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Sunday, March 30, 2003

Visto da New York
Gianni Riotta, intervistato a Radio Radicale, rimette un po' di cose al loro posto sulla guerra in Iraq. Il ruolo dei mezzi di comunicazione (tv, giornali, internet), le strategie militari e i rapporti nel Pentagono, Bush, Saddam, i pacifisti, la proposta di Pannella «Iraq libero». Ascolta l'intervista
RadioRadicale.it
Otto e mezzo
Argomenti di questa puntata: (Vai all'audiovideo)
La paura dell'overstretching e il vitale bisogno americano di multilateralità (da anni gli Usa chiedono agli europei di spendere di più per la difesa), ma l'enorme sfiducia nell'Onu per il futuro politico militare.
Progetto Usa per l'Iraq: governo civile iracheno subito e militari a garantire la sicurezza. La Francia si oppone ad una seconda risoluzione su un governo multinazionale Onu in Iraq perché sancirebbe la legittimità dell'intervento ex-post. Blair invece è favorevole al mandato.
Il problema non è tanto il ruolo dell'Onu, ma la politica della Francia. Se Francia e Russia decidono di non essere più 'amici' degli Usa? Il paese che più ha agito unilateralmente è la Francia, gli Usa hanno insistito sull'Onu.
Cosa ha detto l'Onu dell'esercito francese in Costa d'Avorio? E cosa dire delle pressioni di Francia e Germania sui parlamentari turchi per non far votare il passaggio dei militari Usa, con l'unico risultato, visto che ormai l'attacco era iniziato, di prolungare la guerra e aumentare i costi umani?
L'enorme peso e influenza di Blair su Bush e nel dibattito politico negli Stati Uniti.
Perle: una lega delle nazioni democratiche. Radicali: il parametro della democrazia abbia un suo peso e una riflessione vera sui principi della Carta.
Sull'effetto domino: la guerra non sarà sempre inevitabile. L'Iran è più pericoloso, ma mezzi politici sufficienti, poi convincere Arabia saudita. Il peso dell'11 settembre. Bush ha trascurato la diplomazia e la strategia comunicativa come aspetti pacifici dell'esportazione della democrazia.
RadioRadicale.it

Documento: La National Security Strategy
Bowling at Columbine
Michael Moore è l'autore del documentario "bowling at Columbine", vincitore di un Oscar. Questo studio smaschera tutte le balle contenute nel sedicente documentario. Leggi
Camillo
Bush = Saddam
Alla riunione del Correntone Ds ci si augura la sconfitta americana. Secondo Luciano Canfora, Bush e Saddam sono due dittatori.
Giovanni Berlinguer, leader del correntone Ds: «E' sbagliato auspicare una rapida vittoria delle truppe e dei bombardieri angloamericani 'perché così almeno finisce'. E' sbagliato perché non finirebbe nulla, il popolo iracheno passerebbe da un’oppressione all'altra e l'impotenza allo strapotere americano alimenterebbe atti terroristici dettati dalla disperazione».
Lo storico Luciano Canfora: «Bush è stato eletto senza avere i voti, la sua non è una legittima elezione democratica ma un colpo di mano della Corte Suprema. Allora si potrebbe dire che c'è un dittatore contro l'altro in questa guerra».
Gianni Vattimo, filosofo e Ds: «Non è possibile parteggiare per Saddam, questo no, ma quando gli americani o gli inglesi trovano qualche difficoltà non è che non faccia dispiacere, visto che qualche rallentamento è fondamentale per il dopo». Leggi tutto
Corriere della Sera

Friday, March 28, 2003

Ufficiale. Pannella denuncia Rettore di RomaTre
Il Rettore Guido Fabiani ha disposto, il 20 marzo, all'inizio dell'attacco anglo-americano in Iraq, la sospensione delle lezioni e la chiusura delle aule per agevolare la partecipazione di studenti e docenti alle manifestazioni pacifiste.
«Con questo atto politico e illegale in realtà il Rettore ha violato anzitutto il diritto degli studenti che sono andati alla manifestazione (come alcuni di coloro che partecipano alla denuncia) di far pesare la propria assenza dalle lezioni come conseguenza delle proprie convinzioni e della propria coscienza. Così facendo invece, la scelta dell'assenza dalle lezioni è stata ridotta a mera obbedienza a un "ordine di stato" che invitava tutti quanti ad andare in piazza». Il Comunicato dei Radicali
RadioRadicale.it
Le aspirazioni francesi
Un vivace dibattito tra Richard Perle, un importante consigliere per la sicurezza nazionale del Pentagono, e Daniel Cohn-Bendit, leader del partito verde al Parlamento europeo. «Perle - Se la mia previsione che in Iraq tutto andrà per il meglio si trasformerà in realtà, i recenti danni verificatisi nelle relazioni transatlantiche saranno rapidamente riparati. Avremo ancora il problema delle ambizioni francesi a costruire un'Europa opposta all'America. E se i francesi stanno effettivamente creando un contrappeso, le loro relazioni con gli Stati Uniti non si possono definire un'alleanza. In tal caso noi, come americani, dovremo considerare come affrontare questa rinuncia europea all'asse transatlantico». Leggi tutto
Il Foglio
I protagonisti della guerra
Tutti i veri e numerosi protagonisti di questa guerra in Iraq secondo Andrew Sullivan, Sunday Times, Londra. «Ecco perché, in fondo, questa guerra non è stata creata o inventata da Bush. Ma è una guerra di cui Bush ha stabilito in modo indelebile il corso, e che è determinato a proseguire fino alla vittoria». Leggi tutto
Il Foglio
Una parte di noi
Riccardo Barenghi direttore de 'il manifesto': «Quando ci guardiamo allo specchio, le cose stanno diversamente: una parte di noi, nel senso di una parte di ognuno di noi, pensa e spera che gli iracheni resistano (per quanto nessuno a sinistra potrebbe mai identificarsi con il loro regime), che gli americani paghino cara la loro guerra, che il sacrificio di migliaia di soldati o civili possa servire a bloccare il progetto che l'amministrazione Bush sta cercando di praticare da un anno e mezzo in qua». Leggi tutto
il manifesto
Ilaria Alpi Il più crudele dei giorni

