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Thursday, October 14, 2004

Kerry mantiene il testa-a-testa

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    Washington Post
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    Pbs


  • I dibattiti televisivi hanno dissolto il precedente vantaggio di Bush, segnando - rispetto ad inizio settembre - due punti importanti in favore di Kerry: gli hanno permesso - e gli permetteranno ancora - di insinuare dubbi sul presidente negli elettori; lo hanno accreditato come presidential. Saranno decisive le ultime tre settimane di campagna a rincorrere il voto negli Stati in bilico. Bush ha da lavorare molto per riguadagnare quel vantaggio sicuro che aveva al termine della sua convention, ma se dà l'impressione di annaspare, allora è perduto. Nel dibattito di ieri - a cui per la verità molti americani hanno preferito il baseball - i due candidati sono rimasti ciascuno al suo angolo, a consolidare le loro posizioni: saranno forse i "fatti" a spostare gli ultimi indecisi? Entrambi sono apparsi a loro agio, competenti ed efficaci. Semplicemente, hanno evitato le questioni più ostiche, come sul welfare, dove nessuno sembra avere un piano preciso. Interrogato più di una volta su come intenda finanziare il suo piano per la sanità e onorare la sua promessa di non alzare le tasse, Kerry non ha mai fornito una risposta precisa. In effetti, il piano di Kerry per estendere la sanità pubblica è molto costoso ed è stato facile per Bush dipingere il suo avversario come un «classic big-spending liberal». Ma Kerry sa che molti di questi programmi governativi sono popolari, anche se l'etichetta di liberal attribuita a chi li sostiene non lo è.

    Nei primi sondaggi post-debate, la Cnn proclama vincitore Kerry 53 a 39, la Cbs dà a Kerry un 39 per cento contro il 25 di Bush, con 36 telespettatori su 100 per i quali è stato pareggio. Anche per Abc è un pareggio.
    Kerry ha attaccato Bush per aver inanellato una serie di fallimenti economici e sociali, sul deficit, sull'assicurazione sanitaria, sul numero di disoccupati, mentre Bush ha replicato attaccando il candidato democratico per il suo «record» come senatore: 20 anni di voti per alzare le tasse, senza fare nulla di significativo sulla riforma sanitaria.
    «He's . . . the only president in 72 years to lose jobs -- 1.6 million jobs lost. He's the only president to have incomes of families go down for the last three years, the only president to see exports go down, the only president to see the lowest level of business investment in our country as it is today. Now, I'm going to reverse that. I'm going to change that. We're going to restore the fiscal discipline we had in the 1990s.»

    «His rhetoric doesn't match his record. He's been a senator for 20 years. He voted to increase taxes 98 times. When they tried to reduce taxes, he voted against that 127 times. He talks about being a fiscal conservative, or fiscally sound, but he voted over -- he voted 277 times to waive the budget caps, which would have cost the taxpayers $4.2 trillion.»

    Washington Post

    Per Andrew Sullivan, alla fin fine, vince sempre Kerry:

    «Of all the debates, this seemed to me to be the hardest to call. On substance, I give Kerry a clear advantage. There were some issues in which he simply out-debated the president, answered more questions and had a better case. But on manner and style, Bush came in extremely strongly in the last half-hour, emerging finally as the funny, humane figure that many of us came to admire in the last election cycle. Over all, Kerry cemented his new image as calmer and, oddly enough, more presidential than Bush. But Bush critically regained his likability, his rapport with people, and his moderate voice. What all this means I'm not sure».
    Possibile problema per Kerry: «Kerry's liberalism emerged more strongly last night, and that may play against him in the next few weeks».
    Possibile problema per Bush: «He never gave us a reason to re-elect him, except more of the same».

