punto di chiarezza, come al solito, da Christian Rocca (Il Foglio), che ci ricorda di quelli che «non ne hanno mai azzeccata una».
«Sono gli ops-inionisti, quelli che sbagliano sempre analisi ma continuano a spiegarci il mondo, nonostante le loro opinioni risultino ­ ops! ­ smentite dai fatti». Continua con i voti!
Leggiamola dunque, questa sinistra "assalita dalla realtà"...
Fare i conti con la realtà:
«Un po' di entusiasmo, suvvia, potreste dimostrarlo anche voi. In fin dei conti siete di sinistra, volete liberare i popoli dalle loro catene, militate in movimenti che hanno versato copioso sangue e condotto molte guerre in nome della Liberazione. Com'è possibile che non ci sia un moto di gioia, che non si avverta in voi un entusiasmo, seppur non facile, che non vibri una corda di commozione - sì, di commozione - davanti allo spettacolo di un popolo che finalmente vota, di fronte alle donne che per la prima volta votano, di fronte alla scheda elettorale brandita contro le autobombe e i kamikaze? Possibile che basti che in un posto ci siano gli americani per dimenticare decenni di predicazioni sul diritto dei popoli e la libertà delle genti?
(...)
Una sinistra all'altezza dei tempi dovrebbe dunque oggi rivedere radicalmente le proprie posizioni di politica estera, non per fare il mea culpa, ma per darsi una nuova politica estera. Alla delusione degli estremisti, che speravano in un disastro, non si può rispondere con i pannicelli caldi di una mezza astensione parlamentare, di una posizione furbetta sul ritiro, di un balbettìo fatto di se e di ma. Se i riformisti vogliono davvero conquistare l'egemonia nel centrosinistra, devono fare i conti con la realtà e indicare una direzione di marcia. Se facendolo saranno costretti a rivedere qualche sciocchezza detta su Bush o su Blair, poco male: è un prezzo che si può pagare per rimettersi al passo con la Storia. Continua
il Riformista
Organizzazione delle democrazie:
«La promozione della democrazia deve diventare una priorità nell'agenda politica europea e dovrà condizionare in modo significativo la politica estera del nostro paese. Per intanto andrà riorientata la cooperazione allo sviluppo per favorire le nuove democrazie e le democrazie in transizione, poi andranno messi a punto programmi e progetti di assistenza democratica e di sostegno economico ai movimenti che si battono per la libertà nei paesi con regimi dittatoriali. Infine si dovrà rilanciare il progetto della Community of Democracies promosso durante l'amministrazione Clinton, con l'obiettivo di far nascere una vera e propria Organizzazione delle democrazie in grado di mettere a punto politiche comuni di sicurezza, programmi di cooperazione e sviluppo, promuovere l'ingerenza umanitaria».
Gianni Vernetti, il Riformista
Le "pernacchie" di Marini:
«L'affluenza alle urne dimostra che è stato compiuto un passo importante per la costruzione della democrazia in quel Paese. Bisogna ammetterlo, Bush e Blair avevano ragione... Come si fa a non capire che questa è una vittoria degli americani e dei governi suoi alleati? Spero l'abbiano capito tutti nel centrosinistra. E che d'ora in avanti non si accampino scuse. Che ci serva da lezione, perché non possiamo muoverci con leggerezza in politica estera. A qualcuno dei nostri alleati verrà la bella idea di chiedere il ritiro delle truppe italiane dall'Iraq. E magari proporrà anche una mozione parlamentare. In tanti ne sarebbero capaci, solo che stavolta li prenderemmo a pernacchie». Il fatto è che non ne può più di «sentir dire certe fregnacce», provenienti anche da un'area del suo partito: «Me lo ricordo cosa dicevano i pacifisti. Ricordo che secondo costoro non si sarebbe andati da nessuna parte. Ecco la risposta, i risultati in Iraq ci sono stati, eccome».
Franco Marini, Corriere della Sera
Rutelli apre a maggioranze trasversali più ampie sull'Iraq:
«Invece di discutere sul ritiro dei nostri soldati decidiamo come aiutare il processo democratico iracheno... Non mi scandalizzo se come accaduto per il Kosovo si formano maggioranze trasversali più ampie... Questa è una svolta il coraggio degli iracheni che hanno sfidato Al Qaeda lascerà tracce profonde... Elezioni truffa in Iraq? Mi chiedo se chi lo dice oggi lo ha affermato con questo vigore anche quando in Irak si svolgevano le elezioni promosse da Saddam... Con le elezioni è iniziato un nuovo Iraq. L'evento è storico e positivo» e ora si apre «una nuova fase, dopo quella della guerra e dell'occupazione: la fase di avvio della democrazia».
Francesco Rutelli
Malinteso o cattiva fede?