Sono stato ieri all'anteprima del film su 'Ilaria Alpi Il più crudele dei giorni', sulla giornalista Rai uccisa, con il suo cameraman Miran Hrovatin, il 20 marzo 1994 in una agguato a Mogadiscio. Regia di Ferdinando Vicentini Orgnani, protagonista Giovanna Mezzogiorno. Non mi permetto, perché ignoro la vicenda, di esprimere giudizi sulla ricostruzione che il film propone dei motivi e i personaggi che sono dietro questo terribile assassinio. Non mi permetto di esprimermi su come ne esce la personalità di Ilaria, che non conoscevo. Il film è godibile, un po' lento, quasi un documentario, ma si segue, interessa, pur con molti se e ma di natura tecnica, ci sono delle frequenti punte di mediocrità sconcertante. Il montaggio è di quelli odiosi che si sforza di apparire originale ma è solo sconnesso, invadente, confonde. La sceneggiatura troppo spesso cede alla soap. I personaggi alla fine, a prescindere da com'erano nella realtà, sono stereotipati. La ricostruzione dei fatti è per lo più credibile, meno quando accenna, ma solo qualche battuta, a presunti coinvolgimenti politici, dei servizi, degli americani (elementi immancabili ormai). Dato per scontato che lo spettatore conosca già la vicenda, anche quella giudiziaria seguita alla morte della Alpi, se non ne sa niente non potrà, dal film, ricevere delucidazioni. La Mezzogiorno, bravissima in 'La finestra di fronte', qui lo è molto, molto meno, piatta direi. Però ripeto, il film si segue bene, ma non chiedetemi se vale il prezzo d'entrata. Miran Hrovatin è Rade Sherbedgia ("Prima della pioggia", "La tregua", "Eyes wide shut"), davvero bravo, sa dare forma e anima al suo personaggio forse anche meglio della Mezzogiorno.
Non so se Ilaria Alpi fosse proprio così, con quel puro idealismo per la sua professione, o se ne vengono amplificate le doti e le qualità, e non so se fosse così spesso turbata, afflitta, come appare in molte scene fin troppo 'mistiche' della pellicola. Certo è che l'immagine che se ne dà, a mio avviso, è eccessivamente stereotipata. Ne perde la sicura singolarità della sua persona, ma la colpa non è sua.
5-5,5
::Blog dal fronte/2::
Il soldato Kevin. The primary main objective is to destroy the evil power.
::Blog dal fronte/1::
Il primo che vi segnalo tra i blog scritti dal fronte di guerra in Iraq è Liutenent Smash. Live from the sandbox.

Thursday, March 27, 2003

Al Boccà e Guantanamo
"Sul quotidiano più liberal d'America, il Boston Globe, 18 ex prigionieri afghani di Guantanamo raccontano di essere stati trattati benissimo". Cosa c'entra Al Boccà?
Camillo
Ma i coglioni proprio tutti a Roma Tre!?
Paolo Benvenuti, docente di Diritto internazionale all'Università di Roma Tre, sostiene che con la missione dei paracadutisti partiti dalla base di Ederle "l'Italia perde i diritti di neutralità" e "si espone quindi all'attacco dei Paesi belligeranti". "Uno Stato che permette il passaggio di truppe, mezzi e munizioni di uno dei belligeranti per andare sul luogo conflitto è contrario agli obblighi di neutralità. Chi lo fa si espone alla violenza bellica. In questo caso sono stati violati gli obblighi di neutralità".
Gli chiedo: quando l'Italia si è dichiarata paese neutrale? Io non me ne sono accorto. A me pare che ci sia una bella differenza tra Paese neutrale e Paese non belligerante. L'Italia è paese che non combatte, ma alleato degli Usa, dunque non neutrale. Inoltre, già il fatto stesso di appartenere ad un'alleanza militare come la Nato è incompatibile con lo status di Paese neutrale. Mi vengono in mente vecchi detti su certe mamme sempre gravide... o forse si tratta di ringraziare chi ci ha trovato il posto...
Né con Bush né con Saddam
'Il Riformista' punge
La sinistra non sia ipocrita, Epifani ha espresso bene l'attuale posizione di tutto l'Ulivo: «Guglielmo Epifani non ha fatto altro che trarre le logiche conseguenze dalla posizione che ha assunto la sinistra italiana dopo l'avvio del conflitto. Il né con Bush né con Saddam è la posizione politica che ha di fatto assunto l'opposizione, quando ha deciso di manifestare in piazza e nelle aule parlamentari per chiedere la sospensione delle ostilità. Chiedere la fine delle ostilità a guerra in corso equivale dunque ad accettare la vittoria di Saddam, la sorte del cui regime è oggi il prezzo della pace».
Caldarola spiega che "bisogna coniugare la battaglia per la pace con la battaglia per la libertà". Ma «quando non si può coniugare, quando la storia divorzia pace e libertà, che si fa? Si sta né con Bush né con Saddam? Grazie, no. Non in nostro nome. Dalla sinistra che non sta né con Bush né con Saddam noi ci dimettiamo». Leggi
il Riformista
L'Onu da rifondare
Piero Ostellino: «Il diritto internazionale e l'Onu non possono essere modellati sull'utopica presunzione di un mondo in cui tutti gli Stati sono uguali. Al contrario, diritto internazionale e Onu devono essere il crocevia fra Etica e Potere. Cioè la sede di regole alla cui formulazione e alla cui applicazione chi dispone di più potere finisce inevitabilmente con avere maggior peso di chi ne ha meno; ma che, al rispetto di tali regole, sa anche di doversi attenere».
«Ora, la minaccia del "pacifista" Chirac di ricorrere, in nome dell'universalismo dell'Onu, al diritto di veto se la Francia non sarà ammessa a partecipare al "dividendo economico della pace", dopo essersi opposta alla guerra, esemplifica fino ai limiti del paradosso l'anomalia francese. A conferma che gli interessi sono sempre sinceri, i sentimenti no». Leggi
Corriere della Sera

