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Friday, November 19, 2004

In America convergenza bipartisan per un'Alleanza delle Democrazie

Bush e ClintonBush ha intenzione di «far entrare nella storia il suo secondo mandato» e pensa ad una nuova organizzazione internazionale per le sfide del XXI secolo. Lindsay e Daalder - clintoniani - avanzano il progetto di una «formale» Alleanza delle Democrazie, mettendo in soffitta il principio inviolabile della sovranità statuale. Esiste il diritto/dovere di ingerenza democratica

Ieri l'attento Maurizio Molinari, su La Stampa, ci ha portati all'interno di un dibattito in corso a Washington su quale debba essere il nuovo assetto multilaterale del mondo libero. Il presidente George W. Bush sarebbe fermamente intenzionato a «far entrare nella storia il suo secondo mandato». Lanciando l'idea di una nuova organizzazione internazionale più adatta dell'Onu e della Nato ad affrontare le nuove sfide del XXI secolo. Su questa ipotesi sarebbe già al lavoro con il futuro segretario di Stato, Condoleezza Rice, per stabilire un elenco di priorità condivise che possano far compiere il «primo passo verso un Alleanza del XXI secolo che unisca le nazioni accomunate dal rifiuto del terrorismo e della proliferazione nucleare così come dalla volontà di promuovere gli scambi commerciali e di combattere povertà, malattie endemiche e sottosviluppo».
Queste voci riferiscono di
«un presidente in arrivo a febbraio in Europa portatore di un ambizioso progetto multilateralista destinato a modificare radicalmente l'architettura degli accordi internazionali che oggi regolano le relazioni fra nazioni sovrane ma che risalgono alla fine della Seconda Guerra Mondiale. Trattandosi della genesi di un'idea, che potrebbe affermarsi come affondare, a Washington se ne discute ogni possibile variazione».
Si discute su varie ipotesi:
«Includere solo gli europei restando nel quadro transatlantico, anche la Russia ovvero l'intero emisfero settentrionale, oppure estendere il raggio a Giappone, Terzo Mondo e Paesi arabi mirando a una dimensione planetaria; mettere l'accento su ciò che unisce, puntando a un patto fra le democrazie del pianeta, oppure sulla definizione del nemico ovvero la lotta al terrore; limitarsi a un'agenda di politica e sicurezza come avviene nel caso della Nato oppure includere promozione di commercio e sviluppo sociale come fa il testo del piano sulle riforme nel Grande Medio Oriente approvato dal G-8 di Savannah». Leggi tutto
I Dem. clintoniani
Della necessità di una nuova organizzazione internazionale più legittimata ed efficace di quelle esistenti nell'affrontare le sfide globali di questo secolo sono convinti anche James M. Lindsay e Ivo H. Daalder, entrambi esponenti di punta della Brookings Institution, think tank di area democratica clintoniana. Entrambi sono stati membri del National Security Council tra il '95 e il '97, Lindsay è ora passato al Council on Foreign Relations. L'articolo pubblicato su Financial Times il 5 novembre, «Our Way or the Highway», è esplicito e indica problemi e soluzioni.

Sia Kerry, nel sottolineare come la cooperazione sia più efficace se gli stati lavorano all'interno di istituzioni internazionali come Onu e Nato, sia Bush, con il suo profondo scetticismo nell'efficacia e nella legittimità di queste istituzioni, hanno la loro parte di ragioni. I due think tankers democratici riconoscono che:
«le istituzioni esistenti hanno fallito nell'affrontare con efficacia le principali sfide di oggi. Il tema unilateralismo vs. multilateralismo, che ha dominato il dibattito transatlantico negli anni recenti, non centra il dilemma essenziale. (...) Serve un rinnovato consenso in America e oltreatlantico sul fatto che i nostri interessi sono tutelati al meglio da un'istituzione internazionale che incoraggi la cooperazione in modi che siano sia efficaci sia legittimi. Un'Alleanza delle Democrazie è proprio tale istituzione».
Occorre prendere atto che le istituzioni attuali - Onu e Nato - sono inadeguate
L'Onu può contare su «qualche rilevante successo», ma si è dimostrata incapace di «portare la pace dove non esiste», è «impotente» di fronte a regimi che opprimono le loro popolazioni. I 12 anni di risoluzioni sull'Iraq dimostrano l'incapacità del Consiglio di Sicurezza ad imporre la «volontà dell'Onu». Non è un problema di riforma del Consiglio, di addestramento di forze di peacekeeping, o di fondi. Il problema vero è che «i suoi principi fondanti sono obsoleti».
Va superato il principio della pari sovranità dei suoi membri, senza riguardo per la forma dei loro governi. Così, Lindsay e Daalder teorizzano il diritto/dovere all'ingerenza, all'interventismo democratico, al quale in Italia fanno riferimento solo i radicali di Emma Bonino e Marco Pannella.
«Le principali minacce alla sicurezza nel mondo di oggi giungono dagli sviluppi interni agli Stati. (...) In due dei tre ultimi casi (Serbia, Afghanistan, Iraq) il Consiglio di Sicurezza ha mancato di autorizzare esplicitamente l'uso della forza, nell'altro lo ha fatto solo implicitamente. (...) Oggi, il rispetto per la sovranità dello stato deve essere condizionata a come gli stati si comportano al loro interno, non soo all'esterno. La sovranità porta con sé una responsabilità a proteggere i cittadini contro la violenza di massa e un dovere a prevenire gli sviluppi interni che minaccino gli altri. I regimi che falliscono nell'adempiere a questi doveri e responsabilità dovrebbero perdere il loro sovrano diritto alla non-interferenza negli affari interni».
Alla Nato va riconosciuto il suo successo strategico: «L'Europa oggi è più pacifica, più unita, e più democratica che in ogni altra epoca nella storia». Ma oggi non risponde più alle esigenze strategiche sia degli europei, che guardano sempre più all'Ue come guida delle loro politiche estere e di sicurezza, sia degli americani, che fiduciosi nella loro potenza, la usano all'occorrenza.