    Per Todd S. Purdum, del New York Times, un «test cruciale, ma non definitivo»:
    «They were a rough passage for Mr. Bush, who saw his September lead over Mr. Kerry slip away as the Democratic nominee established himself as a plausible presidential alternative. In a crucible where voters measure the self-confidence, authority and steadiness of the candidates, Mr. Kerry delivered a consistent set of assertive, collected performances. Mr. Bush appeared in three guises: impatient, even rattled at times during the first debate, angry and aggressive in the second, sunny and optimistic last night».
    Mancano ancora tre settimane al voto, nelle quali i due candidati possono rendere lontani i tre dibattiti: «Each candidate has reason for hope, and ample evidence for doubt».

    Per New Republic Kerry ha vinto il terzo dibattito come gli altri due: vanificando i tentativi di Bush di etichettarlo come liberal spendaccione, proprio il punto dove invece i commentatori filo-Bush vedono il successo del presidente. Per John B. Judis, Kerry ha superato due dei tre ostacoli che lo separano dalla vittoria. Primo, presentarsi come credibile comandante in capo, e c'è riuscito col primo dibattito. Anche se gli elettori vedono più Bush in quel ruolo, il margine si è ristretto e non basta a garantirgli la rielezione. Secondo, convincere sulle domestic issues che importano proprio negli Stati in bilico, obiettivo raggiunto la scorsa notte; ma Kerry deve lavorare ancora - terzo - per entrare in maggiore confidenza con gli elettori. William Saletan (Slate) e Tim Grieve (Salon) non hanno dubbi: Kerry ha stravinto. Mentre su The Nation, David Corn è più dubbioso: Kerry ha prevalso, ma importa? Sarà decisivo?

    Favorevoli a Bush tutti i commenti sul Weekly Standard. «Cosa volete in più dal presidente?», Fred Barnes è sicuro, ieri ha vinto Bush:
    «What do you want to achieve in a presidential debate? You want to hammer home your campaign themes. You want to put your opponent on the defensive. You want to sell yourself personally. And you want to avoid a gaffe or a damaging sound bite. Bush did all four in Wednesday night's third and final nationally televised debate with John Kerry. It was his best debate performance ever and that includes his three debates with Al Gore in 2000. As a result, it may have won Bush a second White House term».
    «Non c'è più niente da dire, ora bisogna votare», è il titolo del commento di Deborah Orin sul New York Post, favorevole a Bush: ieri la sua migliore performance, rilassato e rassicurante, mentre Kerry a tratti era irritato, non che sia andato male, ma la strategia di dipingerlo come troppo liberal è sembrata efficace. L'obiettivo di Bush era quello di rinserrare i suoi. Molti i dubbi su quanto questi dibattiti abbiano spostato voti in un elettorato piuttosto diviso. Dick Morris usa un punteggio tennistico «Pari, vantaggio Kerry» e se la prende con chi ha permesso che un democratico dibattesse con un repubblicano esclusivamente su temi come l'economia e la salute, «una montagna impossibile da scalare per Bush». Lasciando liberi i temi del dibattito, il terrorismo avrebbe prevalso avvantaggiando Bush:
    «Each issue in our politics has a natural identification with one of our two parties. After decades of experience, the Republican Party has an edge on issues of defense, crime, security, morality and taxes; the Democrats have more credibility on health care, Social Security, job creation, minority rights and the environment».
    Quest'ultimo dibattito non cambierà nulla nei rapporti di forza, commenta il Post, entrambi i contendenti se la sono cavata, ma ora i dibattiti sono finiti e rimane l'unico vero tema che importi: combattere il terrorismo. Su questo, Kerry è uno che parla, Bush uno che agisce.

    Di particolare interesse un excursus ragionato del Washington Post sulla carriera politica di John Kerry e sul suo modo di gestire i suoi uffici. La sua forza è che sa ascoltare, dicono di Kerry, il problema è che ascolta troppe persone, un atteggiamento che forse si è trasferito anche nella sua campagna elettorale, nella quale si è mostrato spesso indeciso e propenso a cambiare posizione. Se l'organizzazione decisionale di Bush è di tipo verticistico, "aziendalistico", Kerry prima di agire ama dibattiti e discussioni, cercando sempre maggiori informazioni per valutare la varie opzioni.
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  • Spinalley
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  • «Milionari per Bush, miliardari per Kerry»
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