Wednesday, March 26, 2003

Le chance di Saddam
Esiti mai scontati. La smettano di ripeterci in tv che la vittoria è certa
Come pensano i comandi militari alleati di vincere la guerra? Si sta cercando di circondare Baghdad. Bene, e poi? Decine di migliaia di fedelissimi di Saddam sono dentro, pronti a tutto, anche alle armi chimiche, anche contro la popolazione. Entrare significherebbe pagare un altissimo prezzo in vite umane, Usa e Gb non se lo possono permettere, pare che non sia questa, infatti, la strategia. Militarmente parlando, è proibitivo vincere una guerra minimizzando al massimo perdite proprie e di civili, i generali sono costretti ad acrobazie cui non sono abituati. E' un vantaggio per il nemico, disposto a perdite umane infinite. Aspettare, assediare, bombardare per decimare le difese irachene e far crollare il regime. Sarebbe bello, ma è preoccupante sapere che non esiste un'opzione 'militare' per prendere Bahghdad e far cadere il regime. Questo è un altro vantaggio, almeno psicologico, per Saddam. Quindi, il tempo gioca a suo favore. Ecco dove sono le chance del dittatore iracheno, sono legate alla durata della resistenza agli assedi e non sono proprio così esigue: logorare le truppe Usa, le opinioni pubbliche occidentali, destabilizzare il mondo arabo. Questa la strategia di Saddam: "Loro mi aspettano fuori e mi bombardano per farmi crollare, incoraggiano le popolazioni a rovesciarmi e i miei fedelissimi a tradirmi, ma io aspetto dentro, perché non possono venirmi a prendere, ché gli costerebbe troppo. Più passa il tempo, più le loro truppe si scoraggiano, le loro opinioni pubbliche protestano, gli altri regimi arabi si destabilizzano". Speriamo non gli vada bene, ma puntare allo 0 a 0 è pur sempre una strategia, e a volte riesce. In questo caso le chance sono poche, ma ci sono. Vi prego quindi, non dite in tv che l'esito è scontato, mi fate rabbrividire.
= Angoscia.
Saddam non mollerà
Quale può essere la fine di Saddam? E' evidente che non cederà, perché ha una sua strategia militare, che fa forza sul fatto che gli angloamericani faranno di tutto per non doverlo andare a prendere fisicamente, correndo così il rischio di esporsi a una carneficina. Le sue armi valgono ancora come forte deterrente nei confronti di Paesi non disposti a sopportare numerose perdite. Quindi, l'esilio sembra fuori discussione, piuttosto, se proprio qualcosa dovesse andar storto, potrebbe tentare una fuga all'ultimo minuto (magari in Siria, paese con cui già collabora nel produrre e nascondere armi chimiche e biologiche).
Antiamericani
La posizione di Epifani: "Né con Bush, né con Saddam". Pare che Rutelli non sia d'accordo.
Quella tentazione né-né, di Francesco Merlo: «Epifani rischia davvero di snaturare la Cgil immaginandola equidistante tra la civiltà occidentale e quella di Saddam, tra il nazismo islamico e la drammatica fatica di Tony Blair e dei laburisti inglesi, che sono uno degli elementi costitutivi dell’antropologia della classe operaia di tutto il mondo, e dunque anche dei sindacati italiani, certamente della Cgil. Epifani li tradisce se si fa Né-Né: né con il Labour né con Saddam. Il pacifismo non c’entra: così Epifani, magari involontariamente, si fa furiere e portatore d’acqua (politica) del terrorismo internazionale, del fondamentalismo islamico».
«davvero adesso ci aspettiamo che si scusi e che ci spieghi».
«Il danno maggiore Epifani lo fa ai nostri generosi e appassionati ragazzi che manifestano in tutta Italia, con il cuore candido e puro. Ebbene, da questo momento, i nostri figli rischiano di diventare nelle piazze d’Italia gli scudi umani del signor Né-Né».
Corriere della Sera

Tuesday, March 25, 2003

La guerra che si vede
L'informazione in tempo di guerra. Altra prospettiva rispetto a quella di Romano. «Questa volta i giornalisti sono "incastrati". E' la vera novità della strategia mediatica del Pentagono e sta già dando i suoi frutti. Sono circa 600 i giornalisti 'embedded' nell'esercito della coalizione in Iraq. Il 20 per cento di questo battaglione è composto da giornalisti non americani. Hanno seguito un breve addestramento militare e ora sono legati indissolubilmente all'unità di combattimento che li incorpora».
Il Foglio
Nulla si sa
Nelle guerre di un tempo esistevano i «bollettini». Michele ci segnala un editoriale di Sergio Romano. L'informazione in tempo di guerra: i belligeranti duellano nell'arena mediatica. «Vince chi può sfruttare una buona notizia, perde chi appare contraddetto e smentito dalla realtà. Ma il giorno dopo si combatte un nuovo match in circostanze forse diverse. E nella guerra dell'informazione la vittoria di un giorno annulla, nella memoria dei telespettatori, la sconfitta del giorno prima».
Corriere della Sera

Monday, March 24, 2003

Pannella denuncia Fabiani, "scempio del diritto"
Il leader radicale Marco Pannella è fermamente intenzionato a denunciare il Rettore dell'Università Roma Tre, che il giorno 20 marzo aveva sospeso le lezioni e chiuso le aule per incoraggiare la partecipazione di studenti e docenti alle manifestazioni pacifiste contro la guerra in Iraq.
«Il Rettore merita un diploma di rettore dell'era fascista».
«Se fossi un pacifista sarei andato a dire al Rettore: "Sono pacifista, ma mi rifiuto di essere un manifestante per ordine del Rettore e dello Stato, sei un fascista, sei promosso per meriti di conformismo, infami la dignità della legge, del diritto, dell'università, e provvederò a denunciarti"».
Audiovideo real (ascolta con volume al massimo)
RadioRadicale.it
Le immagini, la verità. Sergio Romano
Attenzione all'informazione in tempo di guerra. Michele mi ha segnalato anche l'editoriale di Sergio Romano uscito oggi sul Corriere della Sera. Purtroppo non sono riuscito a recuperare il link, credo non lo abbiano messo on-line. L'informazione di guerra E', per necessità, manovrata da entrambe le parti. «Reticenze, imprecisioni, informazioni manovrate», le definisce Romano. «Una straordinaria quantità di immagini che danno a chi le vede la sensazione di conoscere tutto in presa diretta, insieme a una quantità di notizie non verificabili, diffuse con i più svariati mezzi dell'informazione globale».
La nuova dottrina sulla Sicurezza Nazionale
Camillo ci segnala un'analisi del documento strategico di Bush, "ora che c'è la guerra"
Camillo - Il Foglio, 23 marzo