Una «formale» Alleanza delle Democrazie
Questa la soluzione istituzionale individuata da Lindsay e Daalder, per vita e forma ad un nuovo patto strategico di politica estera e di difesa per il XXI secolo. Per risolvere il problema di legittimità globale del potere americano, e per offrire agli altri membri dell'alleanza la possibilità di influire nelle scelte. A differenza della Comunità delle democrazie lanciata a Varsavia nel 2000 (progetto Albright), «la membership dell'Alleanza delle Democrazie deve essere limitata ai paesi dove la democrazia è così radicata da ritenere impensabili processi regressivi verso forme autocratiche di potere». Una vera «istituzione globale», con circa 60 paesi che coprirebbero tutti i continenti.

Lo scopo: «Unire le democrazie per affrontare le loro comuni sfide di sicurezza». Un «ampio mandato», con «reali responsabilità». I compiti: combattere il terrorismo, fermare la proliferazione di armi di distruzione di massa e l'espansione delle malattie infettive, occuparsi dei guai del clima terrestre. Ma soprattutto far avanzare nel mondo i valori fondamentali alla loro sicurezza: governi democratici, rispetto dei diritti umani, economia di mercato. L'Alleanza dovrebbe avere tra i suoi obiettivi quello di espandere la propria membership, così da creare incentivi alla democratizzazione. Sul fronte politico, l'Alleanza rappresenterebbe un potente caucus sia all'interno dell'Onu sia all'interno del WTO, sul fronte militare dovrebbe emulare la Nato, nel coprire sia scenari di guerra ad alta intensità che operazioni di peacekeeping. La cooperazione tra i paesi membri potrebbe estendersi anche alle sfide economiche: eliminando le barriere doganali, elaborando strategie di assistenza finanziaria e nuove politiche energetiche.

Americani ed europei dovrebbero farsi promotori della costruzione di tale istituzione. Servirebbe a «promuovere i valori dell'America tutelando i suoi interessi», ad incoraggiare gli europei ad «assumersi più ampie responsabilità», trovando anche il modo di coinvolgere gli Usa in un «multilateralismo formale». D'altra parte, concludono gli autori, le ricerche dimostrano che «gli americani considereranno legittime le istituzioni internazionali solo se incarnano i valori democratici che hanno a cuore».

Puntate precedenti. Nel corso dell'ultima sessione dell'Assemblea generale dell'Onu, Kim R. Holmes, sottosegretario di Stato per le Organizzazioni internazionali, rese noto l'intenzione dell'amministrazione Usa di lavorare ad un caucus delle democrazie, una rete che unisca e coordini i paesi democratici all'interno delle Nazioni Unite, per un'azione comune soprattutto sul fronte della difesa dei diritti umani e delle libertà individuali. Holmes parlò esplicitamente di «Comunità delle democrazie», che dovrebbe essere costituita da quei paesi che rispondono agli standard democratici indicati dalla Dichiarazione di Varsavia del 2000 (secondo una stima americana, un centinaio tra i 191 paesi membri dell'Onu). Una comunità da affiancare a quel «fondo per la democrazia» proposto all'Onu dal presidente Bush stesso. segue »
Sempre Holmes è stato autore il 3 settembre di un lungo articolo pubblicato negli Stati Uniti su The National Interest e in Italia su Aspenia: «Values and Principles in UN Reform».

1 comment:

Anonymous said...

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