«Gli iracheni dunque avevano una voglia pazzesca di libertà, come ampiamente previsto dai maltrattati teorici dell'esportazione della democrazia. A noi occidentali, stanchi di pratiche democratiche, basta un po' di maltempo oppure una bella giornata di sole per disertare in massa le urne. In Iraq, dove la democrazia non c'è mai stata e dove gli esperti di geopolitica ci dicevano che non sarebbe mai potuto accadere ciò che è successo domenica, gli iracheni hanno sfidato i kamikaze islamico-fascisti e le minacce dei nostalgici di Saddam pur di aggrapparsi a un futuro democratico.
(...)
La straordinaria partecipazione al voto, prima in Afghanistan e poi in Iraq, dimostra che gli ideologi non erano i neoconservatori, le cui idee hanno ricevuto l'entusiastica conferma dei diretti interessati, piuttosto i professorini del politicamente corretto fuori e dentro l'amministrazione Bush... Eppure la stampa ha continuato ad accusare di "estremismo ideologico" i neoconservatori, cioè gli unici che non pretendevano di fornire alcuna soluzione studiata a tavolino se non quella di lasciare liberi gli iracheni di badare a se stessi». Continua
Christian Rocca, Il Foglio
Altro che scontro di civiltà, è democrazia contro tirannia:
«Chi avesse ancora dubbi sulla strategia dei ribelli, legga il manifesto del capo terrorista Abu Musab al Zarkawi: "Guerra senza quartiere contro i princìpi della democrazia e tutti coloro che li difendono". Altro che "scontro delle civiltà", Occidente contro Oriente! Per al Zarkawi, noi occidentali e gli elettori iracheni siamo alleati, e insieme dobbiamo essere puniti. E' quanto hanno compreso le voci libere decise a sostenere, senza reticenze, la lenta emancipazione dell'Iraq, dai filosofi Ignatieff e Walzer, ai saggisti Hitchens e Berman, ai premi Nobel per la Pace Wiesel e Ramos-Horta, al fondatore di "Medici senza Frontiere" Kouchner, perfino al Dalai Lama. E' ora che anche i leader riformisti della sinistra italiana si pronuncino, in concreto, sui passi per costruire un Iraq libero e stabile.
(...)
Rassegnarsi all'immobilismo, sulla falsariga di Parigi e Berlino, gioverà poco al consenso del centrosinistra, e nulla alla sua ambizione di rappresentarsi come erede degli ideali di libertà e giustizia. Non c'è bisogno di acrobatici revisionismi, né sono richiesti tortuosi atti di autocritica per riconoscere che in Iraq s'è voltato pagina, partecipando, con realismo, alla ricostruzione, materiale e politica, a partire dalla missione di peace-keeping di Nassiriya. Il compito di far chiarezza riguarda i leader...» Continua
Gianni Riotta, Corriere della Sera
«Si era detto che la guerra avrebbe provocato la spartizione dell'Iraq in tre entità curda, sciita e sunnita. Invece è crollato il regime tirannico di Saddam e l'Iraq è rimasto integro. Si era detto che le elezioni avrebbero trasformato l'Iraq in una Repubblica islamica sciita filo-iraniana. Invece è alquanto prevedibile che al governo ci saranno i laici.
(...)
Ora la questione sunnita è ormai al centro di una speculazione ideologica e politica... Ma il punto cruciale è che, a dispetto di un luogo comune, l'Iraq non è affatto diviso territorialmente su base etnico-confessionale». Continua
Magdi Allam, Corriere della Sera
Bush e Blair hanno avuto ragione. La loro strategia «alla fine è risultata realistica e di buon successo».
«La dottrina Bush aveva preso le mosse da due presupposti: che si rendesse necessaria l'ingerenza umanitaria scavalcando anche le sovranità nazionali laddove fossero massicciamente violati i diritti dell'uomo; e che la sicurezza internazionale fosse messa in pericolo dal regimi tirannici, i cosiddetti Stati canaglia. L'intervento in Irak ha dimostrato che l'uso della forza per rimuovere il regime tirannico di Saddam Hussein è riuscito sia a mettere fine alle violenze di Stato restituendo alle popolazioni la possibilità di scegliersi un libero governo sia a porre le premesse per una stabilità geopolitica della regione, condizione di una maggiore sicurezza internazionale.
(...)
Il doppio effetto della guerriglia sconfitta e del la democrazia vincente non potrà che riflettersi positivamente su tutto l'Islam e, particolarmente, sul Medio Oriente.
(...)
La Francia seguita dalla Germania e poi dalla Spagna ha puntato tutto sul fallimento degli americani per intervenire successivamente sul disastro con un qualche appeasement con gli islamisti. Se, come probabile, la strategia americana contribuirà a fare uscire l'Irak dal pantano della guerriglia ed aiuterà l'instaurazione di legittime autorità pluraliste, costringerà i critici d'Europa - gli Stati nazionalistici o i movimenti pacifisti antiamericani - a prendere atto del fallimento delle loro posizioni.
Massimo Teodori, il Giornale

1 comment:

Anonymous said...

I due post sullo "schiaffo della realtà" sono eccellenti. Mi permetto di linkarli.
Grazie
saluti

http://herakleitos.ilcannocchiale.it