Friday, March 21, 2003

Giornata di riflessione
  • Il dibattito interno all'amministrazione Usa sul dopo-Saddam e la strategia in Medio Oriente

  • Il ruolo ambiguo della Siria in questa crisi e in quelle precedenti

  • Il «wishful thinking» su 'la Repubblica'

  • Leggi tutto sul primo "foglio"
  • Cosa si muove in Iran

  • e in Kurdistan

  • Leggi tutto sul secondo "foglio"
    su Il Foglio
    Pannella annuncia una denuncia contro Fabiani
    Pannella intende denunciare il Rettore dell'Università di Roma Tre. Lo ha annunciato stamani intervenendo a Radio Radicale, perché ieri Fabiani «ha proclamato la serrata e impedito a chiunque l'esercizio attivo e passivo dell'attività didattica, per conformismo o per sporca necessità di carriera, e mi quereli il Rettore». Lo denuncia «a nome anche di tutti gli studenti che sarebbero andati alle manifestazioni, ancor più se significava scegliere tra l'atto obbligato e quello civile, e che invece si sono trovati di fronte a un ordine di Stato». Questa è l'Italia :-(((
    Riascolta l'intervento di Pannella
    Radio Radicale
    L'Università di RomaTre si ferma contro la guerra
    Il Rettore dell'Università di Roma Tre Guido Fabiani ha deciso nel giro di poche ore e senza alcun preavviso di sospendere per l'intera giornata le lezioni per permettere a tutti (professori, personale, studenti) di partecipare al giubilo pacifista.
    Comunicato del Rettore di Roma tre
    Care colleghi e colleghe,
    per favorire la più ampia partecipazione democratica alle iniziative programmate nella giornata odierna dalle organizzazione degli studenti e delle organizzazioni sindacali dei lavoratori, ho disposto di concerto con i presidi di facoltà, la sopensione di tutte le attività didattiche programmate per la giornata odierna.
    Alcuni studenti
    Caro rettore, caro preside, cari professori,
    siamo rimasti alquanto dispiaciuti (ma non affatto sorpesi) nel constatare che a seguito dell'attacco anglo-americano la prima risposta che questa università ha deciso di dare è stata il blocco obbligatorio immediato delle attività didattiche.
    Ad azione militare quindi è seguita un'azione altrettanto unilaterale.
    Nell'ordine sono stati calpestati a nostro avviso:
    - il diritto di tutti i non pacifisti a continuare a seguire la didattica
    - il diritto dei pacifisti a far pesare la loro leggittima assenza dalle aule dove si sarebbero dovute tenere le decine di lezioni previste;
    - il diritto degli studenti lavoratori e fuori sede ad essere informati preventivamente
    Facciamo appello, per la per la prossima volta, ad esprimere le vostre opinioni in un modo differente e fuori dalle istituzioni che rappresentate.
    Vi auguriamo un buon passaggio sui tg3 regionali....

    Wednesday, March 19, 2003

    Ma Berlusconi non è Blair
    Berlusconi: Italia paese "non belligerante". Secondo quanto deciso dal Consiglio supremo di difesa presieduto stamani da Ciampi, concedereremo agli Usa il diritto di sorvolo e le basi, ma non per attacchi diretti. Berlusconi ha spiegato alla Camera che nel quadro di tutte le risoluzioni Onu sul disarmo iracheno (dalla 678 alla 1441) l'attacco anglo-americano è legittimo (Vai alla notizia). Presidente, ma allora, perché non partecipiamo attivamente?
    Resta il fatto che, ahimé, la posizione della sinistra italiana, è la stessa di Haider, poiché anche Francia e Germania hanno concesso il sorvolo e l'uso delle basi.
    RadioRadicale.it
    Altro che Ballarò, «Balla-Rai»
    La prego, signora presidente della Rai, per la stima che nutro nei suoi confronti, intervenga. Lei è una professionista dell'informazione, visioni la registrazione della puntata di ieri sera, 18 marzo, di Ballarò, valuti i due servizi filmati proposti (e rivendicati) dal conduttore Floris. Non mancherà di notare che si è trattato letteralmente di propaganda in perfetto stile goebbelsiano, non solo e non tanto per le opinioni che vi erano espresse, ma per la fattura tecnica dei servizi.
    Il problema non è tanto cacciare Floris, come fu cacciato Santoro, ma, e da giornalista credo che nessun presidente Rai possa farlo meglio di lei, imporre al centro dell'informazione Rai una professionalità giornalistica smarrita da anni. E vale per tutti, dai Tg, fino a Vespa. Non è una questione di uomini, ma, ben più preoccupante, di "antropologia"!
    Blair is Democracy
    La Camera dei Comuni ha votato con 412 voti favorevoli e 149 contrari la mozione del Governo Blair che autorizza "tutti i mezzi necessari" per il disarmo dell'Iraq (stamani il GrRai diceva "a fatica"). Un sondaggio compiuto oggi rivela che il 52% dei cittadini britannici avrebbe votato a favore di quella mozione. E pensare che i giornali italiani lo avevano dato per spacciato. Incassato l'appoggio di Clinton, Blair si dimostra un vero leader, uno statista responsabile di fronte al suo popolo, con un discorso onesto che alla Camera semplicemente ha convinto.
    Blair non è Chamberlain
    Editoriale su Il Foglio
    Tutti i sondaggi sull'opinione Usa
    L'impeccabile
    «da noi, l’impegno del governo a fianco degli Usa e quello dell'opposizione a fianco della Francia non producono politica estera, ma sfociano in una sorta di "fuga nell'ideologia" sull'immoralità della guerra, finendo con l’essere entrambi ambiguamente subalterni agli interessi nazionali altrui». Piero Ostellino - Leggi
    Su Corriere della Sera
    La politica italiana e la guerra in Iraq anche in "L'opposizione uninominale", commento di Renzo Foa, ex direttore de l''Unità', su 'il giornale', in prima pagina. Ascoltalo da Massimo Bordin
    In ogni famiglia esiste una parte sana
    Urrà per Carla, la sorella del mio amico e collega Adriano!

    Tuesday, March 18, 2003

    Fidatevi di Tony
    L'invito è di Bill Clinton, che si fida di Blair. La sua opinione sull'uso della forza per disarmare l'Iraq e sulla posizione di Francia e Germania. Vi ricordate l'Ulivo mondiale, quando D'Alema e Veltroni si incontravano in Toscana con Blair e Clinton? Sembra proprio morto e sepolto, almeno a giudicare dalle posizioni della sinistra italiana, contraria persino all'uso delle basi italiane, concessione fatta anche da Francia e Germania.
    The Guardian
    Ancora 48 ore
    Bush lancia l'ultimatum: Saddam lasci entro 48 ore. Duro con il Consiglio di Sicurezza: non ha fatto fronte alle proprie responsabilità. Nel discorso, anche l'avvertimento ai generali iracheni, le promesse all'Iraq liberato, la nuova dottrina: l'impossibilità, nel 21° secolo, di tollerare i dittatori come fu fatto in passato.
    Il testo integrale del discorso

    Sunday, March 16, 2003

    Moro. Il sequestro iniziò 25 anni fa/1
    Lo speciale di Radio Radicale disponibile sul sito radioradicale.it. Sei ore di preziosi documenti audiovideo, di allora e di oggi.

    Saturday, March 15, 2003

    La finestra di fronte, di Ferzan Ozpetek
    L'ho visto ieri sera al cinema. Certamente superiore a 'Le fate ignoranti', un film eccezionale, fuori dal comune, completo, anche «delicato», come dice Adriano, ma soprattutto, ed è ormai cosa rara, che ci arricchisce di un'umanità sincera. Un Massimo Girotti semplicemente, credetemi, da Oscar, un vecchio depresso e tormentato, con vuoti di memoria, la cui identità rappresenta un'enigma per Giovanna (la Mezzogiorno, molto brava) e il marito, che vi si imbattono e se ne prendono cura. Ma il casuale incontro rappresenterà una svolta nella vita della giovane Giovanna, madre di due figli, impiegata come contabile in una polleria industriale, sposata da nove anni con Filippo, che ha un lavoro saltuario. Privi di tranquillità economica, vivono in un modesto condominio di un quartiere popolare di Roma, un matrimonio stanco, intrappolato nelle difficoltà quotidiane. Giovanna si è indurita, spia dalla finestra (di fronte) il giovane e avvenente dirimpettaio, il bancario Lorenzo (Bova).
    Tutto si svolge attorno ai tre rapporti che Giovanna vive: con il marito, con il vecchio Simone, con Lorenzo. La memoria, i sentimenti, il destino, la speranza faranno il resto. Nulla di scontato però, davvero nulla.
    Originali, emozionanti, impeccabili le scelte della regia, che ci coinvolgono delicatamente in tessuti di vita semplici, ma di grande spessore umano.
    Un voto? Evviva, 9, per una volta (mezzo punto in più perché è un film italiano, il più bello degli ultimi anni... altro che Muccino).

    Friday, March 14, 2003

    No ragazzi, così non va bene, non si va lontano
    Due tabloid britannici, 'Mirror' e 'Sun', prendono duramente di mira l'uno il premier Tony Blair, l'altro il presidente francese Jacques Chirac, per le loro posizioni sulla crisi irachena. I titoli: il Sun "Cercate la differenza", il Mirror "Primo mostro?"
    Evitare la guerra
    Forse questa guerra è davvero un errore e non si dovrebbe fare, ma per evitarla è necessario che la minaccia dell'uso della forza sia concreta. E' la sola voce che Saddam ha dimostrato, anche in queste ultime settimane, di saper ascoltare, ammesso che si abbia come obiettivo il suo disarmo.
    Se è vero, e lo è, come riconosciuto da tutti i Paesi membri del Consiglio di Sicurezza, che i progressi degli ispettori sono stati determinati dallo schieramento di decine di migliaia di soldati ai confini iracheni e dalla minaccia di una guerra d'invasione, allora non voler legare direttamente l'uso della forza ad una mancata risposta da parte di Baghdad ad una qualsiasi lista di problemi irrisolti sul disarmo, o rimandare di porre una scadenza (tutti comprendono che questo eventuale intervento d'estate non si potrebbe fare), significa il venir meno della credibilità della minaccia, dunque, di nuovo, come già accaduto nel 1998, il venir meno della collaborazione di Saddam, e, di conseguenza, rendere più probabile una guerra 'unilaterale', il maggior insuccesso della comunità internazionale.
    Prima si fosse posto/votato all'Onu un ultimatum legato a delle richieste il cui accoglimento fosse stato facilmente verificabile, invece dell'estenuante trafila delle minacce di veto, maggior tempo avrebbe avuto l'Iraq per soddisfarle, maggiori sarebbero state le probabilità di evitare il ricorso alla guerra. Ogni ora che passa queste possibilità decrescono.
    D'altra parte, persino la Francia non si aspetta che il proprio veto eviti la guerra (si è già ponti al dopoguerra): la posizione francese all'Onu rischia così di precludere a Saddam le ultime possibilità di evitare di subire l'attacco.

  • «Parigi invia messaggi sbagliati all'Iraq. Permette a Saddam Hussein di credere che può continuare a non fare sforzi per disarmare sul serio», ha dichiarato oggi il ministro degli Esteri giapponese Yoriko Kawaguchi.

  • «Le divisioni nel Palazzo di Vetro fanno il gioco di Saddam», opinione del ministro degli Esteri saudita principe Saud al Faisal bin Abdelaziz.
    su Corriere della Sera
  • Thursday, March 13, 2003

    No, no e no!
    In ordine, il 'no' della Francia, il rifiuto dell'Iraq. Baghdad ringrazia e trova la faccia di rifiutare le ragionevoli condizioni di Blair. Solo con la minaccia dell'uso della forza si erano ottenuti alcuni insufficienti segnali dal regime. Eppure, le 6 condizioni del premier britannico avrebbero potuto chiarire una volta per tutte ciò che per ammissione di tutti (ispettori e Francia compresi) non è ancora chiaro: la volontà di Saddam al disarmo e alla piena collaborazione. Condizioni certo legate, come le ispezioni, alla minaccia dell'uso della forza.
    Tv & Saddam
    "Ammettere, in una dichiarazione televisiva, di possedere armi di distruzione di massa ed impegnarsi a distruggerle". Questa la prima condizione posta da Blair a Saddam per evitare di subire l'attacco. Michele mi faceva riflettere su quanto alla televisione sia attribuito ormai il ruolo di ente creatore/ratificatore della verità.
    Responsabilità vs. vanità
    Se anche all'Onu va in onda il circolo delle vanità, come può l'opinione pubblica essere portata a riflettere su quanto la guerra sia una cosa seria, drammatica, che va affrontata con responsabilità? Analisi della realtà e valutazione politica non concedono molti spazi all'emotività e ai buoni sentimenti, all'illusione di poter vivere un mondo pacifico basandoci solo sulle nostre scelte.
    Decidere della guerra non è facile, non lo è ancor di più in questo particolare caso, di sicuro però non è come esprimere un'opinione da talk show, non bisogna cedere ad un moralismo a basso costo. Ieri l'ha spiegato persino Ralph Dahrendorf, un intellettuale di certo non di destra, non filobushano, con un editoriale su la Repubblica: sono il consenso e la ratifica della storia a legittimare un leader, ha sottolineato il filosofo parlando dei guai di Tony Blair.
    Se invece fosse il consenso popolare, quello dei sondaggi, generico, al di fuori dei momenti di verifica elettorale, a provocare le decisioni politiche anche più difficili, la politica, la democrazia, le responsabilità di un governo, non avrebbero più ragion d'essere.
    I candidati democratici alla presidenza Usa si schierano sulla guerra
    Slate.msn.com
    Pacifisti e disobbedienti rispondono a Sofri, che aveva chiesto: "Tiferete Iraq?"
    Su Il Foglio
    Rai: Mieli spiega. Prego, aprire bene le orecchie
    ... e ci sono vari punti di principio, limpidi.
    Ma allora dottor Mieli è vero che ha rinunciato alla presidenza della Rai per lo stipendio?
    «Diciamo di sì, così sono tranquilli tutti. Sono orgoglioso di quello che guadagno, è tutto in busta paga ed è una retribuzione che mi sono conquistato con una vita di lavoro. Non me ne vergogno affatto. Anzi. Come accade nel mondo anglosassone e nel mondo dei non ipocriti, ciò che si guadagna in parte è ciò che si è. E sono grato al ministro Giulio Tremonti che, pur dicendosi costretto ad obbedire ad altre logiche, ha tenuto a dirmi che comprendeva alla perfezione il mio punto di vista. Ma chiudiamola qui…». Ma l'intervista prosegue, Leggi
    e anche "Occasione perduta", di Ostellino
    Su il Corriere della Sera
    "Un Mieli senza rimpianti: «Vittima di istinti belluini»"
    Su il Riformista

    Wednesday, March 12, 2003

    «Tanti se e tanti ma»/2
    Stavolta sull'articolo 18. Le forze del centrosinistra diano un'indicazione di voto precisa sul referendum di Bertinotti. E la spieghino soprattutto, aggiungo io. Leggi
    Su il Riformista
    Almeno sono ragionevoli. No?
    Blair ha voluto integrare la bozza di nuova risoluzione-ultimatum con sei condizioni poste a Saddam per evitare la guerra. Condizioni che non sono altro che sei dei punti sui quali comunque gli ispettori dovrebbero ricevere risposte al più presto dal regime iracheno. All'apparenza sembrano ragionevoli test, il cui adempimento da parte di Baghdad è oggettivamente verificabile, per provare la volontà di piena collaborazione. Il termine dell'ultimatum, slitterebbe a fine marzo. Il Consiglio di Sicurezza potrebbe arrivare ad un compromesso su queste basi, perché no? Vedremo. Leggi
    Su Repubblica.it
    «Tanti se e tanti ma»/1
    Le incertezze, umili e ragionevoli, di un noto costituzionalista, Giovanni Sartori, sull'opportunità di una guerra contro l'Iraq. Non sospettabile di essere un intellettuale di destra, tantomeno bushano e berlusconiano, invece un professorone ammirato, fin troppo, dalla sinistra nostrana che strilla sul conflitto d'interessi. Leggi
    Sul Corriere della Sera

    Tuesday, March 11, 2003

    Ancora possibile la democrazia in Iraq?
    Se gli europei non lasciassero soli gli americani...
    Il seguito ideale di un precedente articolo, "Democrazia in Medio Oriente. L'arma di protezione di massa dell'Occidente", in cui Rocca spiega il cambiamento della politica estera Usa dopo l'11 settembre: sarebbe finita l'epoca in cui per togliere di mezzo dittature scomode ci si serviva di despoti, compiacenti, ma sempre dittatori. Ora, si punterebbe a garantire la sicurezza nazionale tramite l'esportazione della democrazia in Medio Oriente.
    di Christian Rocca su Il Foglio
    Sogno o realtà?
    L'ipotesi, per l'Iraq dopo-Saddam, del modello afghano, di esempio della nuova possibilità democratica in Medio Oriente, è sfumata. Anche a causa dell'insistenza di Francia, Russia e Germania, gli americani si vedranno forse costretti ad accontentarsi di cacciare Saddam, affidandosi ai sauditi per 'contenere' l'Iran. Poi, ci penseranno Lega araba e Onu. Certo, in questo quadro non si vede come possa trionfare la causa della democrazia in Medio Oriente, ma forse così la guerra potrà essere evitata in 'zona Cesarini'. Contenti? L''ipotesi' di Alexandre Adler.
    su Il Foglio

    Monday, March 10, 2003

    Sull'orlo di una crisi di nervi
    All'Onu è questa la piega che sembrano prendere le trattative per la nuova risoluzione-ultimatum sul disarmo iracheno proposta da Usa, Gran Bretagna e Spagna. Scontato il veto di Parigi, senza se e senza ma (annunciato nello 'show' televisivo di Chirac), si spera in un compromesso che eviti il veto russo, ottenga la maggioranza di nove voti a favore, eviti la spaccatura del Consiglio e isoli la Francia. Coraggio Saddam! ce l'hai quasi fatta.
    L'Europa, e la Francia soprattutto, avrebbero potuto giocare un ruolo più costruttivo. Si sapeva bene che non era con una serie di 'no' senza alternative, controproposte, soluzioni serie, che si potevano convincere gli Stati Uniti a non attaccare. Proprio le posizioni intransigenti francesi, almeno quanto quelle americane, hanno impedito compromessi che potevano 'salvare' la credibilità dell'Onu, che rischia ora di arrivare al suo capolinea politico.

    Saturday, March 08, 2003

    Europa, gloriosa e pacifista impotenza
    Lancia l'allarme Giuliano Amato, in un convegno organizzato dai Ds. Se l'Europa non cambia, ci dovremo rassegnare "ad una gloriosa e pacifista impotenza". Gli Usa vogliono esportare sinceramente la democrazia per sentirsi più sicuri, ma vogliono farlo 'manu militari'.
    L'Europa pensa che non è così che si esporta la democrazia, ma con mezzi diversi: il fatto brutale, il dramma, è stata l'amara considerazione di Amato, è che "noi non abbiamo alcuna capacità di farlo quello che stiamo dicendo" e loro, gli americani, al contrario, sono in grado di fare quello che stanno dicendo.
    A quel convegno partecipava anche D'Alema, intervento altrettanto interessante: invita la sinistra ad impugnare "la bandiera della globalizzazione", rovesciando l'immagine che essa sia una prerogativa della destra, "mentre le posizioni della sinistra sono di chi teme il mercato globale".
    Audiovideo degli interventi di Amato e D'Alema su RadioRadicale.it
    Catallassi
    Dal nome sembrerebbe uno stato di semi-incoscienza, o una terribile malattia della pelle. Invece, è un'interessante trasmissione settimanale in onda ogni sabato su Radio Radicale condotta da Benedetto Della Vedova, parlamentare europeo della 'Lista Bonino', che intervista politici e tecnici sui temi dell'economia italiana ed europea.
    Questo sabato, metà della trasmissione sui veri nodi della globalizzazione: riascoltala
    Arabi tra incudine e martello
    Sempre interessante andare a curiosare sui quotidiani arabi. Ops, anche i paesi arabi si dividono nel dibattito sulla crisi irachena e su Saddam.
    Emma Bonino, su RadioRadicale.it
    Fermateliiiii!!!
    Giorni fa la mia amica Paola che vive in Cina, a Shanghai, mi aveva spedito una di quelle mail a catena contro la guerra in Iraq, nella quale si enunciano tutti i luoghi comuni sugli interessi americani, sul petrolio, chi ci guadagna, le multinazionali eccetera eccetera. Ne avevo già parlato sul blog. Ebbene, vengo a scoprire grazie a Luciano che trattavasi di una colossale bufala con tanto di smentite e denunce.
    Impressiona come talvolta queste cose, se non scoperte, provocano dei danni di conoscenza enormi e purtroppo credo che anche stavolta migliaia di persone siano cadute nella trappola di una triste operazione manipolatoria e di premeditata disinformazione.
    Leggetevi in proposito l'indagine del "servizio antibufala".

    Thursday, March 06, 2003

    Scoop del Times: Piano segreto Onu per il dopo-Saddam
    L'Onu prepara il dopoguerra iracheno, su Il Foglio
    E lo fa insieme al Pentagono, mentre la Francia minaccia di far andare gli Usa senza il Consiglio di Sicurezza

    Se Chirac si fosse cacciato in un vicolo cieco?
    Via d'uscita a Parigi/1, su Il Foglio

    E se invece la via dell'Onu fosse sbarrata, le 'colombe' Powell e Blair dalla padella alla brace
    Multilateralismo in crisi-Powell e Blair «missing in action» all'Onu, su il Riformista

    Un po' di Rai, a sinistra ci s'interroga
    Ulivo fuori dalla tana, su il Riformista
    Digiuno per la pace
    Trasformare un digiuno spirituale e religioso praticato da duemila anni in azione politica strumentalizzando la fede di milioni di persone SI PUO'. Ieri ce lo ha dimostrato Giovanni Paolo II. Mentre si digiunava e pregava per il mercoledì delle ceneri, come pensava qualche fedele, per la pace, come sapevano i più, l'inviato del Papa era alla Casa Bianca per fare la predica all'indisciplinato Bush. La pace, già, la pace. Suppongo che inviati speciali del Papa ieri erano anche in Vietnam, in Sierra Leone, in Nigeria, in Ruanda, in Sudan, in Corea del Nord, in Russia, in Cina, in Filippine, ad Haifa.
    The Quiet American
    Ho visto ieri un film splendido!
    Premessa. Non posso parlarne ampiamente, andate al cinema, ne vale la pena. Un giovane americano di nome Pyle giunge a Saigon nell'autunno del 1952, nel pieno della guerra tra i francesi e i viet minh comunisti guidati da Ho Chi Minh. Pyle è un idealista e fa amicizia con il disilluso corrispondente del Times di Londra, Fowler (Caine), ma finisce per innamorarsi della sua giovane e bellissima amante vietnamita, Phuong. Il contesto storico, che diviene via via protagonista intrecciandosi con le vite dei personaggi, è quello della deconolizzazione.
    Superbi gli attori, approfondita la costruzione dei protagonisti, impeccabile lo sviluppo narrativo, sapiente e misurata la regia, affascinante la fotografia.
    Il film indaga senza pregiudizi le ragioni dell'agire umano, i sentimenti. Le azioni rispondono a scelte morali diverse, ma di pari dignità, anche se questo approccio non ci impedisce di prendere posizione. Ciascuno è sottoposto sia al giudizio della propria coscienza, sia al giudizio della storia. Certo, in tutto questo, la felicità umana diviene problematica e rischia di perdersi.
    Nota bene. Il film inizia dalla fine, e da spettatori ciò desta qualche preoccupazione, ma appassiona da subito. Nonostante tutto, Pyle rimarrà un idealista e Fowler un disilluso.

    Wednesday, March 05, 2003

    L'asse franco-tedesco colpisce ancora
    I tentativi di Francia e Germania di sostituire la loro politica estera al solo tentativo di giungere ad una politica estera comune dell'Ue continuano. Nella dichiarazione congiunta di oggi, assieme alla Russia, che si è ricompattata dopo le incertezze di qualche giorno fa, non solo si ribadisce una posizione sulla crisi semplicemente 'altra' da quella sottoscritta al vertice Ue, ma si avanzano proposte bi(-tri)laterali sul processo di pace in Medio Oriente. Il tentativo è quello di affiancare, sulla scena internazionale, una politica estera franco-tedesca a quella angloamericana, scavalcando, anzi abbandonando, la ricerca di una voce e di un'influenza dell'Europa tutta. In prospettiva, se l'Ue riuscirà mai a dotarsi degli strumenti per una politica estera comune, troverà già pronta e con il suo peso internazionale precostituito una linea franco-tedesca su cui appiattirsi. Si tratta di una corsa: acquisire un posto prima che si sia costretti a farlo nel consesso dell'Ue.
    Non mi riferisco al merito della scelta di contrastare l'uso della forza contro l'Iraq, obiettivo che può essere di per sé condivisibile, ma ai motivi che sono alla base di quella scelta.
    San Remo/2
    In compenso mi sono visto su La7, in onda dal salotto di casa sua a piazza Navona, lo specialissimo dopo-Festival di Vittorio Sgarbi, che Baudo ha pensato bene di rimpiazzare con quel sempre-caciotto di Magalli. Un po' lento, ma tutto sommato gradevole. Insieme alle tante cazzate e battute sgarbiane c'erano anche qualche idea carina e alcuni discorsi interessanti. Ciliegine sulla torta, come ci si poteva aspettare, i partecipanti.
    Oil & Iraq
    Per Paola. il mito del petrolio smontato da un giornale di destra? No, da Newsweek.
    San Remo/1
    "Io sono l'uomo che non volevi
    sono più di tutto quello che temevi"

    Ieri sera, facendo zapping per beccare Peter Gabriel al festival di San Remo, mi sono imbattuto in Enrico Ruggeri, che già sapevo portare una canzone contro la pena di morte dal titolo 'Nessuno tocchi Caino', che è anche l'espressione che dà il nome ad un'associazione dei Radicali impegnata per l'abolizione della pena capitale. Intervista a Enrico Ruggeri (+ testo della canzone).

    Comunque la canzone faceva veramente schifo, Ruggeri ha cantato malissimo, senza voce e senz'anima. La musica stonava assolutamente con il testo, il quale già non era granché di originale. Impareggiabile la rima
    "io potrò tornarmene dai miei
    perchè anch'io ho moglie e figli miei"
    Senza vergogna.

    Tuesday, March 04, 2003

    Oggi ho ricevuto un brutto colpo. Paola, una mia cara amica che vive in Cina, a Shanghai, mi ha spedito una di quelle mail a catena contro la guerra in Iraq, nella quale si enunciano tutti i luoghi comuni sugli interessi americani, sul petrolio, chi ci guadagna, le multinazionali eccetera eccetera, ci siamo capiti.
    E proprio da Paola, brillante laureata in Scienze politiche, che cede così alla propaganda banalizzante (e controproducente anche alla causa del pacifismo) di Gino Strada. La stima e l'affetto nei suoi confronti, manco a dirlo, non sono in discussione, però che botta, mi ha quasi messo di cattivo umore.
    Ho dovuto rispondere a Paola con una letteraccia, che mi perdonerà, ma solo perché ci tengo. Non so se bisogna essere favorevoli o contrari alla guerra. Però so che di fronte a un pericolo così grave la cosa da non fare è cedere alle facili propagande, da qualunque parte esse provengano.
    Mi preoccupa il 'sentimento', il clima che tutto ciò rischia di produrre, se anche una persona dallo spiccato senso critico come Paola è caduta nella rete del pacifismo ideologico.
    Eppure, il dibattito intorno alla crisi irachena è pieno di informazioni approfondite, riflessioni autorevoli e ragionevoli. A questo punto, sta a noi coglierle, anche se certo è più facile aderire a slogan moralmente rassicuranti che usare la ragionevolezza per capire cosa sta accadendo: prendere posizione sì, ma dopo essersi sforzati di capire, usando fonti prive di pregiudizi (consultabili sulla maggior parte dei quotidiani, per esempio, italiani, esteri, persino arabi).
    Paola, sono sicuro che non te la prendi e che accetterai le mie osservazioni.
    Londra. Il Times intervista un ex fedelissimo di Saddam, una guardia repubblicana irachena fuggita 13 giorni fa in Kurdistan. Leggi
    Ma forse sono io il folle
    Nonostante ci si dimostri ogni volta sdegnati per gli episodi di violenza ad opera di terroristi, mi fa impressione il fatto che in Italia, in realtà, esiste una sorta di inclinazione a 'chiudere un occhio'. I politici nostrani, scivolata via l'iniziale onda emotiva, presente soprattutto nell'opinione pubblica, non tardano a mostrarsi indulgenti con i terroristi appartenenti alla rispettiva ideologia più affine. Ed ecco che quelli di quà, gli altri di là, ci spiegano come sia giusto e opportuno "voltare pagina", liberando i detenuti per reati di terrorismo e banda armata che non siano già stati scarcerati dalla solerzia dei magistrati che, ma solo in questi casi, chiudono un occhio sul ravvedimento di chi sta per uscire. E ci ritroveremo presto in Tv per ricordare le 'passioni' di 'quegli anni'.
    Personalmente ritengo, e lo avverto come sensazione, la lotta armata per imporre un'ideologia politica in uno Stato democratico particolarmente odiosa. Come cittadino preferirei mille volte vedere usata la stessa indulgenza per i poveri cristi che stanno in galera privi di protettorati politici: spaccio di droghe, furti d'auto, truffe, delitti passionale o colposi, anche il delitto di Cogne. Se proprio indulgenza ci deve essere, la mia va a questo tipo di reati. E' solo che li trovo umanamente più comprensibili.
    Uccidere per un'idea politica è ahimé visto come meno deprecabile che uccidere per denaro, o per amore/odio. Molti sono portati a riconoscere ai responsabili di quei delitti una sorta di status morale diverso, in qualche modo più alto, comunque 'meno basso'.